Il lungo viaggio di madri, amanti, prostitute e donne pensate come amore incomincia venerdì 6 dicembre dal Piccolo teatro Unical di Rende. E’ uno spettacolo voluto dal gruppo calabrese Coram Populo, incentrato sulle canzoni di Fabrizio De André che hanno per protagonista le figure femminili. Una produzione imponente, una rappresentazione scenica multimediale dove si alternano musica e recitazione alla proiezione di filmati di stretta attualità, tutto legato al punto di vista delle donne.
Si chiama Bocca di Rosa e le altre, da un’idea di Sergio Crocco, scritto e diretto da Simona Micieli, artista avvezza sin qui a tenere concerti di musica popolare ma che ora si distanzia, almeno in apparenza, dal folk e dal dialetto calabrese per percorrere le praterie della poetica di De André. Si sa che se scorporassimo le figure femminili dal contesto dei romanzi musicali di Fabrizio ci troveremmo di fronte mille donne; Marinella, Ninetta, Ella, Kate, Maggie, Lizzie, Jenny, Teresa, Maddalena, Biancamaria, colei che aspetta il ritorno del marito soldato, chi è morta di aborto e chi d’amore, la ragazza che tenta di salvare Geordie dall’impiccagione, le passanti, la moglie di Anselmo, le spose bambine, la giovane Nina, l’anziana che si meraviglia delle lodi ricevute nel tempo passato per la sua bellezza, chi ha visto il suo uomo, malato di cuore, morire sulle proprie labbra.
Tutte diverse, tutte vittime di tre sacrifici: la verginità, la maternità e la prostituzione. Un mondo che sta all’opposto di quello degli uomini, i quali nelle canzoni di Fabrizio se non sono gigli sono vittime di questo mondo ma spesso sono pure sopraffattori, esponenti del potere peggiore, addirittura ripugnanti come il commerciante che compra e vende organi umani, fegati e polmoni, capace di preoccuparsi solo della propria reputazione anche di fronte alla morte di un figlio. No, le donne di cui parla Fabrizio sono migliori degli uomini ed è per questo che le cantanti e le attrici che prendono parte allo spettacolo voluto da Simona Micieli chiuderanno la scena calzando sul viso una maschera raffigurante il volto di De André.
Un modo per dire grazie a chi fu capace di lanciare il cervello ai bordi dell’infinito. Il lavoro dei Coram Populo è stato complesso perché ha riguardato gli arrangiamenti delle canzoni con l’urgenza di rispettare lo spirito che le avevano ispirate ma anche l’attenzione che occorre per una regia teatrale, curata da Raffaella Reda, la ricerca dei costumi, affidata a Natascia De Rose, la regia video, affidata a Alessandro Morrone. Se le caratteristiche delle donne deandreiane sono tre, le figure del canzoniere sono troppe per stare nello spazio di una serata per cui Simona Micieli ha compiuto una selezione delle canzoni, estrapolandole da otto album sui tredici registrati in studio da Fabrizio De André: La buona novella, Creuza de ma, Volume 1 e 3, Anime salve, Canzoni, Rimini e Tutti morimmo a stento.
La scena si apre con un monologo di Raffaella Reda sull’universo femminile mentre altre donne prendono posto tra il pubblico: non salgono sul palco, lo faranno allo scadere del tempo per indossare la maschera di colui che ha marciato in direzione ostinata e contraria. Si accomodano in platea la ballerina di seconda fila, cantata in “Amico fragile”, la tenera vecchia contessa, citata nel Testamento, la pulzella di Carlo Martello, la signorina in tailleur grigio fumo, FranziskA che finalmente posa per un pittore che la può guardare mentre una vecchia terrà aperta la gabbia da cui è scappato il gorilla giustiziere.
Lo spettacolo vivrà la sua drammaticità all’inizio quando tre donne vestite a lutto irromperanno in scena: siamo sotto la croce e due donne piangono la morte del proprio figlio accanto alla Madonna. Sono disperate e rimproverano la madre di Gesù che soffre pur sapendo che il figlio farà ritorno dopo tre giorni; e sono proprio le parole di Maria a rappresentare il sentimento materno: “Piango di lui, ciò che mi è tolto, le braccia magre, la fronte, il volto” … Intanto sul fondo del proscenio un video proietta le immagini della strage dei migranti, di quell’enorme cimitero che è diventato il Mediterraneo. Restando nel mare nostrum, i viaggiatori di Coram Populo incontrano Jamina, sicuramente il personaggio più erotico descritto da Fabrizio, la ragazza bruna che ogni marinaio sogna d’incontrare nel primo porto d’approdo dopo le fatiche della navigazione. Dalla Calabria si leva in alto un canto in genovese, una lingua che conta oltre duemila vocaboli di provenienza araba e turca.
I dialetti – sosteneva Fabrizio – sono linfa vitale per l’italiano e un idioma assurge a dignità di lingua o decade a livello di dialetto solo per motivi politici: il portoghese era un idioma iberico sino a quando i portoghesi non colonizzarono il Brasile. Genova vuol dire Via del campo che rappresenta tutta la poetica di Fabrizio. Non è un caso che questo viaggio tra le donne abbia ricevuto il patrocinio di Via del Campo 29 Rosso, diretto da Laura Monferdini. Dopo la storica canzone di Fabrizio, sarà proiettato il video di un’intervista a Carla Corso, leader del movimento delle prostitute, la quale ebbe modo di conoscere Fabrizio. La Corso conosceva il motto con cui il poeta degli ultimi riconosceva ben poco merito nella virtù e poca colpa nell’errore ma quando si trovò di fronte a lui, dopo un concerto, non seppe che cosa dirgli: “Ci guardammo in silenzio”, raccontò Carla Corso, “io che nella vita avevo mangiato tanti uomini non riuscivo a parlare, soggiogata dal suo carisma”. Dal video alla canzone: Princesa ci riporterà al tema del dolore così presente in De André e subito dopo Marinella dovrà districarsi sul palco tra una serie di scarpette rosse in sincronia con un video sul femminicidio.
I musicisti fanno squadra per impastare al meglio suono e voci: Giovanni Brunetti (pianoforte), Pino Cariati (voce e chitarra), Giovanni Reale (basso), Walter Giorno (batteria), Andrea Marchese (clarinetto, mandolino e bouzouki), Camillo Maffia (fisarmonica e bandoneon). Musica e scene aprono la strada a Giovanna d’Arco, a Sally e alla tiranna vanitosa dell’Amore cieco; Suzanne sale le scalette del palco tra i sacchi di spazzatura per poi scrivere sulla terra: “Siate marinai finché il mare vi libererà”. C’è spazio anche per un omaggio alle donne curde e la canzone scelta non poteva che essere Sidun, la cronaca dell’operazione scellerata compiuta da Sharon con la distruzione della città di Sidone.
De André racconta di un arabo che ha in braccio il figlio stritolato dai cingoli di un carro armato, morte di un bambino e simbolo della fine di una civiltà. Uno spazio se lo ritaglia anche la moglie di Anselmo: in modo didascalico una ragazza andrà in scena a ripararsi dalla pioggia torrenziale con un ombrellino mentre un po’ più lontano c’è un uomo poco coinvolto dall’alluvione di Genova perché “l’amore ha l’amore per solo argomento”. Lo spettacolo corre vero la fine con un omaggio alle donne curde attraverso la Guerra di Piero, inno del pacifismo per eccellenza. Poi le luci sono tutte per Bocca di Rosa, l’unica in grado di unire l’amore sacro e l’amor profano. Canta Simona Micieli, circondata sul palco dal sindaco del paesino, le comari, il prete. Sta per calare davvero il sipario quando arriva l’atto accusa supremo per tutti gli uomini, banchieri, pizzicagnoli, notai: è il Recitativo di Tutti morimmo a stento, pronunciato da Simona Micieli prima che sul palco si riuniscano tutte le donne del mondo di De André. E’l’atto di accusa finale per gli uomini e sullo schermo compaiono le facce dei potenti della terra, da Trump a Putin: che nessuno si senta assolto
BOCCA DI ROSA E LE ALTRE Venerdi 6 Dicembre 2019 Ore 21.00 Piccolo Teatro Unical - Arcavacata di Rende CS
Articolo del
01/12/2019 -
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