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Non si sa da dove vengano, né chi siano in realtà. Si chiamano ’0’ e ’1’, indossano una maschera da saldatore per celare la loro identità e sono qui per farci ballare a suon di “electrofunkblues”. The Cyborgs sono senza dubbio uno dei progetti più interessanti che possiate trovare in giro. Un power duo più unico che raro. Quando si esibiscono ‘0’ suona la chitarra e canta con un microfono dentro la maschera, ‘1’ suona contemporaneamente tastiera e batteria. Hanno aperto i concerti di Jeff Beck ed Eric Sardinas e stanno riscuotendo consensi in giro per Italia ed Europa. Noi li abbiamo incontrati al ‘Teatro Parenti’ di Milano (dove hanno partecipato all'evento “Elita Christmas Park”) per fargli qualche domanda e placare, almeno in parte, la nostra curiosità.
Come nasce il concept The Cyborgs? Perché avete scelto di presentarvi in una veste così particolare?
Abbiamo sempre condiviso delle esperienze legate al blues ed è da diversi anni che suoniamo insieme. Circa due anni fa abbiamo deciso di iniziare questo progetto e celare la nostra identità visto i tempi che corrono, dove l'immagine sta alla base di tutto, nello spettacolo, nella televisione e anche nella musica. L'idea base da cui nascono The Cyborgs è quella di suonare e rinnovare il mondo del blues, che è saturo di artisti che ripropongono la tradizione, sempre le stesse note.
Come mai proprio la maschera da saldatore e non qualcos'altro per nascondere il vostro volto?
Perché la maschera da saldatore è uno strumento di lavoro e il blues è un genere legato al lavoro, quindi ci sembrava una soluzione divertente ma che avesse anche un significato. Poi la maschera ci dà un'immagine futuristica anche se un po' paradossale e anacronistica, visto che di futuristico in realtà non ha niente.
E perché chiamarvi ‘0’ e ‘1’ e non ad esempio A e B?
È una scelta che si ricollega al codice binario. Abbiamo ipotizzato un futuro pessimistico, legato ai numeri, alla matematica. A nostro parere il codice binario è la chiave di tutto quello che sta succedendo, dal codice binario nasce la tecnologia, i computer. Tutto questo sta portando tante cose positive ma allo stesso tempo anche tante altre meno positive; per questo ci chiamiamo ‘0’ e ‘1’, perché nel nostro immaginario rappresentano l'inizio e la fine dell'uomo.
Qual'è la vostra missione? Che messaggio portate coi vostri testi?
Attraverso le nostre maschere vediamo in avanti, nel futuro. Il nostro scopo è descrivere quello che vediamo, quello che accadrà, per evitare che le cose negative che vediamo si verifichino davvero. Niente di sociale o politico, siamo totalmente apolitici. I nostri testi sono molto legati alla vita dell'uomo nei suoi vari aspetti, anche semplicemente alla gioia di vivere un concerto, di ballare, di condividere la musica in modo attivo. Per noi è più interessante.
Chi sono i vostri riferimenti artistici?
Tutto quello che ruota intorno al blues. Tra gli artisti che ci influenzano e che abbiamo in comune possiamo citare Mississipi Fred McDowell, un artista del passato che ci ha cambiato la visione delle cose. Uno moderno può essere Tom Waits, fino ad arrivare a Captain Beefheart o Miles Davis nelle loro più deliranti opere.
Visto che avete aperto per entrambi vi faccio una domanda secca: Jeff Beck o Eric Sardinas?
Sicuramente hanno fatto cose differenti, anche per una questione di età. Con Jeff Beck sentivamo le vibrazioni di un personaggio importantissimo a livello storico; Eric Sardinas si è ritagliato la sua grande fetta di pubblico in giro per il mondo, è un artista di tutto rispetto. Non c'è differenza, se non su carta, per quello che hanno fatto nella musica. Non abbiamo preferenze a riguardo, aprire per Jeff Beck è stato stupendo, conoscere e vivere quattro giorni con Eric Sardinas And Big Motor, il suo gruppo, è stato meraviglioso, sono stati fantastici con noi.
So che avete suonato anche all'estero. Come è stata lì la reazione del pubblico? Avete riscontrato delle differenze rispetto all'Italia?
Abbiamo suonato in Austria, Svizzera, Germania, Belgio e Olanda e la reazione è stata bellissima. In Germania e in Olanda ci siamo divertiti moltissimo e abbiamo notato che la voglia di vivere la musica del pubblico è diversa rispetto al nostro paese, non c'era gente seduta, erano tutti in piedi a ballare e a voler capire quello che stava succedendo, avvicinarsi, toccarti, cantare con te. Cose che succedono anche in Italia, però c'è sicuramente un'educazione all'ascolto e al modo di vivere i concerti diverso. Con tutte le eccezioni del caso, in generale fuori si respira la musica live in maniera diversa. In Italia bisogna togliere un po' di sedie e non aver paura di muoversi insieme al ritmo, da dietro le maschere vediamo persone a cui manca un pelo per alzarsi ma restano lì per l'imbarazzo e ci rendiamo conto che sono dei piccoli cliché che fanno sì che la gente se ne stia più in disparte.
Un'ultima domanda: cosa dovrebbero offrirvi per farvi togliere le maschere?
Un sacco di soldi! Diciamo che adesso non ne sentiamo l'esigenza... non dei soldi eh! Di toglierci le maschere. Poi The Cyborgs senza maschere non esisterebbero, non faremmo la stessa musica. Il tutto è anche legato alla teatralità che c'è in uno spettacolo musicale, dove conta anche l'elemento visivo: indossando la maschera entriamo in un personaggio che è un po' il nostro alter ego, togliendola probabilmente sentiremmo la nostra musica in maniera differente e vedremmo diversamente, non attraverso un vetro. Cambia tutto, non c'è più progetto.
Articolo del
29/12/2011 -
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