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A più di dieci anni dalla loro formazione e dal loro primo album, i Lali Puna sono oramai una delle formazioni più rappresentative di quella scena musicale nata in Germania, più o meno a metà/fine anni Novanta, definita indietronic (o indietronica oppure ancora indietronics) che poi, per essere chiari, non è altro che un mix di musica elettronica, pop e rock (leggi anche electropop) servito naturalmente in chiave indie. L’uscita di “Our Inventions” (Morr Music, 2010) è stata per noi una buona occasione per metterci sulle tracce del gruppo tedesco. Per saperne qualcosa di più abbiamo intervistato Christian Heiß e Markus Acher (componente anche dei Notwist) che assieme a Valerie Trebeljahr e Christoph Brandner (parte anche dei Tied & Tickled Trio) formano la band di Monaco di Baviera. Buona lettura.
A distanza di sei anni da “Faking The Books” (2004) e a cinque da “I Thought I Was Over That” (2005) - lavoro di inediti, remixes e b-sides - , è uscito da qualche mese questo nuovo lavoro intitolato “Our Inventions” (2010). Beh, la prima cosa che mi viene da chiedervi è: che cosa avete fatto e che cosa è accaduto in questi anni di assenza?
(Christian) Da un lato, come saprai, Valerie e Markus hanno avuto un figlio quattro anni fa quindi molto del loro tempo è stato necessariamente dedicato alla crescita del bambino. Dall’altro lato, Markus ha registrato un nuovo album con i Notwist (“The Devil, You and Me”), album che hanno anche portato in giro in tour per diverso tempo. Inoltre molti di noi hanno diversi progetti paralleli di cui occuparsi. Ci siamo, infatti, dedicati alle nostre altre band così come ai lavori da registrare in studio per il teatro o il cinema. Ecco, dunque, spiegate le due ragioni principali di questi anni di assenza.
“Our Inventions” è un disco che racchiude oltre dieci anni di esperienze. Un album abbondantemente “pensato”, introspettivo, meticoloso e pieno di dettagli sonori in cui riuscite a trovare il giusto equilibrio tra forma canzone e musica elettronica. Mi pare di capire, però, che sono lontani i tempi di Tridecoder (1999) in cui tutto era, come dire, così istintivo e immediato.
(Christian) Beh, speriamo di aver conservato ancora qualcosa di quell’istinto e di quella spontaneità, perché è proprio quello il modo in cui noi cerchiamo di fare musica. Ciò nonostante, come hai già ricordato, sono trascorsi oltre dieci anni dalla realizzazione di “Tridecoder” e naturalmente molte cose sono cambiate, sia nella nostra vita privata sia nel mondo intorno a noi e probabilmente tutto questo si riflette anche nella nostra musica. Nel corso di questo processo abbiamo sicuramente provato a fare un passo avanti mantenendo il sound, lo stile, dei Lali Puna.
(Markus) Quando abbiamo cominciato la carriera come Lali Puna tutto veniva fuori dai lavori che avevamo registrato da noi e dalle prove. Suonavamo con un campionatore, un drumcomputer, due tastiere, un basso e la batteria. Tutto era molto limitato e di conseguenza anche molto minimale, ma ci piaceva parecchio. Adesso abbiamo molte più possibilità, registriamo in sala di incisione e la maggior parte delle canzoni è arrangiata in studio e questo le rende molto più dettagliate e raffinate. Forse per i nostri prossimi lavori cercheremo di tornare a fare delle registrazioni con un approccio più immediato e diretto (live music making) come agli esordi. Il nostro stile è un continuo andare e venire.
“Our Inventions” è un piacevole mix di elettronica e pop, con melodie riposanti e in parte anche vivaci, il tutto supportato come sempre dalla voce avvolgente e rassicurante di Valerie e da testi che in qualche modo sembrano riflettere il ritmo frenetico e alienante di questo tempo, di questa società. Canzoni apparentemente tranquille insomma che, nonostante una latente e diffusa malinconia, riescono tuttavia a trovare anche dei margini di speranza o, forse, di semplice illusione.
(Markus) Per me “Our Inventions” è un disco molto personale mentre “Faking the Books” era un lavoro più estroverso. Queste nuove canzoni sembrano molto più calme e tranquille, ma è solo la prima impressione a livello acustico. Se le ascolti con maggiore attenzione e più volte, puoi riconoscere immagini e fatti che disturbano e che distraggono.
Da dove nasce questa vostra esigenza comunicativa, diciamo, così disturbata e così carica di ansie e di preoccupazioni? Forse dal fatto che, venendo da un piccolo paese, avvertite maggiormente il peso della modernità e del progresso?
(Markus) Credo che questo non abbia molto a che fare con la città da cui proveniamo. Nonostante il fatto che tutti arriviamo da piccoli centri (Valerie è cresciuta in una cittadina vicino Lisbona), viviamo a Monaco da molto tempo ormai e conduciamo la tipica vita urbana.
In “Our Inventions” collaborate anche con la Yellow Magic Orchestra di Yukiro Takashi. Come è nata l’idea di questa collaborazione?
(Markus) Yukihiro Takahashi ha contattato Valerie per collaborare con lei e per farla cantare in due brani del suo ultimo album. Siccome le canzoni ci sono piaciute davvero molto (Valerie ha scritto i testi e suonato le tastiere), abbiamo deciso di registrare una diversa versione di uno dei brani e inserirla anche nel nostro disco. Oltre che con Yukihiro siamo stati molto felici di aver avuto la possibilità di collaborare con l’intera Yellow Magic Orchestra.
Come definireste “Our Inventions”?
(Markus) È un disco incentrato sul come le nuove tecnologie, soprattutto internet, cambiano le nostre vite e il nostro modo di comunicare, e anche quello degli uccelli. (Ndr: ironica allusione al testo della title track, "Our Inventions")
Ora, invece, facciamo un salto nel passato. Sono passati più di dieci anni dalla vostra formazione. Bene, cosa resta nella vostra testa dopo tutti questi anni?
(Markus) Principalmente cose positive: molti bei concerti, molte persone interessanti incontrate grazie alla musica e la possibilità di viaggiare e recarci in molti luoghi in cui probabilmente non saremmo mai stati, come il Giappone per esempio.
Alla luce delle vostre esperienze ci sono cose che non rifareste?
(Markus) No.
La vostra crescita artista è in qualche modo legata al vostro sodalizio con la Morr Music, e viceversa. Quanto è importante nel prosieguo di una carriera artistica l’incontro con certe etichette indipendenti “a misura d’uomo”?
(Markus) Thomas (Nrd: Thomas Morr fondatore della Morr Music) è davvero un buon amico e siamo stati fortunati a incontrarlo. Ho sempre lavorato con etichette indipendenti e per me non ci sono alternative. C’è bisogno di persone non interessate al marketing ma alla musica in quanto tale, in grado di fare questo lavoro come se fossero dei fan. Non c’è nulla di nuovo ed è abbastanza noioso da dire, ma è l’unica strada che per me funziona.
Tutti i vostri dischi sono dei piccoli gioielli di avanguardia e di sperimentazione pop, basti pensare al già citato “Faking The Books” del 2004 e a “Scary World Theory” del 2001 che vi hanno fatto assurgere all’olimpo di quel movimento oramai noto come “indietronic” (o “indietronica” oppure ancora “indietronics”). Una bella soddisfazione o soltanto un’altra definizione dei critici?
(Markus) Non abbiamo nulla contro la parola “indietronics”, anche se questa definizione copre solo una parte della nostra musica. Abbiamo sempre visto la nostra band come una band di elettronica: partendo proprio da lì, credo ci siano moltissime possibilità in questa costellazione, ma non tutto suonerà come “indietronics”.
Da “Scare World Theory” il regista italiano Paolo Sorrentino ha estrapolato e poi inserito due vostre tracce nella colonna sonora del suo film “Le conseguenze dell’amore” che, indubbiamente, hanno esaltato certe atmosfere così malinconiche e così alienanti del film. Ecco: quando componete c’è qualcosa, un’idea o un pensiero, di “cinematografico” nella vostra musica?
(Markus) Inizialmente quando scriviamo una canzone non pensiamo inizialmente a un film. Partiamo semplicemente da quello che ci piace. Talvolta però capita che il nostro mood e il nostro sound possano rappresentare in modo molto efficace delle immagini. Ecco perché siamo felici che la nostra musica sia stata inclusa nel film “Le conseguenze dell’amore”. È molto bello tutto questo. Il fatto che un nostro pezzo sia stato inserito in un film così bello, tutto acquista all’improvviso un nuovo significato. Ci piacciono queste situazioni e forse un giorno faremo proprio musiche originali per altri film.
C’è un tipo di cinema o un regista che preferite particolarmente e che, forse, vi rappresenta meglio di altri?
(Markus) “Le conseguenze dell’amore” mi sembra davvero perfetto.
Mi pare di aver letto che tra i vostri estimatori ci siano nientemeno che i Radiohead. Puoi dirmi qualcosa in più?
(Markus) Dopo il primo album, Colin Greenwood, il bassista dei Radiohead, disse che gli era piaciuto il nostro disco e così venne a un nostro concerto, a Manchester, per suonare con noi. Fu molto bello averlo lì e comprò anche diversi dischi.
Invece voi avete qualche particolare debolezza per una o più band, per una specifica scena musicale o, semplicemente, per certi dischi?
(Markus) Mi piace molto quello che sta venendo fuori da Los Angeles, come Lucky Dragons ma anche quello che ruota intorno alla Dublab Radio Network, ad esempio Ras G, Flying Lotus, Koushik e tutti gli Stones Throw Records. Inoltre, ascolto tanti dischi anni ’60 e anche più vecchi che compro nei negozi di dischi quando siamo in tour.
Come sta andando il tour e come sta reagendo il pubblico?
(Markus) Il tour sta andando molto bene. Le persone sembrano apprezzare e a noi piace suonare ancora questi pezzi dopo così tanto tempo, e non vediamo l’ora di suonare in Italia.
State per caso pensando a un altro album oppure dovremo aspettare altri sei anni?
(Markus) Innanzitutto ci sarà un EP, con molte canzoni e remix, e poi vedremo. Cercheremo di essere più veloci.
Chiudo questa intervista con una domanda banale ma che mi incuriosisce: perché avete scelto come nome Lali Puna?
(Markus) Lali era il soprannome di Valerie da bambina, Pusan è la città in cui è nata. Non riuscivo a ricordare il nome corretto della città così ho suggerito Puna ed è rimasto quello.
Grazie per la disponibilità e buona fortuna!
(Markus) Prego e grazie a voi per l’intervista. Vi auguriamo il meglio!
(pubblicato per gentile concessione di www.musicletter.it)
Articolo del
10/06/2010 -
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