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Jam Republic
“Drink Me” (Brutture Moderne, 2025)
di
Domenico Capitani
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Si misura in energia vitale e luce accesa ma senza abbagliare nessuno. E poi è un groviglio di modi, di geografie nuove, di contaminazione culturale e spirituale… e poi siamo apolidi, parola che tanto ci piace ormai per frantumare ogni tipo di confine ed etichetta. Loro sono giovanissimi: Marco Marchini (sax tenore), Giosuè Orselli (tromba), Michele Folli (chitarra), Vito Bassi (basso), Mattia Zoli (batteria), Marco Pierfederici (pianoforte, tastiere) e Riccardo Tramontani ( sax contralto). Sono i Jam Republic - un moniker che rimanda molto al concetto di condivisione e di comunità, anche volendo di “collettivo”. E impera il diktat di vivere la vita con leggerezza e senza maschere, senza divise, senza regole precise. “Drink Me” che sembra un imperativo alla lussuria e alla gozzoviglia… invece la vita va bevuta o, in alternativa, va vissuta con la stessa energia solare con cui ci approcciamo ad un cocktail… ora che arriva l’estate o nei momenti intimi a lume di candela. E il titolo di questo disco ci fa accomodare dentro un salotto di composizioni strumentali (il jazz impera ma non è il solo padrone di casa), che in qualche modo ai cocktail si ispirano per i vari titoli e da loro prendono note e colori e modi…. Come l’apertura con “CosmopoliTan Sin” che ha tanto di Miles Davis e dei grandi classici. Ed è un disco di classici? Direi di si ma anche un no grande come una casa. Se le tonalità funk di “JAM TONIC” sembrano macchiarsi già di scenari metropolitani assai scuri di pelle, la successiva “NEGRONI STOMP” rallenta i toni e si rende riflessiva dentro substrati di cemento a due passi da chitarre distorte e fumo dai tombini dai bassifondi. Rilassiamo i toni con una breve parentesi titolato “COFFEE BREAK” che sa di pop se non fosse per le progressioni dei fiati e i contrappunti delle tastiere che cercano di dialogare in linea con i Weather Report e compagnia cantando. Il basso è un centro nevralgico… anche qui… e poi ancora “A ROOM IN HAVANA” penso non debba troppo sforzarsi per farci capire quali sono i colori in cui ci traghetta nelle sue tante evoluzioni che dai Buena Vista Social Club poi torna in Europa. Altro bassocentrico momento dal groove inarrestabile con “HIGH SPRITZ” che lascia poi fluire la dolcezza di un tramonto elegantissimo in un jazz club di grandi città dipinti da atmosfere delicatissime come dentro “TEA SHORT”. Finisce il disco con “MILKY WAY” il vero manifesto di tutto l’album. Oltre 7 minuti dentro cui in qualche modo regna la summa di tutto, dalle facce più trasgressive ai grandi classici che reggono l’esoscheletro di questa formazione giovanissima. “Drink Me” penso resterà un ascolto per me duraturo in questo tempo di automatismi digitali. Come a far da monito ad un’avventura umana che ancora cerca e trova il suono suonato, la classe, il mestiere e la potenza di un risultato artigiano. Un disco da bene e da vivere senza troppo pensarci su…
Articolo del
18/03/2025 -
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