Anche a Macerata è ricominciata la consueta stagione teatrale con degli spettacoli sempre interessanti.
L'apertura è stata affidata all'attore toscano Stefano Massini, primo italiano a vincere il Tony Award per la drammaturgia, con lo spettacolo "Quando sarò capace di amare-Massini racconta a Gaber". Sul palco con lui l'ottima orchestra multietnica di Arezzo formata da Mariel Tahiraj (violino), Camillo Biagioli (violino) , Mariaclara Verdelli (violoncello), Gianni Micheli (clarinetti e fisarmonica), Saverio Zacchei (trombone), Massimo Ferri ( chitarra bouzouki), Luca Roccia Baldini (basso), Massimiliano Dragoni (hammer dulcimer e percussioni) che ha eseguito le canzoni arrangiate da Enrico Fink. Uno spettacolo che parte da New York negli anni 30 quando un lettore incontra lo scrittore William Faulkner e gli racconta i mondi che ha sognato leggendo i suoi libri.
Da questa idea Massini decide di raccontare proprio a Giorgio Gaber le storie scaturite dalla sua arte. Ed ecco che in scena entrano ed escono personaggi completamenti diversi da loro che popoleranno la narrazione. Si passa da Jeffrey Dahmer, conosciuto come il cannibale di Milwaukee accompagnato dalla canzone "I mostri che abbiamo dentro" a Elizabeth Janet Gray Vining, l'insegnante che nel 1946 viene scelta per educare l'erede al trono imperiale del Giappone con "Non insegnate ai bambini", dagli androidi dell'inventore Gustav Akerlund a Stoccolma con "Se io sapessi" alla giovane ebrea Ruth Wodak sopravvissuta a Dacau che perde la propria personalità con "La parola io", dal bizzarro scrittore Ermes Biancalani costretto a riscrivere i suo romanzo per i contiunui cambiamenti politici perfettamente in tema con la celebre "Il conformista", fino ad arrivare all'inventore Thomas Alva Edison con i suoi dubbi esistenziali che ci portano a "Quando sarò capace d'amare".
Il viaggio si conclude con un sentito omaggio a Giorgio Gaber e a Sandro Luporini che stregarono proprio a teatro il giovane Massini. Il pezzo scelto è uno dei più forti della loro produzione, uno schiaffo all'ascoltatore che risponde al nome "Io se fossi Dio", che uscì nel 1980 e fù censurato per la crudezza dei suoi contenuti.
Massini lo interpreta e lo riscrive, mischiando la versione del 1980 con quella del 1991 e aggiungendo alcune parti molto attuali, come il tragico tema dei morti sul lavoro. L'attore per tutto lo spettacolo decide di non cantare Gaber, ma di declamarlo come a sottolineare ancora di più l'importanza della parola che diventa come una cosa difficile da scalfire. Interessante anche la scelta dei brani, per niente scontata e che privilegia gli ultimi lavori in studio ( "La mia generazione ha perso" del 2001 e "Io non mi sento italiano" uscito postumo nel 2003). L'orchestra multietnica accompagna sia la recitazione, che le canzoni con delle sonorità avvolgenti, ricercate e funzionali allo spettacolo con Luca Roccia Baldini direttore, che ogni tanto interviene anche con delle piccole parti cantate.
La voce dolce di Massini incanta il pubblico con i suoi racconti che tengono compagnia per un'ora e quaranta senza pause. La bellezza di questo spettacolo è proprio qui, nel catturare lo spettatore, che riflette, si commuove e si lascia accarezzare l'anima, trovando uno spiraglio di pace, in questi venti di guerra.
Articolo del
18/11/2022 -
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