|
Proprio come l’animale da cui prende il nome Iggy Pop, l’Uomo di Detroit, l’Iguana del Rock, fondatore dei seminali Stooges nel 1967, continua a cambiare pelle e colore. Infatti, malgrado i 63 anni compiuti, e una vita di abusi e di eccessi di ogni genere, lo troviamo di nuovo in tour come Iggy & The Stooges, ad eseguire dal vivo il Rock scorticato e potente di Raw Power, dopo che soltanto un anno fa aveva sorpreso tutti con un disco come Preliminaires, fatto di atmosfere quiete, di ballate acustiche e di riedizioni di jazz standards. Non corri il rischio di arrivare con il tempo ad una forma di “doppia identità”, una schizofrenia artistica dalla quale poi non sai più come uscire? E’ vero. E’ una osservazione giusta. Il fatto è che sento una sorta di responsabilità verso gli Stooges. Non solo come musicisti, come amici, ma anche nei confronti di quel suono. Voglio tenerlo vivo, in un modo o nell’altro. Potrei forse abbandonare gli Stooges al loro destino? E poi che succederebbe se gli altri della band dovessero decidere di prendere al posto mio uno come Bret Michaels (il vocalist” dei Poison, gruppo di Hair Metal che l’Iguana sembra non gradire molto) come nuovo cantante? Ti immagini che guaio sarebbe?! No, io non permetterò mai una cosa del genere. Fin quando esisteranno gli Stooges, allora sarò io il loro front man, e sarà sempre Iggy & The Stooges! Hai mai pensato di portare in tour, magari in un teatro, le canzoni di “Preliminaires” più qualche altra tua “slow ballad” tratta magari da “Avenue B” o da “American Caesar”?
Sì, certo che ci ho pensato. Non sarebbe proprio una cattiva idea. Ma adesso ho troppi impegni, non ne avrei il tempo. Però stai pur sicuro che è una cosa che voglio fare, e che di sicuro farlo, se mi sarà concesso il tempo, prima di morire...
E’ stato difficile riformare gli Stooges dopo la morte di Ron Asheton? In molti pensavamo che dopo quel tragico evento fosse definitivamente finita...
La morte di Ron ci ha lasciato attoniti, senza parole. E’ un pensiero terribile e ricorrente, che riusciamo a cacciare via solo suonando la nostra musica, quella degli Stooges, che poi era anche la sua. Andiamo avanti anche per lui, sicuri che lui lo vorrebbe.
Ci ritroviamo adesso con una nuova edizione di Iggy & The Stooges, con James Williamson che è tornato e che - adesso come allora - ha preso il posto che era di Ron Asheton alla chitarra elettrica. E’ stato difficile convincerlo?
Lui ti risponderebbe di sì. Invece io ti dico di no. Ci ha pensato un po’ sopra, e alla fine ha risposto di sì. Secondo me non sopportava più il suo lavoro (ingegnere informatico, Silicon Valley tanto per intenderci), inoltre c’è stato un calo sia nelle vendite che nella produzione, e alla fine ha deciso di lasciar perdere. Sai, in un certo senso, la crisi economica che c’è negli U.S.A. ha aiutato gli Stooges! In tour eseguite le canzoni di “Raw Power”, album storico del 1973, che è appena stato pubblicato in una “Legacy Edition” che prevede un doppio cd e una nuova masterizzazione...
Non aggiungere altro! So dove vuoi arrivare. Lo ammetto. E’ stata tutta un’operazione di marketing. Noi non c’entriamo molto. La Sony Music in un certo senso ci ha costretto. Se volete far uscire il disco un’altra volta, allora dovete decidervi a collaborare con noi! Vi limitate a riproporre brani di quel periodo o state lavorando anche a nuove canzoni?
Abbiamo già composto qualche brano, ma dovremmo trovare il modo di rifinire bene quel che abbiamo scritto in uno studio di registrazione. Il fatto è che non abbiamo mai il tempo necessario per farlo. Siamo sempre in tour!
Con quale criterio scegliete i brani che finiscono poi nella scaletta dei vari concerti?
Abbiamo trentaquattro canzoni in tutto, fra Raw Power, qualche brano dei due album precedenti, qualche pezzo che è uscito soltanto su bootleg e le canzoni di Kill City, un disco che non ha mai ricevuto in passato l’attenzione che meritava. Ogni sera scegliamo all’interno di questo repertorio. Il tuo pubblico è cambiato nel corso del tempo. Si vedono molti giovani ai tuoi concerti...
Vedi, gli altri li ho stancati, li ho sfiniti, sempre lì ad ascoltare le stesso cose.. Invece i ragazzi hanno conosciuto da poco gli Stooges, magari anche attraverso le possibilità che offre Internet. Hanno più occasioni di scegliere rispetto alla generazione che li ha preceduti, e hanno deciso di orientarsi verso di noi.. A me sta bene così!
In base alla tua esperienza hai qualcosa da dire a quanti incontrano adesso gli Stooges o in genere alle nuove generazioni?
Noooo, per carità! Io sono l’ultima persona al mondo in grado di dare suggerimenti o consigli! La vita è la loro, che la vivessero come gli pare. Sono stanco di parlare di come va il Mondo, e poi - anche se lo facessi - direi solo delle stronzate…
Non ti sembra strano adesso ricevere tutte queste attenzioni, dai media, dal pubblico, quando invece una volta eri l’uomo da odiare, da non imitare?
Sono stato sempre maltrattato dai media negli anni Settanta, però adesso mi adorano, mi chiedono interviste, mi chiedono di posare per delle foto, o mi offrono dei ruoli nel cinema. Non sono riusciti a distruggermi, allora hanno deciso di offrirmi una fetta della torta. Tutto qui. Ti confesso però che la cosa mi diverte molto. Che cosa fai nelle pause del tour oppure quando decidi che vuoi rilassarti un pò?
Colleziono arte, anche se non su vasta scala. E poi mi dedico alla lettura di libri che hanno significato qualcosa per l’Umanità intera. Adoro i grandi classici della letteratura, e i libri di storia.
E che che cosa stai leggendo adesso?
Un libro pressoché sconosciuto ai più giovani, che invece farebbero bene a leggerlo. Si intitola Democrazia in America di Alexis de Tocqueville, un testo della metà dell’Ottocento che però è estremamente attuale. Parla sia della forza che della debolezza della Democrazia e della sua tendenza a degenerare in una forma di dittatura morbida, che è poi quello che sta succedendo adesso. La tirannia esercitata da quelli che la pensano tutti in uno stesso modo, la dittatura della maggioranza silenziosa, che cerca solo e soltanto una sicurezza materiale. E’ quello - insieme al potere esagerato dei media - il vero problema. Un buon libro è quello che riesce ad estrarre da te un qualcosa che già possiedi nell’animo. E’ successo questo con la lettura di “La Possibilità di un’Isola” di Michel Houllebecq, il testo da cui hai preso ispirazione per comporre i brani di “Preliminaires”, il tuo ultimo album solo?
Sì, è andata così. Mi sono riconosciuto in quel libro perché parlava di sesso, di morte e della razza umana più in generale. Tutte cose che mi interessano molto, da sempre. Inoltre mi ha dato anche qualcosa in più, mi ha insegnato a non aver paura della mia fragilità, della mia vulnerabilità, mi ha dato qualche strumento in più per accettarla. Come ti difendi dal tuo essere un personaggio pubblico, dagli attacchi e dalle pretese della notorietà?
Passo molto tempo da solo, o mi ritiro da qualche parte con la mia compagna Nina. Comunque la cosa che più mi infastidisce sono i clichè. Mi vedono come un classico personaggio del Rock il vocalist trasgressivo e selvaggio. Una volta per un annuncio pubblicitario volevano usare la mia immagine per rivolgermi ad un pubblico giovane. Avrei dovuto esordire dicendo “Hey dude!”, in un tipico gergo del rock and roll, ma mi sono rifiutato. Io non parlo così! E se ti chiedessi come sei riuscito a superare la tua fase autodistruttiva, l’autolesionismo e una buona dose di nichilismo che ti contraddistingueva negli anni passati?
Ho imparato a stare al mondo. Vedi, mi interessano i posti in cui vado, le persone che incontro e considero importanti dettagli che prima trascuravo. Tutto questo mi tiene vivo, mi mantiene in forma. E mi ritengo fortunato, perché godo di una certa libertà anche sul piano della disponibilità economica, cosa che mi permette di poterlo fare.
(La foto di Iggy Pop a Monaco è di Giancarlo De Chirico)
Articolo del
20/07/2010 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|