Correva l'anno 1975 quando il grande regista Milos Forman diresse un film destinato a diventare un classico del cinema mondiale: "Qualcuno volò sul nido del cuculo".
Un successo strepitoso, vincitore di 5 oscar (Miglior film, Regia, Attore protagonista, Attrice protagonista e sceneggiatura) e tratto dal libro omonimo di Ken Kesey. Lo scrittore lo pubblicò nel 1962 dopo aver lavorato come volontario in un ospedale psichiatrico californiano. Racconta, attraverso gli occhi di Randle McMurphy, uno sfacciato delinquente che si finge matto per sfuggire alla galera, la vita dei pazienti di un manicomio statunitense e il trattamento coercitivo che viene loro riservato. Nel 1971 Dale Wasserman ne realizzò, per Broadway, un adattamento scenico, che costituì la base della sceneggiatura del film. Alessandro Gassmann da alcuni anni ha curato la regia per la sua versione teatrale, adattata dal noto scrittore Maurizio De Giovanni.
De Giovani sposta la vicenda In Italia, per la precisone ad Aversa, nel 1982, l'anno della vittoria dell'Italia ai mondiali di Spagna. Nonostante la legge Basaglia del 1978, si rappresenta un manicomio che fa ancora uso di elettroshock. Il protagonista non è più Randle Patrick McMurphy, ma Dario Danise, napoletano verace, con un carisma da leader. Intorno a lui ruotano i pazienti controllati da Suor Lucia che prende il posto dell' infermiera Mildred Ratched. Anche la figura dell'indiano viene sostituita dal gigante argentino Ramon Machado che in passato è stato uno dei tanti raccoglitori di pomodori alla mercè di qualche padrone spietato. La scenografia di Gianluca Amodio ricostruisce con cura l'ospedale psichiatrico diviso in due settori a seconda della gravità dei pazienti. Le videografie di Marco Schiavoni sono molto coinvolgenti e sottolineano benissimo alcuni momenti cruciali della storia, insieme al disegno luci di Massimo Palmieri e ai costumi di Chiara Aversano.
Le musiche di Pivio e Aldo De Scalzi come sempre sono sinonimo di garanzia e ondeggiano tra pagine cupe ad altre decisamente delicate, senza tralasciare venature più blues. Il cast è ottimo e a parte qua e là delle piccole cadute nel macchietistico (calcando la mano sull'uso del dialetto) i personaggi sono interpretati con grande passione. A cominciare dal carismatico Daniele Russo (Dario Danise) che ha donato le giuste sfumature al suo ruolo. Energico, vitale, sicuro e spavaldo, anche sensibile, poi inerme e senza più personalità. Viviana Lombardo è una perfetta e spietata suor Lucia, esalta la sua freddezza e rigidità anche con un uso ben calibrato della voce. Gilberto Gliozzi delinea un ottimo Ramon Machado , personaggio chiave della storia, prima chiuso nel suo silenzio che poi esplode in momenti di dolce umanità. Strepitosi tutti gli altri pazienti, ognuno con la propria lucida follia, a cominciare da Mauro Marino insieme a Giacomo Rosselli, Emanuele Maria Basso, Alfredo Angelici, Daniele Marino.
Frizzante Gaia Benassi nella doppia parte dell'Infermiera Spina e Titty Love, bravi Sergio Del Prete ( Dottor Graziano Festa), Antimo Casertano (Assistente Lorusso) e Renato Bisogni (Assistente Esposito). Uno spettacolo ben riuscito, curato attentamente e denso nei suoi 160 minuti. C'è spazio per la risata e ovviamente non mancano i momenti più poetici e toccanti. Un ritratto spietato di una società che ha sempre considerato il diverso come un pericolo, perché come cantava Cristicchi: "I matti sono punti di domanda senza frase, migliaia di astronavi che non tornano alla base, sono dei pupazzi stesi ad asciugare al sole, I matti sono apostoli di un Dio che non li vuole".
A fine recita tantissimi applausi da una sala come sempre gremita. Prossimo appuntamento con "Il Crogiuolo" di Arthur Miller dall'8 all 11 dicembre, interpretato da Filippo Dini che ne cura anche la regia.
Articolo del
06/12/2022 -
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