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Arriva tutto sorridente e mi stringe la mano. Magrolino, capelli brillantinati e chiodo di pelle, ma non ci sta ad essere definito “rockabilly”: «Non mi piace essere etichettato», mi confessa Dan Sartain mentre chiacchieriamo su uno dei divanetti del Lo-fi di Milano. Proprio a dispetto delle etichette il musicista di Birmingham, Alabama, ha confezionato un disco insolito rispetto a quelli a cui ci ha abituati. ”Too Tough To Live”, questo il titolo, racchiude tredici tracce in neanche venti minuti, punk rock stile Ramones. La nostra intervista parte proprio da qui.
Parliamo subito del nuovo disco. È molto diverso dai tuoi precedenti lavori...
Pensavo al prossimo passo da fare dopo il disco precedente. Ad un certo punto inizi ad essere un'imitazione di te stesso e quindi stavolta volevo fare qualcosa che non fosse troppo serio, qualcosa di divertente.
Di che parlano i testi?
Principalmente di innamorarsi, ma alla fine sono tutti abbastanza senza senso.
Negli anni hai pubblicato un sacco di vinili e addirittura il tuo primo disco uscì solo in vinile. Sei affezionato al vecchio formato?
All'inizio volevo fare qualcosa di diverso dal cd, che spesso è usa e getta e si dimentica facilmente. Il primo disco che ho fatto è uscito nel 2001 e allora non tutti avevano un giradischi, mentre ora hanno iniziato a fabbricarli di nuovo e molta gente ne possiede uno. Quindi se nel 2001 avevi parecchio lavoro da fare per riportare in voga il vinile ora la missione si può considerare compiuta.
Ti ricordi qual'è il disco che ti ha cambiato la vita e ti ha fatto capire che volevi diventare un musicista?
Non è stato proprio un disco, mio padre suonava e quindi c'erano chitarre in giro per casa. Di dischi poi ce ne sono stati tanti, ma se devo fare un nome mi viene in mente Alice Cooper.
E invece te la ricordi la primissima canzone cha hai imparato a suonare?
Wild Thing!
Bella! Tu ti esibisci sia da solo che con una band. Come la decidi la line up per un concerto?
Dipende molto da chi può effettivamente suonare, i musicisti vanno e vengono. Stavolta in tour ci sono ragazzi nuovi, li adoro tutti.
Qual'è stata la cosa più bella della tua carriera fino ad ora?
Lavorare con la Swami, con John. È stata una delle cose più eccitanti della mia vita, un'emozione grandissima. Quelli dell'etichetta sono persone stupende, sono contentissimo di aver conosciuto degli amici e di aver potuto lavorare insieme a loro a San Diego.
Sei un musicista di successo, la gente compra i tuoi album e suoni in giro per il mondo. Cosa ti manca?
Suonare in Giappone. Mi piacerebbe moltissimo.
Chi è l'artista a cui guardi con più ammirazione?
Devo darti la stessa risposta di prima, probabilmente John della Swami.
Come ti trovi a suonare in Italia?
È fantastico. Era tanto che non venivo a Milano, questa parte della città non l'avevo mai vista, con tutti questi capannoni... ero stato solo nei posti fighi.
Articolo del
06/05/2012 -
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