Dopo aver incontrato nel tardo pomeriggio i ragazzi che frequentano l’Università La Sapienza di Roma, Peppe Barra si è esibito la sera stessa in un’Aula Magna gremita in ogni ordine di posto, a testimonianza della credibilità e dell’affetto di cui ancora gode il grande artista di origine campane che tanti anni fa era l’anima della Nuova Compagnia di Canto Popolare di Roberto De Simone.
Barra compirà 71 anni il prossimo mese di luglio, ma non ha ancora perso la voglia di donarsi al suo pubblico, di raccontare le sue storie, che vedono quasi sempre come protagonista una umanità diversa, non assetata di potere, ma pronta a mettere in gioco se stessa per amore, di qualcosa o di qualcuno, sempre e comunque. Appena l’anno scorso Peppe Barra ha ricevuto una Laurea “honoris causa” dall’Università degli Studi di Napoli Federico II. Personaggio carismatico originario di Procida - come la madre, Concetta Barra, artista di teatro del secondo dopo guerra, a cui Peppe è rimasto legatissimo - ci presenta uno spettacolo fatto essenzialmente di canzoni, ma sono molti i riferimenti a testi teatrali e ad autori come Raffaele Viviani e Salvatore Di Giacomo che sono stati dei veri protagonisti nella storia della cultura napoletana.
Accompagnato sul palco dalla sua compagnia di musicisti che risulta composta da Paolo Del Vecchio, alle chitarre e al mandolino, da Ivan Lacagnina, alle percussioni, da Sasà Pelosi, al basso, da Luca Urciuolo, alla fisarmonica, da Max Sacchi, al clarinetto, e da Giorgio Mellone, al violoncello, Barra ci regala una splendida esecuzione de Lu Vasillo(Il Bacetto), nuova versione di una vecchia canzone napoletana dell’800. E’ proprio l’Amore uno dei temi portanti del recital di questa sera e non è un caso infatti se subito dopo Barra esegue Vasame (Baciami) del grande Enzo Gragnaniello. Si prosegue con una citazione reggae, No Woman No Cry, brano tratto dal repertorio del leggendario Bob Marley che diventa No donna, nun chiaggnere chiù dopo essere stato rivisitato in dialetto napoletano, in maniera divertente ma comunque rispettosa.
Barra possiede una naturale capacità dialogare con il pubblico. L’artista ha il dono di intrattenere amabilmente e al tempo stesso di convogliare verso il pubblico un flusso continuo di emozioni che arrivano a comprendere sia innocenti divertissement che drammatiche storie d’amore, sia visioni fiabesche che tragici canti di dolore. Bellissime anche le riproposte di Che cos’è l’Amor, nella versione che fu di Antonio Pepito, il primo Pulcinella della storia e de La Pansè, una vecchia canzone del 1953 firmata da Pisano e Rendine a cui Barra dona vita nuova.
Ci ritroviamo invece in piena età Barocca, nel Seicento quindi, al momento dell’esecuzione de Vurrìa Addeventare, la canzone che dà il titolo allo spettacolo. Il brano narra del garzone di un barbiere che si vuole trasformare in un topolino per intrufolarsi di notte nella camera da letto dell’amata. Splendido poi il ricordo delle lacrime di Pulcinella che allagano la piazza per il dispiacere quando Colombina non si presenta ad un appuntamento. La solitudine, la morte, il silenzio si affacciano drammaticamente nei racconti di Barra che recupera il passato per accostarlo poi a realtà sociali più attuali. Il tutto senza alcuna componente retorica, senza fare leva sull’attitudine tutta nostrana alle “lacrime facili”.
Dopo un breve intermezzo musicale affidato interamente al suo gruppo, Barra rientra in scena ed esegue Tammurriata Mnemonica, una filastrocca che veniva utilizzata tanti anni fa per insegnare ai bambini come ricordare i nomi degli animali. Molto divertente la cantata del uallarino (il gallo d’India, in pratica il tacchino). Davvero attuale invece il riferimento a Lu Cunto de li Cunti (Il Racconto dei Racconti) scritto da Gian Battista Basile nel Seicento e recentemente trasferito sul grande schermo dal regista Matteo Garrone che ha presentato la pellicola all’ultimo festival di Cannes. Da questa raccolta di favole - a cui Barra aveva già lavorato molti anni fa - viene recuperata Il Tempo, eseguita con grande maestria e trasporto emotivo. Non appena però il tono del concerto diventa un po’ troppo drammatico, ecco che Barra ci regala una divertentissima versione musicata del celebre dialogo Idillio ‘e merda, tratto dalla poesia Strunz di Ferdinando Russo e inserito su 'Ci vediamo poco fa', uno dei suoi ultimi album. Il brano narra la storia d’amore fra una cacata - che si sente molto sola - ed uno stronzo, con un moscone che fa da intermediario.
Vale la pena osservare come - anche quando si trova ad affrontare tematiche un po’ impertinenti - Peppe Barra resta incredibilmente il gentiluomo di sempre e proprio non riesce ad essere volgare. Il suo è un umorismo garbato e mai sconveniente che avrebbe molto da insegnare a tanti artisti di cabaret, televisivi e non. Arriva puntuale anche il ricordo del Teatro Canzone di Giorgio Gaber con l’esecuzione de Lo shampoo, trasformata in un un blues metropolitano davvero esaltante.
Il concerto si chiude con O Munasterio, una composizione del grande Salvatore di Giacomo che racconta di un giovane che si chiude in un monastero e diventa frate per alleviare le pene di un amore non corrisposto.
Richiamato a gran voce sulla scena Peppe Barra accontenta davvero tutti con il ritmo incalzante e l’energia contagiosa della Tammurriata Nera, un classico di Mario Nicolardi e di E.A. Mario. Il testo ricorda i giorni in cui - alla fine della Seconda Guerra Mondiale - la città di Napoli fu invasa dalle truppe americane che familiarizzarono, anche troppo, con la popolazione locale, in particolare con quella femminile. I napoletani se ne accorsero soltanto qualche mese dopo, quando vennero alla luce tanti bambini neri.
Peppe Barra chiude questa serata a dir poco incantevole con Cammina cammina, una canzone davvero toccante scritta dall’amico Pino Daniele, recentemente scomparso. Poi, al momento dei saluti, Barra ci ricorda come ancora oggi l’unica arma che possa contrastare le guerre - e l’imbarbarimento del mondo in cui viviamo - sia la cultura. Noi qui in Italia ne abbiamo in abbondanza, non ci resta quindi che attingere ad essa nel tentativo di rendere questo mondo un posto migliore.
Articolo del
27/05/2015 -
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