Con immensa tristezza la seminale etichetta dubstep di South London Hyperdub ha dato la notizia della morte di Stephen Samuel Gordon aka The Spaceape, MC, poeta, voce, artista performativo, tecnico del suono e musicista, fraterno amico di quel Steve Goodman, aka Kode9, sapiente artefice di tutto il movimento dubstep ruotante intorno a quell'etichetta da lui stesso inventata.
Spaceape era malato da tempo di una particolare e incurabile forma di cancro. Lo seguivamo da quando era apparso sulla scena elettronica albionica, come grande protagonista nei progetti del genietto Burial (2006), quindi in tutti e due i lavori di Kode9: 'Memories Of The Future' (sempre 2006) e 'Black Sun' (2011); poi con l'EP da solista 'Xorcism' (2012), prima della recentissima produzione, sempre con Kode9, rilasciata pochi giorni fa, dal titolo 'Killing Season', con il video dell'oscura The Devil Is A Liar girato lo scorso luglio. È questo il suo testamento poetico e musicale, che ci accompagnerà per il futuro.
Ma personalmente lo ricordo anni fa, in una nottata ai Corsica Studios, zona Elephant & Castle di London City, mentre si festeggiava un anniversario dell'etichetta Hyperdub e Spaceape accompagnava Kode9 e prima mi pare Martyn. Tra il pubblico in stato di trance collettiva c'era il fior fiore dell'incandescente gioventù meticcia inglese ed europea, quindi altri dj e MC. Spaceape, con la sua potenza oscura e dinamitarda, irradiava onde di calore, che i bassi di Kode9 amplificavano ulteriormente. E dava un senso a quel movimento fatto di sonorità e stili di vita che si era forgiato negli anni zero dei bassi metropolitani londinesi: profondi suoni spessi e oscuri, dilatati e lancinanti, con battiti accelerati e rarefatti, a seconda dello stato d'animo collettivo. Era la colonna sonora delle fumose nottate delle capitali d'Europa e dei loro sobborghi, a volte anche dei riots che negli scorsi anni incendiarono Londra, come Parigi. Con la capacità di mischiare l'alta sapienza della street culture insieme con i bassi elettronici dell'artigianato intellettuale e musicale delle giovani generazioni rabbiose e creative, precarie e non riconciliate, nel cuore della City londinese, culla del capitalismo finanziario. E continuo il rimando alla cultura caraibica di Spaceape, nella sua ricerca di emancipazione individuale e collettiva, eppure consapevoli dell'”ecologia della paura” prodotta dal 'Sonic Warfare' (così è titolato il fondamentale lavoro dello stesso Steve Goodman – Kode9 – in versione nerd, per MIT Press, 2010). Tutto questo dava la sensazione di stare dentro un movimento collettivo, che riprendeva il filo rosso dell'(est)etica rave del ventennio precedente e poi negli anni si è perso nei rivoli grime e nel mainstream globale, seppure a tratti radicale, del folletto Skrillex. Con le sperimentazioni Hyperdub è come se si continuasse a tenere teso il filo che dal punk & dub di Don Letts & The Clash arriva all'elettronica degli anni Dieci.
E per un'odiosa e nefasta coincidenza di questi insopportabili tempi, pochi giorni fa, qui a Roma, è venuto a mancare il caro Riccardo Petitti (da ultimo aka Kursk), che molti ricorderanno al fianco di Andrea Lai, nella loro formidabile creazione dei venerdì di Agatha al Brancaleone e ancor prima nelle nottate jungle e drum'n'bass in giro per la capitale. Riccardo Petitti merita un ricordo a sé stante, eppure è giusto menzionarlo in questa occasione, perché è stato il traghettatore di più generazioni, romane e non solo, nell'elettronica europea, da ultimo anche con il suo negozio al Pigneto, Vinyl Refresh. Senza di lui probabilmente molti di noi sarebbero arrivati con ritardo a conoscere le sonorità elettroniche dell'ultimo decennio.
Nella tristezza del momento vogliamo immaginarli da qualche parte insieme, Spaceape e Riccardo Petitti, magari accompagnati dalle note di Kryon, entità amorevole, fondatrice di una New Age Babylon, cantata da Spaceape e suonata da Flying Lotus, nel pezzo di chiusura di 'Black Sun' di Kode9. E mentre Spaceape sussurra, con voce filtrata, di Kryon come a place from which no-one’s ever come back, ci verrebbe da urlare, come mille altre volte abbiamo fatto e mai più potremo: “Alza 'sti bassi, Ricca'!”. Che la loro festa elettronica possa non avere mai fine.
Articolo del
04/10/2014 -
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