La serata ci regala un’apertura tanto inaspettata quanto sorprendente che ci permette di vagliare di persona il talento di Maldestro, nome d’arte con cui si è fatto conoscere Antonio Prestieri, ventottenne cantautore napoletano che ha già vinto concorsi per esordienti davvero importanti come il Premio Ciampi e più recentemente il Premio De Andrè con il brano Sopra il tetto del Comune, una canzone che racconta una storia tragica, quella di un operaio che perde il lavoro, non ha più i mezzi per coronare i suoi sogni e si getta nel vuoto. Maldestro ha pubblicato da poco il suo primo album ed esegue dal vivo quattro brani tratti da quel disco. Oltre alla canzone sopra citata siamo rimasti favorevolmente impressionati da Dimmi come ti posso amare, un altro pezzo di grande valore, che mette in evidenza - oltre ad una apprezzabile accuratezza per le liriche - grandi doti interpretative, grazie ad una vocalità già formata, da adulto, malgrado la giovane età.
Il breve set di Maldestro ha trovato spazio all’interno della magica cornice del Festival di Villa Pamphilj proprio grazie all’interessamento di Peppe Barra, il celebre attore e cantante di origini campane che il prossimo 24 luglio compirà 70 anni e che poco tempo fa ha ricevuto una Laurea honoris causa dall’Università degli Studi di Napoli Federico II. Il carismatico artista originario di Procida (come la madre, Concetta Barra, straordinaria artista di teatro del secondo dopo guerra, a cui è rimasto affezionatissimo) presenta uno spettacolo fatto essenzialmente di canzoni, ma sono chiari i riferimenti a testi teatrali e ad autori come Raffaele Viviani e Salvatore Di Giacomo che sono stati protagonisti nella storia della cultura napoletana. La serata si svolge in un’atmosfera decisamente calda e conviviale, grazie alla naturale capacità di Peppe Barra di dialogare con il pubblico. L’artista ha il dono di intrattenere amabilmente e di convogliare al tempo stesso un flusso continuo di emozioni che possono comprendere sia un innocente divertissement che una drammatica storia d’amore, visioni fiabesche e un canto di dolore, citazioni del passato e richiami a realtà sociali attuali. Il tutto senza alcuna componente retorica, senza fare leva sull’attitudine tutta nostrana alle “lacrime facili”.
Barra è accompagnato sul palco da una tour band di grande valore, che è composta da Paolo Del Vecchio, alla chitarra acustica, da Luca Urciuolo, alla fisarmonica, tastiera elettrica e pianoforte, da Sasà Pelosi, al basso, da Riccardo Veno, ai fiati, e da Ivan Lacagnina, alla batteria. Dopo un brano introduttivo tratto dai Carmina Burana, Peppe Barra ci regala una splendida esecuzione de Lu vasillo (Il bacetto), nuova versione di una vecchia canzone napoletana dell’800. E’ proprio l’Amore il tema portante della performance di questa sera e non è un caso infatti se subito dopo Barra esegue Vasame (Baciami) del grande Enzo Gragnaniello. A sorpresa poi, il concerto apre una finestra sulla musica internazionale, in particolare sul repertorio reggae del leggendario Bob Marley. Con grande rispetto, ma anche con tanto divertimento, Peppe Barra offre una esaltante versione di No Woman No Cry che viene trasformata in No donna, nun chiaggnere chiù. Bellissime anche Piccerè, altra tenera storia d’amore, e la riproposta de La Pansè, una vecchia canzone del 1953 firmata da Pisano e Rendine, che rinasce a vita nuova.
Non appena il tono del concerto diventa un po’ troppo carico - e una deriva romantica è in agguato - ecco che Barra ci regala una versione musicata del celebre dialogo Idillio ‘e merda , tratto dalla poesia Strunz di Ferdinando Russo e inserito su Ci vediamo poco fa, il suo ultimo album. La storia d’amore fra una cacata che si sente molto sola ed uno stronzo, con un moscone che fa da intermediario, scatena il folto pubblico presente in Villa ed è estremamente piacevole vedere anziane signore sedute accanto a noi che non tengono a freno sonore risate. Anche quando parla di merda, Peppe Barra resta incredibilmente il gentiluomo di sempre, proprio non riesce ad essere volgare: un umorismo garbato e mai sconveniente che avrebbe molto da insegnare a tanti artisti di cabaret, televisivi e non.
Dopo un breve intermezzo musicale Barra esegue la Tammurriata Mnemonica, una composizione che veniva utilizzata tanti anni fa per insegnare ai bambini come ricordare i nomi degli animali. Arriva puntuale il momento di ricordare il Teatro Canzone di Giorgio Gaber e l’esecuzione di Lo shampoo, un blues metropolitano davvero esaltante, incontra nuovamente i favori del pubblico. Seguono in rapida successione una tenera “villanella” - che racconta di un giovane che vorrebbe trasformarsi in quel “cardillo” (uccellino) che riceve ogni mattina una briciola di pane per mano della sua innamorata - ed il remake di Avvertimento, una vecchia composizione di Raffaele Viviani.
Il concerto si chiude con il ritmo incalzante de la Tammurriata Nera, un classico di Mario Nicolardi, un brano caro alla Nuova Compagnia di Canto Popolare di Roberto De Simone (di cui Barra ha fatto parte) e che risale al lontano 1974. Il testo ricorda i giorni in cui - alla fine della Seconda Guerra Mondiale - la città di Napoli fu invasa dalle truppe americane che familiarizzarono, anche troppo, con la popolazione locale, in particolare con quella femminile. I napoletani se ne accorsero soltanto qualche mese dopo, quando vennero alla luce tanti bambini neri. Il ricordo della guerra è l’occasione per riflettere su quanto sta succedendo nel mondo - sia nella striscia di Gaza che in Ucraina - e Peppe Barra chiude questa serata a dir poco incantevole ricordando come l’unica arma che ancora oggi possa contrastare la guerra è la cultura. Noi qui in Italia ne abbiamo in abbondanza, non ci resta quindi che attingere ad essa “spesso e volentieri” nel tentativo di rendere questo mondo migliore.
(La foto di Peppe Barra nel backstage di Villa Doria Pamphilj è di Giancarlo De Chirico)
Articolo del
21/07/2014 -
©2002 - 2024 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|