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Matteo Nativo
Un lungo viaggio dentro la rinascita
di
Domenico Capitani
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C’è quella perfetta sensazione di un viaggio da fare armati di vita e di semplicità, dentro vallate di folk e tinte che rischiarano all’imbrunire. Ci sono i bufali e i colori del sud. L’immaginario che si palesa davanti è un film che scivola e mi conduce dentro l’intimo, mi ritrovo, in qualche modo mi riconosco. Matteo Nativo esordisce dopo anni di vita consumata anche sulle strade americane, nello studio del fingerpicking che qui regna sovrano come anche le pennellate di armonica a bocca… e ritrovo la forma diTony Turco e quella di Goran Kuzminac, ritrovo il cantautore che racconta e dipinge sensazioni, ritrovo il suo concittadino Massimiliano Larocca di qualche tempo fa, prima della conquista dei bassifondi letterari. In questo “Orione” poi sfoggia anche l’America tout court e cambia il suo approccio in tutto. Cita Tom Waits e lo fa traducendo in italiano “Clap Hands” di recente presentata anche in video e poi, per mano di Silvia Conti (restiamo ancorati a Firenze) ecco la traduzione di “Jockey full of bourbon”. Perché quando i dischi arrivano dalla toscana, da Firenze e dintorni dobbiamo attenderci la squadra della RadiciMusic al grande spolvero, non ultimo il suono che arriva dalle mani di Gianfilippo Boni, sempre presente nel dare man forte alle direzioni artistiche. E suona bene questo disco… e si pensi al come inizia “Ovunque tu sarai”, perfetto manifesto di tutto… e l’hammond dentro “Un'altra come te” sembra la ciliegina sulla torta, il solo di elettrica scuro che quasi mi richiama il suono di Tulsa a firma di J.J. Cale… E il pop di “Fantasma”? Non me lo sarei atteso… che quasi a cambiar forma ci avrei visto dentro anche Lucio Corsi per come Nativo disegna la strofa… un fuori pista degno di questo appellativo. La title track chiude il disco: ed è un altro fuori pista, ed è la sospensione distopica e romantica, dimensione sognatrice che prima mancava e che, col senno di poi, mi fa dire che avrei voluto un disco sempre così… dai quei simbolismi alla Lucio Dalla, a quella polvere sul suono e sulla facciata. È un bel disco, semplice, pulito, di quiete… contromano corre nel tempo digitale moderno.
Articolo del
15/04/2025 -
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