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The Gits
Frenching The Bully (2024 Remaster)
2024
di
Andrea Salacone
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Pubblicato all’inizio degli anni Novanta dalla ‒ a suo modo ‒ gloriosa C/Z Records, e ora ristampato dalla Sub Pop, altra etichetta basilare per l’underground statunitense (che gode di ben più considerevole notorietà rispetto alla prima citata), “Frenching The Bully” è un album che non conoscevamo, e che ci sembra invecchiato male. La rilevanza attribuita dalla casa discografica alla riedizione dell’album (rimasterizzato dal venerabile Jack Endino) e le sviolinate rivolte alla cantante Mia Zapata (“la più grande cantante rock della sua epoca”; “la migliore cantante blues nella storia del punk-rock”) paiono quanto meno eccessive. Lodevole promuovere la riscoperta di artisti forse misconosciuti; tuttavia, ascolti ripetuti non sortiscono alcun effetto sorpresa se già si conoscono le sonorità, per quanto eterogenee, e la produzione abbondante della scena indipendente dell’epoca. “Frenching The Bully” soddisfa tutti i requisiti indispensabili per un LP del genere hardcore punk, ma al tempo stesso sconta la compattezza del suono su cui è incentrato; le canzoni diventano spesso difficili da distinguere, e si giunge alla fine della scaletta stremati. La proposta del gruppo: velocità e chitarrone sconfinanti nel metal, ogni tanto (ad esempio in “Absynthe”); palm muting, assolo, stacchi e ripartenze. Una vena melodica affiora qua e là (“Another Shot of Whiskey”, “Kings and Queens”), tuttavia i Gits sono più interessati ad andare a rotta di collo (“Insecurities”, “Slaughter of Bruce”, e soprattutto “A” e “Spear and Magic Helmet”, che richiamano alla memoria complessi come i Circle Jerks). I pezzi un po’ meno tesi sarebbero più orecchiabili (“It All Dies Anyway”, “Cut My Skin it Makes Me Human”) ma scontano la voce lamentosa della Zapata. “While You’re Twisting I’m Still Breathing” è furioso come il resto del disco, ma un breve passaggio quasi jazz e un virtuosismo alla sei corde ci colgono alla sprovvista e si fanno notare. “Second Skin” chiude in maniera vigorosa, benché più armoniosa, un’opera sottratta all’oblio per ragioni, onestamente, incomprensibili
Articolo del
31/01/2025 -
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