Non si trattava di uno spettacolo teatrale e neanche di una serata dedicata al balletto, classico o moderno che fosse. I Mevlevi di Galata, quartiere molto antico al centro di Istanbul, in Turchia sono dei veri monaci sufi e questo parte del pubblico forse non lo sapeva. Sono gli eredi di un ordine fondato nel 1273, sono il simbolo del misticismo orientale e l’UNESCO li ha consacrati come patrimonio dell’Umanità.
Guidati dal Maestro Sheik Nail Kesova hanno portato sul palco del Teatro Brancaccio la loro ritualità, ci hanno offerto una rievocazione della “sema”, cerimonia sacra che prevede nella sua parte finale una danza che è poi quella più comunemente nota come dei “dervisci rotanti”.
Una parte del pubblico è rimasta inizialmente sorpresa, si è lamentata, ma si tratta di quelli che vanno a teatro a caccia dell’intrattenimento sicuro, e non fanno testo. Il resto si è lasciato catturare emotivamente dal crescendo contagioso della musica sufi e dalle piroette disegnate durante la danza dai tre mevlevi vestiti con una semplice tunica bianca e con un copricapo che ricordava le pietre tombali dei paesi musulmani. Occhi chiusi, lo sguardo verso il cuore, braccia rivolte in alto, verso il Cielo, mentre danzano intorno al loro Maestro, interamente vestito di rosso e seduto su paramenti sacri. Movimenti lievi, ma continui, ripetuti in modo volutamente ossessivo, accompagnati da una musica ipnotica, che conduce rapidamente ad uno stato di trance che libera la mente da pensieri inutili e conduce verso il Sacro.
La tradizione dei “dervisci rotanti” è iniziata ottocento anni fa nella Tekke dei Mevlana , a Konia, in Anatolia Centrale, in un convento ora trasformato in museo. Era il centro principale dei mevlevi, monaci mistici legati a Rumi, un poeta di origini afgano -persiane. La “sema” è una danza rituale che ha lo scopo di connettere le tre componenti fondamentali della natura umana: lo spirito, la sfera emotiva e l’anima che è poi la Sema, che è movimento, che significa vita. Il Maestro, Sheik Nail Kesova, 76 anni, guida ancora la cerimonia e detta i tempi sia delle musiche che della danze, in un silenzio interrotto solo dal canto rituale o dall’accompagnamento di strumenti acustici tradizionali come flauti, timpani e cembali.
Articolo del
17/04/2015 -
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