|
Marco Parente, uno dei cantautori più originali della scena italiana ha scambiato quattro chiacchiere con noi sull’uscita del suo nuovo lavoro La Riproduzione Dei Fiori disponibile dal 7 marzo per la neo etichetta indipendente Woland.
Benvenuto su Extra Music Magazine!
Grazie!
Il tuo nuovo e sesto album prende vita dal tuo progetto teatrale Il diavolaccio, giusto?
Beh sì, si può dire che è l’altra faccia, la summa di 5 anni di pazienza passati soprattutto a preservare l’istinto, che è la cosa più importante per me. L’istinto nel senso che è la prima cosa … la prima sensazione è sempre più o meno quella più giusta, sia per quanto riguarda il mio lavoro e sia per quanto riguarda il parlare o il giudicare e l’essere attraversato dal lavoro di altri e da tutto il resto. Il diavolaccio lo è per un verso perché racchiude tutti i brani che sono anche nell’album nuovo … in un’altra situazione. Il diavolaccio nasce come opera teatrale, definita da me come ‘operina’ moderna ; una è nata come sentire e vedere quelle canzoni lì e diciamo anche la storia che c’è intorno, l’altro invece è esattamente solo per sentire, quindi questo qui è proprio un disco, come lo si faceva una volta … e non intendo tanto il supporto ma quello che portava a selezionare un determinato materiale, non avere a disposizione tutto quel tempo che normalmente hai in un cd, anzi, alla fine siamo andati quasi a cottimo, perché più brani c’erano e meglio era. Comunque dopo aver anche dichiarato con il diavolaccio che io sono una pubblicazione vivente, questa sorta di manifesto programmatico che prendo molto seriamente, forse ho capito che in questa barbarie della comunicazione e dei mezzi siamo al fallimento, allora ho detto questo vale al fallimento …. io continuo chiaramente a fare quello che voglio fare, allora sono io stesso la pubblicazione vivente ….. e ogniqualvolta che ci siano una, due, dieci, cento, mille persone davanti a me, nel momento in cui io faccio quella cosa lì, sto pubblicando e il manifesto programmatico finiva col dire che questo non significa che io non farò mai più dischi nella mia vita ma quando li farò è anche per una sorta di nostalgia sana, perché io sono nato come musicista, anzi sono nato proprio per fare dischi. Ho fatto il musicista perché un giorno speravo di poter fare un disco, quindi mi piace tanto tutto quello che è il lavoro, il lavorio che c’è dietro per costruire un disco, quello che poi metto in discussione è il filtro dalla stampa in poi, però tutto questo mi ha preservato, mi ha fortificato e si sono create le condizioni giuste per fare finalmente questo disco e ora sono disposto a rientrare esattamente nei luoghi da dove me ne ero andato, anche come dire, mettiamo i puntini sulle i, questo è un disco, non so se ce ne sono tanti e chiaramente ora sono disposto a difenderlo, prima difendevo me che dovevo farlo, ora difendo quello che ho fatto. Quindi sì, il diavolaccio è assolutamente la title track del disco, il primo brano del disco, anzi tutto è partito come convincimento nel momento in cui è nata quella canzone lì.
La riproduzione dei fiori, titolo dell’album,nonché del primo estratto, da dove salta fuori?
Fino a due ore prima di chiudere la masterizzazione cioè l’ultimo processo da cui non si torna più indietro, non avevo deciso il titolo, quindi La riproduzione dei fiori è un titolo come un altro ed è la prima volta per me, perché io di solito parto dal titolo, da un concetto, qui non c’è concetto. Ci sono 11 canzoni pure, quello è stato il lavoro, ognuna è indipendente dall’altra. Chiaramente all’interno di un disco fanno forte il disco stesso, quindi ”La Riproduzione Dei Fiori” non ha un concept, non è un concetto ma alla fine dei conti ben rappresenta un tipo di approccio nel lavoro, un nuovo tipo di leggerezza, tra virgolette anche di positività e poi ritorna questa parte della pubblicazione, quindi della riproduzione e della serialità di un fiore piuttosto che di un essere umano e tutto ciò mi sembrava un bell’esempio per rappresentare le 11 tracce autonomamente … e mi piace l’aspetto del fatto del fiore che si riproduce autonomamente, quasi sempre, perché è qualcosa che nasce senza far rumore, è dalla bellezza che nasce senza che tu debba motivarla o spiegarla, quindi nasce senza la parola, senza il pensiero, nasce una cosa. È il prodotto di qualcosa, della natura, del mondo, dell’universo, non so di cosa sia, però senza troppe spiegazioni … questo mi piaceva, non dover spiegar più niente, forse non c’è proprio niente da spiegare, da cercare, da motivare … c’è da cavalcare, quello sì, da camminare e quindi il fiore nella sua riproduzione era un buon esempio per rappresentare tutto questo.
Il video del singolo ha pure una b-side, “Calma”, un inedito video arrangiamento dove da una parte troviamo una brano scarno e dall’altra un video che a colpi di immagini sostituisce l’arrangiamento musicale creando così un legame unico tra ciò che si vede e ciò che si ascolta, conferendo al tutto un senso compiuto, una bellissima idea, com’è nato questo sodalizio fra musica e immagine?
Questo è nato davvero casualmente nel senso che non era nato con quello che invece poi è diventato, il concetto, un’idea del video-arrangiamento. Nasce due anni fa, io avevo delle canzoni in forma di provino e quelle son rimaste e insieme a delle persone, Mengoni, Ruggero, insomma dei video maker o comunque chi lavorava nella forma immagine, abbiamo iniziato a giocare e proprio alla fine delle riprese di Calma ho avuto una sorta di illuminazione , ho capito il concetto di quello che avevamo fatto che non era un clip, non era una videoinstallazione, non era video art, non di tutto questo …. e l’esempio che avevamo a disposizione era comunque una canzoncina, una canzone nuda e cruda, come dice il comunicato. Questa canzone piuttosto che avere un arrangiamento musicale ha avuto un arrangiamento visivo … e io ho detto “Questo è video-arrangiamento!” nel senso che la camera era come una batteria, un arco, un basso, una chitarra etc. … e ti assicuro che sentire quella canzone senza vederla non è la stessa cosa, non produce lo stesso effetto …. e lo stesso vale per il video, non regge. Quindi le due cose si sono compenetrate e secondo me ne ha dato una strana forma da approfondire …. che stiamo già approfondendo, c’è un originale e in questo caso l’abbiamo sfruttata come b-side, che è una b-side video e già questo è originale, però lo è ancor di più ciò che abbiamo fatto sul video, cioè destinare al video-arrangiamento un concetto che tra l’altro stiamo portando avanti e tra un mesetto forse ce ne sarà un altro … però poi quello avrà un’altra sede che non è quella della b-side … e magari fare una mostra.
”Com’è dolce naufragare in questo mare” .. è un chiaro riferimento al Leopardi, così come il mal di fiori è un riferimento a Baudelaire, tu ribalti la situazione e al contrario dei poeti del pessimismo cosmico rendi il dolore fuori moda, tutto questo è un invito a non mollare e a lottare fino a che ognuno di noi viva la propria vita al meglio delle proprie possibilità
Sì, perché alla fine non è uno sminuire il valore del tragico o del dolore nel senso profondo del termine, del buio, dell’oscurità, no, però è arrivare ad una consapevolezza che ogni problema è un falso problema perché non ci rimane che vivere e questo vuol dire vivere davvero, soffrendo certo, però relegando il dolore estetico, perché è di quello che si parla, che non è un’ironia a Baudelaire ma un’ironia su chi vuol vedere in Baudelaire solo una certa cosa … Baudelaire era un intellettuale incredibile, una figura totale, non è una critica né a lui né al Leopardi, che sono due sommi poeti più importanti in assoluto chi in un’epoca chi in un’altra oltre non si va perché hanno detto tutto e hanno fatto tutto però hanno anche vissuto tutto ecco, quello che mi sembra che si assorbe oggi è come al solito la parte di costume e questa la trovo una sciatteria e una mancanza di rispetto verso la grandezza di certe cose …. e poi perché no, dopo tutto vedere il dolore come una moda fuori moda può anche far vedere il bene sotto un’altra luce, che non è quella del buonismo ma della consapevolezza …. e come diceva Ferlinghetti in un suo poema, una frase bellissima … “Vivere bene è la miglior vendetta ”. Inoltre il mal di fiori è anche una frase ispirata da uno degli ultimi poemi di Carmelo Bene.
“Fatti il bene, fotti il male “, questa frase si potrebbe definire come il manifesto che riassume in pieno il mood del disco e anche del tuo modo di vivere?
No, cerco di preservare la mia intimità . Certo, tutto è autobiografico in un’artista però sono quelle cose che al momento in cui le pensi e gli dai una forma non sei più tu che lo fai … l’opera d’arte si distacca da te … ed è lì che ti aspetta che tu la prenda ma è sempre lei …. ritorno purtroppo sempre al grande Carmelo ma “Nessuno è autore di niente”, si è quella cosa lì, in questo senso è autobiografico ma è anche il fatto che le canzoni come qualsiasi gesto o atto artistico esistono a prescindere da te … quindi non sono io che mi faccio paladino di questa cosa, non lo faccio nemmeno in un senso di dottrina, non voglio insegnare a nessuno, dare consigli, assolutamente … semplicemente mi faccio portatore di qualcosa che ho e che qualcuno ha voluto che intuissi e dargli una forma.
L’imprevedibilità e l’originalità sono da sempre le tue carte vincenti …..ci riservi qualche altra sorpresa?
Sempre! Non abituatevi mai a niente . Dal momento in cui vi sarete abituati vorrà dire che sono un po’ stanco.
Grazie di cuore per la tua disponibilità e collaborazione.
Grazie a voi!
Articolo del
09/03/2011 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|