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La Passante baudeleriana è Giulia Sarno, singer-songwriter di questo progetto nato nell’estate 2006 a Palermo. Amante della poesia, della letteratura e dell’arte in ”More Than One In Number” possiamo trovare tutti questi elementi tramutati e trasformati in deliziose armonie. 12 tracce che la ‘Passante Giulia’ e il suo ensemble ci conducono per le strade di qualsiasi luogo che vorremmo visitare. È difficile collocare questo disco dentro ad un genere ben definito; un po’ pop, folk, swing, jazz, blues, è un concentrato di suoni e sperimentazioni dove la voce e la chitarra di Giulia sono sempre in primo piano sfociando in una spontaneità assoluta. Tutti i testi sono cantati in inglese, lingua internazionale per eccellenza per ogni viaggiatore-esploratore che si accinge alla scoperta di questo lavoro, trovando sicuramente la naturalezza perduta mixata alla voglia di creare qualcosa di nuovo ed originale. Con questo primo LP abbiamo la dimostrazione che quest’arte musicale diventa veicolo di emozioni e sensazioni per ognuno di noi e con grande stupore aspettiamo la seconda tappa di questo incantevole viaggio. L’abbiamo incontrata prima di una sua esibizione live e abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lei.
Ciao!Benvenuta su Extra Music Magazine! Il tuo nome d’arte, unePassante è un chiaro richiamo a Baudelaire e alla tua traduzione dal francese all’inglese della poesia “A une Passante”, quindi letteratura e poesia sono dei punti chiave nella tua vita e nella musica?
La letteratura è stata il mio primo amore. Fin da ragazzina mi sono infatuata di Baudelaire e l’ho studiato durante tutta la mia formazione letteraria, ho avuto anche l’occasione di poter studiare con Antonio Prete, uno dei maggiori critici di Baudelaire in Italia, anche curatore della sua traduzione per Feltrinelli e mi piace l’idea di poter coniugare la mia passione per la letteratura alla mia attitudine alla musica perché vedo tutto questo come un tutt’uno.
Hai scelto di comporre i tuoi testi in inglese, lingua musicale e armoniosa, inoltre è a mio avviso la lingua d’eccellenza per ogni viaggiatore e perfetta per questo disco dato che tu ti senti una cittadina del mondo senza fissa dimora giusto?
L’inglese è da sempre stata la lingua che amo molto anche perché ascolto tantissima musica anglosassone e mi viene naturale scrivere seguendo questa metrica perché non mi sento particolarmente legata all’Italia e usando l’inglese voglio pormi verso il panorama musicale internazionale globalizzato, d'altronde è quello che facciamo come ascoltatori e non vedo perché non farlo come artisti, dato che non credo che ci sia oggi in Italia qualcuno che non ascolta musica inglese e ascolta esclusivamente musica italiana, ci sono tanti gruppi non anglosassoni che cantano in inglese e nessuno si è mai sognato di chiedergli perché non cantano nella lingua madre, non credo sia necessario cantare nella lingua con cui si è cresciuti, a maggior ragione se musicalmente siamo cresciuti con quell’altra lingua.
Com’è nata l’idea di inserire una ghost track, davvero deliziosa dove tu canticchi sotto la doccia?
Quella è stata un’idea mia, che ho realizzato con il mio ragazzo, a casa sua, abbiamo messo due microfoni in bagno, io ho fatto la doccia e ho cantato una canzone che canterò stasera, che però non è entrata nel disco perché l’avevo scritta dopo che questo era finito e che probabilmente entrerà nel secondo. In realtà non volevo lasciare il silenzio tra l’ultima traccia e la ‘ghost track’ perché mi sembrava un espediente abusato e mi sono chiesta che cosa fossero le ghost track e cosa ci fosse in realtà dietro a quel silenzio e ho semplicemente voluto creare quella cesura tra l’avventura in studio della produzione del disco con un qualcosa che appartenesse soltanto a me stessa, alla sfera privata.
Il vostro sound si potrebbe definire sperimentazione–spontanea? E da dove traete ispirazione?
Sperimentazione spontanea non mi sembra appropriatissimo nel senso che credo poco nella spontaneità, credo nel lavoro, nel provare e riprovare soluzioni ed intuizioni che non sono più spontanee nel momento in cui ti confronti con altre persone, diventando già altro, l’arte non è spontaneità, ovviamente può avere una radice spontanea come ogni idea ma nel momento stesso in cui vuole farsi arte incontra la forma, incontra la necessità della comunicazione che passa dalla costruzione. I nostri punti di riferimento da cui traiamo ispirazione sono vari perché apparteniamo a percorsi musicali disparati, quindi io posso parlare per me, le mie radici affondano nei Radiohead, in Bjork, che è stata uno dei miei primi amori, poi c’è chi ascolta più jazz, funk etc..
Piccola curiosità; dentro al vostro Lp troviamo una fantastica illustrazione che ritrae tutto il gruppo e tutti i collaboratori che hanno partecipato e dato vita a questo lavoro, che esalta esattamente l’idea della pluralità di menti in un unico progetto comune … insomma, questa unione è sicuramente la forza del disco
Sono d’accordo e mi piace che tu lo abbia sottolineato e lo abbia notato perché è proprio questo quello che abbiamo voluto creare, l’incontro di una pluralità di punti di vista musicali cercando di ridurli il meno possibile, costringerli il meno possibile dentro gabbie di genere, quindi lasciando ampia libertà a tutti i collaboratori e spero che sia proprio la forza dell’album e non una sua debolezza, io preferisco un po’ di centrifuga di elementi e non le solite tesine svolte su un tema stabilito, poi ovviamente saranno gli ascoltatori a decretare se sia una forza o una debolezza.
Ultima domanda, a quando il prossimo lavoro?
Non abbiamo ancora date precise ma sicuramente entro la prima metà del 2012!
Grazie mille per la disponibilità e gentilezza.
Grazie a te!
Articolo del
30/04/2011 -
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