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A cura di Annagrazia Schiavone e Giuseppe Provenzano.
La terza serata è più viva e regala alcune rivisitazioni che sono vere e proprie chicche. Come spesso sta accadendo negli ultimi anni, la serata cover offre delle rivisitazioni di tutto rispetto, anche superiori alla qualità di alcuni brani in gara. Ma le brutte sorprese sono dietro l’angolo. Vediamo com’è andata.
Noemi con Neffa, “Prima di andare via”
GP: Evidente il problema di ritardo fra il segnale audio in cuffia e l’orchestra, e non è la prima volta che gli inear giocano brutti scherzi. Poi si riprendono e viene fuori una prova onestissima, Noemi dovrebbe cantare sempre pezzi di quel tiro lì. Neffa leggermente sottotono, ma rimane sempre molto elegante. 6.5
AS: Noemi in questo genere di canzoni emerge molto di più, mettendo in evidenza la parte black e la potenza della sua voce. Neffa è nel suo. I problemi tecnici cominciano subito e non permettono ai due di sincronizzarsi. Voto: 7.
Fulminacci con Valerio Lundini e Roy Paci, “Penso positivo”
GP: Che Lundini sia un fuoriclasse, un profondo studioso della lezione frassichiana, è fuori di dubbio. Che Roy Paci sia un musicista incredibile è altrettanto fuori di dubbio. Fulminacci ci mette del suo. E ci mette soprattutto l’idea, che non è affatto poco. 7.5
AS: Grandi davvero. L’energia, il ritmo, le percussioni e la tromba di Roy Paci trasportano in un’atmosfera di festa, Lundini è bravissimo nel riscrivere ironicamente le barre di Jovanotti e nel cantare parlando. Fulminacci, nell’inedita versione da batterista, fa da tramite senza farsi fagocitare. Voto: 7.5.
Francesco Renga con Casadilego, “Una ragione di più”
GP: Vorrei non parlarne, ma tant’è. Renga irriconoscibile, Casadilego non esattamente pronta, anche se vocalmente più sul pezzo. Rimane il fatto che non riesco ad apprezzare pienamente quel timbro e che non mi ha trasmesso nulla, letteralmente nulla. 4
AS: Due grandi voci, ma il dono vocale della ragazza non emerge del tutto, la sua delicatezza e la potenza di Renga non bastano. L’arrangiamento è un po’ confusionario. Voto: 5.
Extraliscio featuring Davide Toffolo con Peter Pichler, “Rosamunda”
GP: Chiamano a suonare con loro Peter Pichler, uno dei pochi suonatori di trautonium del mondo. E già questo dovrebbe bastare. Poi si lanciano in un trip allucinato di piadine ed LSD, tirando fuori una performance ai limiti della psichedelia in salsa romagnola. C’è bisogno di chiedere altro? 10
AS: Loro sono dei geni del male e offrono un’esibizione scenica quasi circense. Hanno il merito di aver rivisitato la grandissima Gabriella Ferri. Si divertono e divertono. Nota di rammarico per Toffolo, relegato in secondo piano a suonare una percussione, in questa serata è l’universo del gruppo ad esprimersi appieno. Brava la coppia di ballerini. Per gusto personale, non mi fanno impazzire. Voto: 7.25.
Fasma con Nesli, “La fine”
GP: Dalle mie parti, quando, dopo mille avvertimenti a non fare una determinata cosa, poi tu la fai e ne paghi lo scotto, si dice che “Fu’ u’ Signuri” a fartela andare storta. Ecco, a Fasma l’avvertimento era arrivato dai problemi tecnici. Lui non lo ha voluto ascoltare. E allora 4, e c’è un punto in più perché “La fine è un gran pezzo.
AS: Il bello della diretta fa sì che dei problemi tecnici possano sempre accadere però, dopo ore e ore di prove, non dovrebbe capitare. Oppure, si può sarcasticamente pensare che il microfono si sia rifiutato di collaborare visto che Fasma ha tolto l’autotune (ahimè solo nella prima parte). Il testo sarebbe anche carino, ma proprio non ci siamo. Voto: 4.5.
Bugo con i Pinguini Tattici Nucleari, “Un’avventura”
GP: Ribadisco tutto quello che ho scritto ieri sera su Bugo. In più i Pinguini non sono esattamente d’aiuto. E, nonostante io non straveda per Battisti, arrangiare un suo pezzo come deI Coldplay di provincia, per altro disadattata, rimane una cosa turpe. 3
AS: La performance vocale meno precisa della serata, ma si sa che il canto non è il punto forte di Bugo. Non è preciso neanche Riccardo Zanotti dei Pinguini. Salvo i tamburi inseriti nell’arrangiamento. Voto: 4.75.
Francesca Michielin e Fedez, medley “E allora felicità”
GP: Cito Joe Bastianich: “E’ come film di orore”. Mi dispiace che anche Daniele Silvestri sia finito in mezzo a quella carrellata di mostri di varia natura. 0
AS: Vogliono presentarsi come la coppietta nazional-popolare, alla Celentano-Mori o alla Sandra e Raimondo ma non ne sono neanche l’unghia dei piedi. Fedez è un filino più preciso ma resta ossessionato dal voler far bene. Meglio della loro canzone, ma incolore. Voto: 4.25.
Irama con la voce di Francesco Guccini, “Cirano”
GP: La versione tagliata e senza una strofa anche no, “tornate a casa, nani, levatevi davanti”. Quantomeno canta bene. 5
AS: L’intenzione è apprezzabile e la voce di Guccini fuori categoria, ma il confronto proprio non regge. Nonostante si tratti del video delle prove generali, Irama interpreta bene con un arrangiamento molto classico. Sicuramente meglio rispetto al brano in gara. Voto: 6.5.
Måneskin con Manuel Agnelli, “Amandoti”
GP: “Amandoti” ha una difficoltà interpretativa clamorosa, e d’altro canto è un pezzo che ha una strofa magnifica come “Amarti mi consola le notti bianche/ qualcosa che riempie vecchie storie fumanti”. Il confronto con Giovanni Lindo Ferretti e la sua voce salmodiante può essere spietato, ma i Maneskin si affidano ad uno che è cresciuto con quelle cose lì e si dimostrano abbastanza a loro agio. La loro interpretazione sanguinante è perfettamente in linea con il tiro del pezzo. Del solo di chitarra, però, avrei anche fatto a meno. 8
AS: Che dire? Grazie. Grazie per aver portato il rock al Festival, per averlo fatto con Manuel Agnelli e con questa canzone straordinaria. Manuel Agnelli e Damiano interpretano in modo teatrale e ci mettono tanto pathos. Questi ragazzi hanno presenza scenica, sfacciataggine e personalità da vendere, tanto da mandare a quel paese tutti e criticare il Festival sui social, in una stramba strategia di comunicazione. Damiano è un vero frontman. Spaccano. Voto: 9.5.
Random con i The Kolors, “Sono un ragazzo fortunato”
GP: Dai, su. Davvero devo aggiungere altro? 0 AS: Io non lo sono. “Se io potessi”, per parafrasare l’inizio di questo brano, non ti ascolterei, caro Random. Stash non riesce a salvare la situazione. Voto: 3.
Willie Peyote con Samuele Bersani, “Giudizi universali”
GP: Io sono dell’idea che quando si prende un pezzo che si sente davvero tanto e che, incidentalmente, è un capolavoro della nostra canzone d’autore, e gli si vuole rendere omaggio, alle volte basta non metterci mano e non spezzare l’incanto. E poi Willie è un rapper, non credo che mettere delle barre su una canzone che dice già tutto fosse una buona idea. 7.5
AS: Questa canzone non ha bisogno di chissà quale trasformazione perché è stupenda così, quindi sono d’accordo con la scelta di non modificarla. Samuele Bersani è sempre un grande autore e interprete, Peyote è emozionatissimo. Voto: 8-.
Orietta Berti con Le Deva, “Io che amo solo te”
GP: Senza i cori dietro sarebbe anche venuta fuori più bella, ma Orietta continua a non sbagliare un colpo, anche come pathos interpretativo. Anche se il secondo posto mi sembra un filino esagerato. 7-
AS: Omaggio a Sergio Endrigo graditissimo. Orietta è credibile nell’interpretazione e perfetta vocalmente. Un insieme di belle voci. Per gusto personale, voto: 6.5.
Gio Evan con i cantanti di The Voice Senior, “Gli anni”
GP: Ogni volta che vedo quella chioma riccioluta il mio cringiometro va letteralmente in frantumi. I senior potrebbero dargli lezioni di canto, comunque. 1
AS: Lui stona di meno, sicuramente non è vocalmente all’altezza dei suoi accompagnatori. Non so bene come commentare, che forse è anche il risultato che lui vuole ottenere, forse con sconcertante. Voto: 3.5.
Ghemon con i Neri per Caso, medley “L’essere infinito (L.E.I.)”
GP: Concept medley di altissima classe, Ghemon un filo sotto rispetto ai Neri per Caso, ma sono i Neri per Caso, voglio dire. C’è da dire che Ghemon non sbaglia un duetto: tre anni fa con Diodato e i Calibro 35 aveva tirato fuori un capolavoro. Adesso ci va di nuovo molto vicino. 8
AS: Un omaggio all’essere umano femminile. Ghemon continua ad essere al posto giusto nel momento giusto, ma è un po’ sottotono e meno preciso rispetto a martedì. I Neri per Caso in quello che fanno sono bravissimi. Voto: 6.
La Rappresentante di Lista con Donatella Rettore, “Splendido Splendente”
GP: Fratello Enzo Avitabile direbbe qualcosa come saglie ‘ngopp ‘o groove. E ci starebbe tutta. Splendida la resa sul palco, splendide le vocalità, splendido il risultato finale. I kazoo sul finale una chicca. 8.5
AS: L’arrangiamento tutto da ballare è in linea con gli anni che questa canzone ha marcato in modo inevitabile. La Rettore tiene botta. Fantastiche la chitarrista e la batterista, coriste d’eccezione legate letteralmente una all’altra attraverso una treccia. Voto: 8.
Arisa con Michele Bravi, “Quando”
GP: Senza infamia e senza lode, mezzo punto in più per l’eleganza ed il rispetto. 6.5
AS: La carezza della serata. L’orchestra impreziosisce l’arrangiamento originale e Arisa si commuove. Belle la raffinatezza e la sensibilità di Michele Bravi. Voto: 6.5.
Madame, “Prisencolinensinainciusol”
GP: Anche su Madame confermo tutto, si conferma una fuoriclasse. Interessante l’arrangiamento più dilatato su alcune parti. 8.5
AS: Performance meta-musicale che riprende il Celentano avanguardista, precursore del rap, e il video ufficiale del brano. Madame gioca sul concetto di incomunicabilità dando voce agli studenti costretti alla DAD e ai suoi coetanei sofferenti a causa della pandemia. E lo fa con grande personalità, divertendosi nei panni della maestra e cantando anche piuttosto bene. Voto: 8.25.
Lo Stato Sociale con Emanuela Fanelli, Francesco Pannofino e i lavoratori dello spettacolo, “Non è per sempre”
GP: Qui voto disgiunto. “Non è per sempre”, che è un pezzo incredibile, uno di quelli quasi intoccabili, l’hanno letteralmente massacrato. Il doveroso messaggio finale risolleva le sorti dell’esibizione. Peccato che facciano massare all’una meno cinque una esibizione che avrebbe dovuto passare in prima serata. 3 alla canzone, 10 al finale.
AS: A cantare stasera è Carota, meno intonato dell’Albi dell’altra sera e meno credibile, mentre Lodo è alle tastiere. L’interpretazione svuota di senso il testo ma il messaggio finale, un augurio e una speranza che la chiusura di teatri, cinema e club “Non sarà per sempre” vale tutto e mi fa commuovere. Voto: 10.
Annalisa con il chitarrista Federico Poggipollini, “La musica è finita”
GP: Il buon Federico cafonissimo (in senso buono, ci mancherebbe) nel prendersi la scena. Solo che il fonico Rai stasera aveva il torneo di briscola e la mia Squire si sarebbe sentita meglio. Annalisa molto sul pezzo, tira fuori una versione onestissima di un capolavoro. 7
AS: Annalisa è carica e propone una versione più rock del pezzo. Vocalmente molto molto precisa. Voto: 6.5.
Gaia con Lous and The Yakuza, “Mi sono innamorato di te”
GP: Francamente mi chiedo come sia stato possibile avere Lous and the Yakuza a Sanremo. Un’ eleganza abbagliante, da standing ovation già solo per quello. La canzone esce pulita e con un bell’intreccio vocale, e Gaia è molto più dentro a questo pezzo (manco a dirlo, livello di difficoltà pressochè incalcolabile con parametri umani) che nel suo inedito. Poteva andare decisamente peggio. 7.5
AS: Temevo la catastrofe più totale, Tenco non si tocca giusto per. E invece le due ragazze sono delicate, vere e rispettose dell’originale. Lous and The Yakuza ha una bellissima anima. Voto: 8.5.
Colapesce e Dimartino con la voce inedita di Franco Battiato, “Povera patria”
GP: “Povera Patria” è anche lei una canzone con un livello di difficoltà enorme. Oltre ad una linea vocale non esattamente semplicissima, il testo è una botta, uno di quelli che ti prendono allo stomaco, che ti fanno venire il groppo in gola. La scelta è stata un po’ suicida: se proprio volevano omaggiare la grandezza di Franco Battiato- cosa sacrosanta, sia ben inteso- potevano andare su un pezzo più accessibile ma non meno banale, un “Magic Shop” o un “Venezia- Istanbul” sarebbe stato meno trappolone. La portano comunque a bordo, nonostante un arrangiamento col quale si poteva (e doveva) fare di più. 7-
AS: Il pezzo è uno di quelli tanto difficili, per quello che dice e per come lo dice. Forse troppo difficile per loro, che non riescono ad essere all’altezza e vocalmente restano imprecisi. L’arrangiamento più contemporaneo è etereo e mi trasporta altrove. La voce di Battiato sul finale è fuori categoria. Voto: 8-.
Coma_Cose con Alberto Radius e Mamakass, “Il mio canto libero”
GP: E’ chiaro che se decidi di coverizzare Battisti il rischio di prendere un palo in faccia è dietro l’angolo. Inizio discreto, peccato sia l’inizio della fine, fra passaggi calanti ed altre imprecisioni di vario genere. Anche Radius non era in perfetta forma. Si poteva (e doveva) fare di più parte seconda. 5
AS: Teneri e sensibili, ma vocalmente instabili. L’arrangiamento più contemporaneo non toglie nulla all’universalità della canzone originale. Alberto Radius, chitarrista dello stesso Battisti e dei Formula 3, è un po’ arrugginito. Voto: 8-.
Malika Ayane, “Insieme a te non ci sto più”
GP: Ecco, Malika Ayane dovrebbe fare esattamente quelle cose lì. Classe, padronanza del palco, interpretazione, eleganza, gusto nell’arrangiamento. C’era tutto. 8
AS: Malika è classe e raffinatezza e interpreta benissimo un pezzo nelle sue corde. Voto: 7.5.
Max Gazzè con la Magic Mistery Band, “Del mondo”
GP: Già portare i Csi sul palco di Sanremo è un piccolo miracolo. Farlo riuscendo a creare un contrasto nel mescolare orchestra e dissonanze della band è letteralmente un capolavoro. Uno dei momenti migliori della serata, con il recitato di Silvestri centratissimo ed un Gazzè decisamente ispirato. Mi hanno fatto godere. 9
AS: Gazzè spiazza offrendoci il suo lato più sperimentale e una scelta tra le più destabilizzanti nella storia del Festival. Lui e Daniele Silvestri, ospite svelato solo una volta salito sul palco, sono magnetici. Scelgono di omaggiare un gruppo, i CSI, e un album, Ko de mondo, tra i più importanti della storia della musica italiana e un brano crudo, che parla di corruzione, decadenza, lotte, pensiero politico, disillusione. Voto: 9.5.
Ermal Meta con la Napoli Mandolin Orchestra, “Caruso”
GP: Ermal Meta vuole vincere il Festival, quello mandato ieri sera è un messaggio chiarissimo. E la scelta del brano da coverizzare lo conferma. Scelta, ovviamente, del tutto paracula e gigiona. Però dimostra una costanza vocale enorme, in più l’arrangiamento aveva classe da vendere. 7+
AS: Un cantautore che omaggia un altro cantautore e lo fa bene. Ermal è un po’meno intenso rispetto alla seconda serata, complice forse l’esibirsi alle 02.00 di mattina. I mandolini mi trasportano “Su una vecchia terrazza/davanti al golfo di Surriento”. Voto: 7.5.
Aiello con Vegas Jones, “Gianna”
GP: Ecco cosa succede a mettere delle barre su un caposaldo della musica italiana. La base non era neanche tutta da buttare, ma erano un sacco di idee e tutte, a vario titolo, abbastanza confuse. Risultato: una Babele di roba sulla quale Aiello continua ad urlare addosso. 2
AS: Ha osato di più in assoluto, stravolgendo l’arrangiamento originale del brano. Trap e urban si mischiano al rap di Vegas Jones con barre di dubbia consistenza. Un pout-pourri di roba, mal riuscita. Voto: 4.
Articolo del
05/03/2021 -
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