Valerio Primic è uno scrittore famoso, tre volte vincitore del premio Strega. Vive circondato dai suoi libri, che dispone nella sua personale libreria con metodo maniacale, catalogandoli rigorosamente per omogeneità emotiva. La stanza nella quale vive ha tre accessi con il mondo esterno: una finestra panoramica che affaccia sul golfo di Napoli, una porta dietro la quale origlia la sua domestica Bettina, ed una seconda porta dalla quale entrano in scena, uno alla volta, sua moglie Rose e i suoi due figli Massimiliano e Adele.
Emerge così la figura di un uomo che ha vissuto la sua vita ad inventare storie, dimenticando di prestare ascolto alla sua personale storia. Moglie e figli gli rimproverano di essere stato un marito ed un padre assente, capace di regalare dotte citazioni letterarie ma incapace di ascoltare, ne tantomeno di dare risposte, ai problemi e alle complicate dinamiche familiari che i suoi cari gli sottoponevano.
Testimone di questo fallimento è la sua fedele domestica, da sempre presente in quella casa che ora sono costretti a vendere per un evidente crisi finanziaria della famiglia. Il silenzio è come una malattia, inizia piano piano, con silenzi piccoli, poi avvolge tutto e diventa un silenzio grande! , afferma Bettina. Un silenzio che genera insicurezza, rancore, incomprensione: un silenzio che avvolge inquietudini inespresse ed incomprese. Così Valerio Primic ignora l’omosessualità di suo figlio Massimiliano o le inquietudini amorose di Adele, che nelle sue relazioni con uomini molto più grandi di lei ricerca disperatamente una figura paterna assente ma allo stesso tempo ingombrante per via della sua notorietà. Ignora la lenta ed inevitabile crisi economica che condannerà la sua famiglia ad abbandonare quella casa le cui mura sono impregnate delle loro storie.
Ma attenzione, nulla è come sembra; e il colpo di scena che pian piano si svela nel secondo atto, che non sveliamo per lasciare al pubblico il gusto della sorpresa, ribalterà dinamiche e valori, e darà, anche a quel silenzio grande una luce diversa. Scritto da Maurizio De Giovanni, autore divenuto ormai affermatissimo coni suoi romanzi dai quali sono state tratte serie televisive di grande successo (Il commissario Ricciardi, I bastardi di Pizzofalcone, Mina Settembre), Il Silenzio grande è stato portato in scena con la regia di Alessandro Gassmann. E il progetto si è rivelato da subito vincente, per almeno due motivi: il primo è che il testo, di per sé, contiene tutte quelle tematiche classiche del teatro di Eduardo.
La rappresentazione, con un approccio tragicomico, di quelle dinamiche familiari nelle quali tutti siamo, quotidianamente, coinvolti, ne fanno uno spettacolo molto piacevole nella fruizione, che al tempo stesso lascia ampio spazio a riflessioni amare dalle quali nessuno si può sentire escluso. Il secondo è la scelta degli attori: un monumentale Massimiliano Gallo, attore ormai conclamato e da considerare senza dubbio tra i migliori attori di teatro nel panorama italiano, si cala nel personaggio di Valerio Primic incarnandone alla perfezione tutte le sfumature psicologiche, maneggiando con estrema disinvoltura l’umanità/disumanità di un padre/marito complesso, che lavora spesso di fantasia per sua deformazione professionale ma che risulta disattento alla realtà che ha intorno.
Senza dimenticare gli altri protagonisti, tutti di altissimo livello: dalla domestica Bettina, interpretata da una superlativa Antonella Morea che ci ricorda senza troppo sforzo le interpretazioni della grande Pupella Maggio nelle opere di Eduardo; ad una coinvolgente e convincente Stefania Rocca, nel ruolo della moglie Rose. Per finire agli ottimi interpreti dei figli Adele e Massimiliano (rispettivamente Paola Senatore e Jacopo Sorbini), anch’essi totalmente credibili e capaci di dare ai loro personaggi il giusto equilibrio di personalità smarrite ma al tempo stesso rafforzate dal portarsi dentro quelle indubbie virtù del loro genitore disattento.
Insomma, uno spettacolo assolutamente da vedere, adatto a tutti e consigliato a tutti, che dimostra ancora una volta come il teatro sia il luogo per eccellenza della vera condivisione di emozioni, che avvolge pubblico ed attori in una atmosfera magica in cui tutti siamo talvolta protagonisti e talvolta semplici comparse della nostra vita.
La stagione 2021/2022 del Teatro Comunale Traiano di Civitavecchia prosegue con una programmazione tutta da seguire: 22-23 gennaio: Il delitto di Via dell’Orsina di Eugene Labiche, regia di Andrèe Ruth Shammah con Massimo Dapporto e Antonello Fassari 26-27 febbraio: Ditegli sempre di si di Eduardo De Filippo, regia di Roberto Andò con Gianfelice Imparato 5-6 marzo: Non è vero ma ci credo di Peppino De Filippo, regia di Leo Muscato con Enzo Decaro 19-20 marzo: La rottamazione di un italiano perbene di e con Carlo Buccirosso 9-10 aprile: Bartleby lo scrivano di Francesco Niccolini, regia di Emanuele Gamba con Leo Gullotta 28-29 maggio: Tre uomini e una culla di Coline Serreau, regia di Gabriele Pignotta con Giorgio Lupano, Gabriele Pignotta, Attilio Fontana
Articolo del
17/01/2022 -
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