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In una classica mattinata estiva romana, la location dell’Hotel Locarno a due passi da Piazza del Popolo è la cornice perfetta - grazie anche alla mediazione di Goodfellas - per incontrare Dr. Robert, leader dei Blow Monkeys e parlare un po’ del loro ultimo album “Staring At The Sea” oltre a soddisfare qualche curiosità personale.
Ciao Robert, benvenuto su EXTRA! Music Magazine, siamo molto contenti di averti sulla nostra rivista.
Ciao Daniele, grazie.
Allora, partiamo con alcune domande sul vostro nuovo album “Staring At The Sea”: come è nata l’ idea?
Intanto è il nostro secondo album dopo la reunion dal 2007. Per “Staring at the Sea” abbiamo avuto un budget più alto rispetto al precedente e ci siamo ritrovati a lavorare con un grande produttore come Bob Rose; riguardo alle canzoni invece, le ho scritte in circa sei mesi.
E come è stato lavorare con un produttore del calibro di Bob Rose?
È stata la prima volta che lavoravamo con lui e ci siamo trovati molto bene; io ero ormai abituato praticamente ad autoprodurre i miei album da solista, quindi questo mi ha semplificato ancora di più le cose.
Ho letto in giro per la rete che ora vivi in Spagna e sembra che passi parecchie sere sotto le stelle a scrivere testi e suonare la chitarra con artisti del luogo.
Sì è vero, ora vivo in un piccolo paesino dell’Andalusia, un posto sperduto e rurale. Mi piace suonare con artisti del posto, riesco a sentirmi me stesso quando a volte mi passano la chitarra e mi chiedono “Dai Robert, facci un po’ di blues “ e io suono senza accorgermi del tempo che passa. È un’ esperienza fantastica per me, qualcosa che in Inghilterra non potrebbe mai accadere, lì la gente è molto più fredda e riservata.
Proprio per questo, ritornando all’ album, mi è sembrato di percepire un’ atmosfera molto introspettiva, senza contare poi che sono presenti alcune sonorità spagnoleggianti.
Sì, l’album è stato influenzato parecchio proprio dai miei ultimi anni trascorsi in Andalusia, i paesaggi che ho attraversato, tutto ciò che ho potuto vedere e vivere.
Infatti il disco è pieno di ballate.
Certo, il prossimo invece sarà più ritmico.
Ma è vero che vivi senza TV e senza radio?
Assolutamente senza televisore e senza elettricità. La radio invece sì, ho un piccolo generatore a cui la collego e ogni tanto mi piace ascoltare BBC 6. Mi piace molto questo tipo di vita; ho vissuto per molto tempo in Inghilterra e poi abbiamo deciso con mia moglie di cambiare radicalmente la nostra vita venendo in Andalusia. Una delle cose che adoro nella vita è il cambiamento.
Come con la musica? In fondo è praticamente impossibile racchiudervi in un genere musicale, ogni volta avete cambiato pelle.
Esatto, senza cambiamento ci si annoia facilmente.
Hai intenzione di tornare a vivere in Inghilterra in futuro?
Forse quando avrò ottantanni. A parte gli scherzi, un’ idea sarebbe quella di trasferirmi in Africa un giorno, Senegal o Mali ancora non so, ma mi piace tenermi in movimento.
Ultima domanda generale sull’ album: ci sono parecchi riferimenti ad elementi naturali come il vento, il mare, la terra e la pioggia. Come è il tuo rapporto con la natura?
La natura è qualcosa che amo, ed è uno dei motivi che mi ha spinto a vivere in quel posto, ma è qualcosa che dobbiamo imparare a rispettare, noi non siamo che una piccolissima parte di fronte a lei.
C’è qualche cosa di materiale, qualche oggetto, di cui non potresti fare a meno?
La chitarra spagnola e la mazza da cricket, adoro quello sport.
Ora avrei alcune domandine su un paio di testi: per esempio “Killing Breeze” mette in risalto la negatività di un certo tipo di giornalismo. Cosa pensi a riguardo? E già che ci siamo, come consideri alcune tecnologie web, per esempio Facebook e Twitter?
Nel testo mi riferisco soprattutto alla negatività di quel modello giornalistico anglosassone che risalta la cultura della celebrità, tra il gossip e gli scandali, in cui non puoi vivere tranquillamente. Dove vivo ora invece, questo problema non esiste proprio. Per quanto riguarda invece i social network sono un’ ottima cosa, ma non per me: basta guardare per esempio l’ importanza che hanno avuto e stanno avendo nei fatti in Tunisia ed in altri luoghi del Nord Africa, soprattutto tra le nuove generazioni.
Mi hai fatto venire in mente una cosa che avevo intenzione di chiederti; ho letto che sei parecchio attivo nel supporto ad organizzazioni come il Global Exchange, Greenpeace e nella lotta contro la povertà.
Sì, dopotutto con i Blow Monkeys già dagli anni ’80 abbiamo preso una parte politica ben precisa.
Ed infatti anche il testo di “All Blown Down” mette in evidenza la situazione attuale di crisi economica mondiale.
Quando guardo gli occhi delle nuove generazioni mi viene da pensare “Chissà cosa li aspetta nel futuro”; non trovo giusto che debbano pagare loro. Penso che però è necessario un cambiamento radicale, non importa la provenienza politica: per esempio negli ultimi giorni tantissimi ragazzi in Spagna si stanno mobilitando in piazza, un’ onda che parte dal Nord Africa e che sta arrivando in Europa. È qualcosa di nuovo, ma significa che qualcosa deve evolversi.
Proprio riguardo alla vostra capacità di mescolare musica e politica, il vostro album del 1987 “She Was Only A Grocer’s Daughter” è stato uno dei vostri più schierati contro il Partito Conservatore della Thatcher. Cosa pensi oggi del governo Cameron-Clegg?
Penso che sia il ritorno dell’ epoca vittoriana. Eton è uno dei college più importanti che c’è in Inghilterra e Cameron si è formato lì: fin qui nulla da dire, ma il problema è che guardando dall’ altra parte al Partito Laburista, anche lì non c’è quasi più collegamento reale con la working class, la maggior parte di loro si è formata a Cambridge o altre università del genere. Per quanto riguarda il governo attuale, penso che la coalizione sia qualcosa di illegale: i conservatori avevano ottenuto il 28% delle preferenze ed i liberali il 15%, ma nessuno aveva votato per una coalizione fra questi due partiti, per questo penso che non sia democratico. Il prossimo disco potrebbe contenere alcuni brani a riguardo.
Quindi avete già altri progetti pronti per partire?
Il più ravvicinato per ora è quello di promuovere “Staring at the Sea” e portarlo in giro, soprattutto nei piccoli club. Peraltro a luglio verremo anche in Italia a suonarlo, ci stiamo organizzando.
Quali band o album hanno influenzato il vostro modo di fare musica?
Quando ero molto piccolo, le mie due sorelle più grandi mi facevano ascoltare i Beatles, il mio primo ricordo è con “Ticket to Ride”. A parte loro i T-Rex di Marc Bolan sono stati molto importanti, oltre naturalmente alla stagione punk quando vivevo in Australia, coi Ramones in prima fila; la capacità di mescolare musica e politica invece mi deriva da una grossa influenza soprattutto di Jam e Clash.
E se dovessi fare un nome che ti ha colpito nel panorama musicale attuale?
Mi piacciono molto i Fleet Foxes, il loro sound folk e le atmosfere alla Beach Boys, per il resto seguo anche la carriera solista del mio amico Paul Weller. Diciamo che mi interesso di tutta la musica ad eccezione dell’ heavy metal.
Possiamo fare un piccolo gioco? Io elenco i vostri album e tu cerchi di descrivermeli con poche parole o aggettivi.
LIMPING FOR A GENERATION (1984): è stato il nostro punto d’ inizio; penso sia stato un album coraggioso per il tempo. ANIMAL MAGIC (1986): è un album che ha risentito molto delle influenze soul per ciò che ascoltavo quando ero giovane, tra Curtis Mayfield e la Motown in generale. SHE WAS ONLY A GROCER’S DAUHTER (1987): è sicuramente un album molto schierato, lo abbiamo registrato a New York e risente di un’atmosfera tipicamente eighties. WHOOPS! THERE GOES THE NEIGHBORHOOD (1989): non è il nostro album più forte, certo è buono ma la produzione forse è troppo pulita; è stato registrato nel periodo in cui ascoltavamo la prima forma di house music. SPRINGTIME FOR THE WORLD (1990): i testi di questo disco rappresentano già la carriera solista che poi iniziai a percorrere; non è stato sicuramente un album d’impatto, ma ha iniziato ad essere compreso qualche anno dopo. L’omonimo singolo poi secondo me è stato uno dei nostri migliori. DEVIL’ S TAVERN (2008): è stato il disco della reunion, registrato a Motril, quello in cui abbiamo ricominciato a suonare tutti insieme; è stato facilissimo tornare insieme, in fondo i Blow Monkeys sono come una famiglia. In più contiene una delle mie canzoni favorite, “The World Can Wait”. STARING AT THE SEA (2011): in tutta onestà penso che sia il miglior disco che potevamo fare; alcune band tornano insieme per soldi o altri motivi discografici, per noi è stato completamente diverso, noi lo abbiamo fatto perché avevamo idee da tradurre in musica.
Grazie mille per il tempo dedicatoci Robert, è stato un piacere. In bocca al lupo per tutto.
Grazie a voi.
Articolo del
30/05/2011 -
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