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A cura di Annagrazia Schiavone e Giuseppe Provenzano.
L’unico commento possibile, che in realtà sarebbe una domanda a questa seconda serata di Sanremo è: quando, di preciso, la giuria demoscopica verrà abolita? Cioè ma proprio rasa al suolo e poi col sale buttato di sopra per evitare che ricresca. Stiamo parlando di gente che vive completamente scollata dalla realtà, gente che va menata a scopo propedeutico, per il loro bene. Siamo di fronte ad uno scempio culturale, prima che musicale, è qualcosa di assolutamente inutile, “il peggior conservatorismo che però si tinge di simpatia, di colore, di paillettes”, giusto per citare il buon Valerio Aprea in “Boris”. La classifica di ieri sera, molto probabilmente, falserà il Festival, la sala stampa avrà un potere molto, ma molto ristretto (e questo in linee generali sarebbe anche un bene, viste alcune firme) rispetto agli ultimi due anni: giustamente la qualità c’aveva rotto il cazzo e dobbiamo rimediare in qualche modo. Un bell’Irama vincitore non ce lo vogliamo regalare? Viva la merda! Ad ogni modo, parliamo di voti e pagelle, in una seconda serata nella quale il ritmo si è ripreso un pochino ma il livello degli ospiti resta imbarazzante.
Wrongonyou, “Lezioni di volo”
GP: Sarà pure “lezioni di volo”, ma il pezzo non decolla, fagocitato da una sanremesità troppo marcata, sia in testo che in musica. Lui ha una gran bella voce. Ma non basta. 5
AS: Marco Zitelli è a fuoco nell’esibizione e riesce a controllarsi piuttosto bene. L’inciso del pezzo è facilmente memorizzabile, il testo semplice. Avrebbe potuto fare di più. Voto: 6.
Greta Zuccoli, “Ogni cosa sa di te”
GP: Allora lei ha la mia età, sta sul palco dell’Ariston, ha cantato all’Olympia di Parigi con Damien Rice ed ha aperto i concerti di Diodato. Ed io sono nella mia stanza a scrivere di lei. Già questo basterebbe. Poi mettiamoci pure che brava è brava, ed ha un discreto carico di classe ad accompagnarla. Ma se a Sanremo Giovani non si commette un crimine l’anno, evidentemente non sono contenti. 7
AS: Raffinata, la più particolare tra le Nuove Proposte, presenta un testo che gioca con le personificazioni e non è banale. Al grande pubblico, dopo qualche ascolto, potrebbe stancare, infatti non passa il turno. Lo zampino di Diodato si avverte. Voto: 7.
Shorty, “Regina”
GP: Shorty con la voce leggermente giù si mangia tre volte tutti gli altri concorrenti. Il pezzo è bello fresco, sul testo si poteva fare di meglio, ma tant’è. 8
AS: Bella dinamica del pezzo, lui canta, rappa, si muove sul palco senza perdere mai il controllo. Il brano ha influenze soul, un filino jazz e swing, il testo gioca con le rime e ha una bella metrica. Si evincono la sua maturità e completezza artistica. Per gusto personale, dovrebbe essere un po’ più contemporaneo. Voto: 7.5.
Dellai, “Io sono Luca”
GP: Ma che cosa è, la quota Gazosa? Maddai! 3
AS: Canzone da suonare a un falò in spiaggia. Sono giovani e riescono anche a nascondere (in parte) l’ansia, portando un po’ di spensieratezza. Il Luca del brano, Luca Dellai, si perde per strada. Ci hanno provato. Voto: 4.75.
Orietta Berti, “Quando ti sei innamorato”
GP: Dice “Eh, ma il pezzo è vecchio”. Se c’è una che può permettersi il pezzo vecchio, è esattamente lei. E poi la struttura del brano non è neanche tanto scontata: ci si aspettava un pezzo grondante melassa e invece lei si presenta con una canzone in minore, imponente e centrata col suo stile. Poi, oh, non sbaglia una nota nemmeno con le cannonate. Aveva ragione Labranca, vera voce del popolo. 8
AS: Orietta non partecipava al Festival da 29 anni ed è restata ferma lì in termini di stile musicale, almeno non si è resa banale come alcuni suoi colleghi che, pur si sembrare giovani, hanno perso letteralmente la faccia. La sua è la classica canzone di Sanremo. Per la simpatia e la voglia di rimettersi in gioco. Voto: 4.
Bugo, “E invece sì”
GP: Dice “Non sa cantare”. Ma infatti non deve saper cantare, del non saper cantare ha fatto un cavallo di battaglia. Ridatemi il Bugo che cucinava pasta al burro ai suoi concerti, quello che citava G.G. Allin e dissava Jovanotti, quello di “C’è crisi” e “Oggi è morto Spock”, quello dalla penna tagliente e dai testi eversivi. Quello di ieri sera era una copia di tante altre copie, solo con un testo scritto meglio. Brutte, pessime intenzioni. 6- -
AS: E invece no, caro Bugo. Dove sei finito? L’impressione è che sia gli sia stato cucito addosso un pezzo sanremese per riscattarsi dalla partecipazione dell’anno scorso ma non funziona. Forse qualche problema tecnico ha fatto sì che si ascoltasse uno strano riverbero. I riferimenti a Battisti, Celentano e Vasco Rossi, a cui Bugo ha dichiarato di ispirarsi per questa canzone, sono fin troppo presenti. Mi aspettavo qualcosa di diverso. Voto: 4.75.
Gaia, “Cuore amaro”
GP: Appunto per un’altra cosa da cancellare dalla faccia della Terra oltre alla giuria demoscopica: le chitarre flamenche usate a cazzo di cane. 3
AS: L’Elettra Lamborghini di quest’anno (la ricorda anche nel look) solo un filino più intonata. La canzone sarà un tormentone di quest’estate. Voto: 3.75.
Lo Stato Sociale, “Combat pop”
GP: Solito baraccone un po’ casinista, il pezzo ha un discreto tiro, ma Bennato ha fatto anche delle cose migliori. Nel testo ci sono meno luoghi comuni del solito, facciamo progressi. 6.5
AS: Portano sul palco la performance più stramba di quest’anno, assieme a quella di Gazzè. Lo Stato Sociale non canta ma illustra il testo che è bello, critico e ironico allo stesso tempo. Succede di tutto: a cantare non è il frontman Lodo (nascosto in una scatola per un numero d’illusionismo), ma soprattutto Albi e Checco (nell’intenzione di affermare la nuova postura del collettivo che vuole far conoscere tutti i suoi componenti, come sta accadendo attraverso i 5 EP pubblicati singolarmente). Il trasformista Luca Lombardo, in arte Mr. Poubelle, si trasforma, tra gli altri, in Elvis Presley ed Elton John, fino a quando a riuscire in un numero di trasformismo (risultato non scontato in quanto non lo fa certo di professione) è Carota, che diventa Freddie Mercury. Mischiando un ritmo rock ‘n’ roll delle origini, boogie e altre influenze, replicheranno il successo radiofonico di “Una vita in vacanza” e sarà meritato. Voto: 7.75.
La Rappresentante di Lista, “Amare”
GP: Loro assolutamente iconici, dei bellissimi confetti. Il pezzo musicalmente scompiglia, nonostante il testo deboluccio. Però il palco lo prendono letteralmente a morsi, fantastici. 8.5
AS: Vincono nel look, con gli zatteroni oro stile glam rock, nell’arrangiamento che vede le percussioni elettroniche e un ritmo serratissimo, nella voce di Veronica Lucchesi, nella sua presenza scenica magnetica, nel testo, non banale e facilmente memorizzabile. Eclettici. Voto: 8.5. Malika Ayane, “Ti piaci così”
GP: Stamattina ho fatto la rassegna stampa delle varie pagelle, e su di lei ho letto un tripudio di commenti abbastanza favorevoli. Evidentemente io avrò visto un’altra cosa. Pezzo che su di lei- scrittura di Pacifico a parte, ma su di lui nulla da dire- ho trovato quasi per nulla centrato: una canzone come “Adesso e qui (nostalgico presente)” riesce a mettermi i brividi ancora ora, qua proprio non ci siamo, nonostante lei governi il palco con gran classe. 5
AS: Malika è brava, elegante e sensuale. La canzone molto ritmata tra disco music, elettronica e arrangiamento tradizionale non fa risaltare le sue doti artistiche. Il testo si riferisce all’autoaffermazione della donna, vuole essere un manifesto, ma non ci riesce. Nulla di eccezionale. Voto: 6.75.
Ermal Meta, “Un milione di cose da dirti”
GP: La classe è classe, c’è poco da dire. Anche quando canta di cuori a sonagli e occhi a fanale. Avessi un milione di cose da dire su questo pezzo, le direi molto volentieri. Ma non mi viene nulla di diverso dal “già sentito, ma funziona”. 7.5
AS: Una ballad d’amore che sottolinea più il lato intimo che quello di denuncia sociale di Ermal, un arrangiamento semplice e classico impreziosito dall’orchestra. Dietro al testo c’è una storia, raccontata intensamente dal cantante che riesce a darle spessore. Voto: 7.25.
Extraliscio ft. Davide Toffolo, “Bianca luce nera”
GP: Signori, ma di che stiamo parlando? Il più sghembo carrozzone immaginabile arriva a Sanremo in un caleidoscopio di stili, richiami e contaminazioni, tutto montato su un testo evocativo. Toffolo, colonna del circuito indipendente, e Mariani, stralunato genio musicale, tengono il palco in modo sublime, e la canzone è davvero bella. 9
AS: Sono tra gli outsider del Festival. Un’accoppiata che apparentemente non c’entra nulla ma che, in realtà, riesce a mischiare la danza folk da balera con tanto di ballerini, il theremin, la musica indipendente e tante altre influenze con un risultato inedito e convincente. Voto: 7.5.
Random, “Torno a te”
GP: Dico solo che mentre scrivo sono al cesso. Su, ogni tanto un po’ di dignità. Manca tutto, canzone, testo, fantasia. 0
AS: Apprezzo il fatto che abbia cantato senza autotune, stona e non lo nasconde. Non sa chi è, si definisce rapper ma di rappato non c’è nulla e di sicuro non è un cantante, ma mi fa tenerezza. Canzone non pervenuta. Voto: 3.5.
Fulminacci, “Santa Marinella”
GP: Porta un pezzo con una progressione armonica abbastanza interessante, o quantomeno non troppo banale. Il testo è carino, lui emozionato, la canzone schiaccia l’occhio agli ascolti che lo hanno formato, omaggio niente male che vaga fra De Gregori, Battisti e Barbarossa. Poteva andare molto peggio. 7+
AS: Più che esponente della musica indie, Fulminacci si presenta come cantautore sensibile, strizzando l’occhio a De Gregori e Barbarossa. L’arrangiamento, voce e chitarra e poi orchestra, è classico ma si sposa con la canzone. Gestisce piuttosto bene l’emozione anche se a tratti sembra apatico e freddino. Il testo è bello, semplice ma articolato. Voto: 7.5.
Willie Peyote, “Mai dire mai (la locura)”
GP: Avesse cantato d’amore gli avreste fatto il culo dicendo che era diventato pop e s’era venduto. Porta il pezzo più impegnato del Festival ed è paternalista e spocchioso. Facciamo un po’ pace col cervello? Capisco che il fatto che non basti twerkare per combattere il patriarcato o che quel “lo chiami futuro, ma è solo progresso” abbiano fatto storcere il naso ad una pletora di povere stelline radical- chic turbate dalla caduta delle loro certezza, ma io sono un vecchio rosso(bruno) cattivo e rancoroso, ed il fatto che il buon Guglielmo abbia fatto volare gli stracci m’è garbato non poco. 9
AS: Il testo forse più bello di quest’anno, che comincia con una citazione della serie tv “Boris” (presente anche nella seconda parte del titolo) e, in modo tagliente, prende in giro l’Italia, la situazione attuale delle arti, Sanremo stesso con riferimenti alle esibizioni dell’anno scorso di Morgan (“le brutte intenzioni…” che succede? Mi sono sbagliato) e di Elettra Lamborghini (Non ho capito in che modo twerkare vuol dire lottare contro il patriarcato). Lui grandissimo, arriva all’Ariston senza vendersi e senza rinunciare alla libertà d’opinione, trovando il giusto compromesso tra ciò che denuncia e il contesto. Funziona tutto: la performance, il flow, l’interpretazione, l’arrangiamento. Voto: 9.
Gio Evan, “Arnica”
GP: Immaginate uno che sale sul palco dell’Ariston in bermuda e calzini disegnati sopra le gambe. Immaginate uno che dorme sul balcone di un albergo, in tenda. Immaginate uno che scrive come un quindicenne con un prosciutto in culo e dopo una salutare lettura di un libro di Fabio Volo, con i bigliettini dei Baci Perugina scritti da Moccia usati come segnalibro. Spolverate il tutto con un po’ di debito d’ossigeno. Poi traete le conclusioni. 1
AS: Il testo è interessante, intimo e fragile, permette di riconoscersi facilmente e immediatamente. Lui, non essendo propriamente un cantante, resta praticamente senza fiato. Nel look e nei movimenti sembra imitare l’artista Stromae senza riuscirci e rinviare al teatro-canzone. L’arrangiamento è molto classico. Qualcosa di particolare c’è, nella performance, nel personaggio, ma non riesco a metterlo a fuoco. Voto: 7.
Irama, “La Genesi del tuo colore”
GP: Dardust tutto quello che tocca lo trasforma in oro, e va bene. Ma questa cavalcata elettrotamarra era davvero necessaria? Non era meglio farsi squalificare? Anche nei nostri confronti. 2
AS: È stato sfortunato, d’accordo, ma anche fortunato nel restare in gara. L’esibizione non in diretta non lo penalizza, non sarebbe cambiato molto. Personalmente, che sia presente o assente poco mi cambia. Il pezzo s’inserisce nella linea dei suoi tormentoni degli ultimi anni, vuole far ballare ma non mi lascia nulla, così come il testo. Il vocoder usato in questo modo non mi entusiasma. Voto: 4.
Articolo del
04/03/2021 -
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