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Terzo appuntamento per Roma Suona Funk! con il concerto di Hannah Williams & The Tastemakers, giovani stelle del soul made in UK, che presentano il loro album di debutto A Hill Of Feathers (RecordKicks, 2012). Nonostante la giovane età, hanno già fatto parlare molto di loro, tanto che star come Sharon Jones & The Dap-kings e Charles Bradley li hanno voluti come band di supporto per i loro ultimi tour inglesi.
Dopo una breve intro strumentale dei Tastemakers (Hillman Mondegreen – chitarra, James Graham – organo, Dougie Taylor – basso, Jimi Needles – batteria, Chloe Harvey – tromba, Sabrina De Mitri – sax) sale sul palco Hannah, piedi scalzi e tromba alla mano e si unisce per l’apertura. Una grandissima energia sprigiona dalla sua voce e dalla mimica del corpo che richiama molto le grandi dive del soul. Un aspetto non di secondo piano poiché nel giro di due o tre brani tutto il pubblico è coinvolto e balla a ritmo sotto palco. Con una setlist improntata principalmente sui brani del loro album, a cominciare dal singolo di maggior successo Work It Out, il lento Tell Me Something (Liberties), la trascinante Do Whatever Makes You Feel Hot, e la potentissima I’m a Good Woman, si dimostra la bravura della cantante (che alterna il canto alla tromba) e della sua band (tutti in completo nero e camicia rosso mattone), che davvero non si risparmiano neanche per un attimo: una canzone via l’altra, giusto il tempo per riprendere il fiato, nemmeno il batterista sembra scomporsi più di tanto. Bellissimo anche il momento coreografico con chitarrista e bassista che a ritmo e ben coordinati si girano prima a destra poi a sinistra mentre eseguono un pezzo abbastanza trascinante. Più di un’ora di musica seguita da un corposo bis. Ma il pubblico richiama sul palco Hannah a gran voce e lei, che è rimasta nei pressi, decide di concedere un’ultima chicca facendo un omaggio a quella che lei dice di essere la sua cantante preferita in assoluto, eseguendo la sua canzone preferita in assoluto, ovvero At Last della grande Etta James, accompagnata solo dall’organo. Inutile dire che il pubblico ha apprezzato un’esecuzione davvero emozionante che chiude un concerto bellissimo dal sound di altri tempi.
Il concerto è terminato da mezz’ora durante la quale Hannah ha autografato alcuni vinili per il pubblico. Ciao Hannah, e grazie per la tua disponibilità. Ho letto qualcosa su di te e sulla band, tu sei un’interprete così giovane ma con una grandissima voce, spesso ho trovato il tuo nome accostato a grandi nomi come Aretha Franklin, Etta James, fino alle più contemporanee Alicia Keys e Joss Stone. La prima cosa che voglio chiederti è cosa si prova ad essere associata a queste grandissime voci?
Oh, davvero scrivono così? (sorride) In effetti ho sempre ammirato queste donne, sono sempre state un’ispirazione per me. Ho molto rispetto per la musica che è stata scritta nel passato, e la musica che noi scriviamo è, io spero, autentica e un omaggio a quella del passato. La mia voce non vuole essere una copia di qualcun altro, ma è fortemente ispirata dai nomi che tu hai fatto e anche a James Brown, o Sharon Jones, tutte persone che sapevano benissimo come esternare e trasmettere le loro emozioni attraverso la musica, con una grandissima forza. Io ho sempre desiderato avere la stessa capacità e sono molto contenta di poterlo fare, naturalmente non mi pongo al loro stesso livello, non c’è paragone! (ride)
Siamo nel 2012 e ancora si suona e si canta soul music, cosa vuol dire questo per te?
In effetti è una cosa molto interessante. Io adoro il soul, con la mia voce non ho dovuto provare molto per interpretare questa passione sul palco, era già li, anche se all’inizio non cantavo nulla di soul. Ho iniziato circa quattro anni fa quando ho incontrato Nick (Hillman Mondegreen, chitarrista dei Tastemakers) che scrive tutte le nostre canzoni. Io Nick e Jimi (il batterista) eravamo in una band insieme, lui (Nick) era la voce e io facevo i cori, e abbiamo fatto una decina di spettacoli. Poi il gruppo si sciolse e Nick mi disse “io ho materiale per almeno due album soul e vorrei che tu cantassi” e io dissi “davvero?? OK!!”. E da lì abbiamo iniziato a lavorare tantissimo per almeno tre anni, per affinare la mia voce e il sound in generale con la band. E’ stato davvero un duro lavoro, e fino a quel momento non avevo ancora scoperto che la mia voce poteva fare questo, soprattutto le parti “urlate”, che io pensavo non fossero belle, che la gente non voleva sentire una cosa così. Invece con l’allenamento e con la collaborazione della band alla fine abbiamo capito che poteva funzionare, che davvero era una cosa potente sul palco, quindi ho imparato come usarla, e oggi per me cantare soul music è davvero naturale. Ma la strada per arrivarci è stata lunga. Tanto ascolto, una costante ricerca-studio e tante prove.
A quanto pare il risultato è davvero ottimo perché ascoltando il vostro album di debutto, “A Hill Of Feathers”, sembra quasi che suoniate insieme da sempre per quanto il sound è perfettamente amalgamato.
E’ vero, e questo è il risultato dei tre anni di lavoro che abbiamo fatto, siamo tutti molto giovani, o meglio io sono la più grande ed ho trent’anni mentre gli altri sono poco più che ventenni, siamo una specie di embrione musicale e abbiamo lavorato molto per arrivare a questo. Nei primi due anni abbiamo fatto prove per almeno tre volte a settimana, significa almeno 8-9 ore di prove a settimana, oltre a mantenere studi, lavori, vite personali. Quindi è proprio qualcosa a cui tenevamo. Nick ha fatto un lavoro di perfezionamento, come un cesellatore, aggiungendo ogni volta uno strato in più, facendo in modo che tutti noi facessimo sempre più progressi.
E’ il vostro primo album quindi è un inizio: è un tentativo per poi cambiare oppure ormai questa è la strada?
No, assolutamente. Ormai abbiamo trovato la formula ed è quello che vogliamo fare. Ci piace, ci divertiamo a farlo. Non sapevamo come sarebbe andato il primo album, non sapevamo come avrebbe reagito il pubblico, se avrebbe venduto o se sarebbe piaciuto. E quando l’abbiamo presentato a Milano ad ottobre scorso il locale era pieno, una quantità incredibile di gente per un club così piccolo, ho firmato almeno 40 vinili per il pubblico! Poi abbiamo avuto buoni commenti da persone amiche del cui giudizio teniamo molto conto, alle quali abbiamo chiesto onestamente cosa ne pensavano, e finora il riscontro è positivo per cui saremmo degli sciocchi se ci fermassimo ora. Vogliamo continuare così, continuare a lavorare bene, stiamo già pianificando i prossimi progetti, abbiamo ancora delle date del tour in Inghilterra, facciamo una piccola pausa per le feste natalizie e poi riprendiamo, molto probabilmente torniamo in Italia a gennaio, poi Spagna, Francia, Germania, forse Grecia, forse di nuovo in Italia…
Siamo ormai alla fine dell’anno che per voi si chiude in positivo dato il buon debutto dell’album, è tempo di progetti e propositi per il nuovo anno, per voi quindi tutto dedicato alla promozione e al tour?
Beh, sì. Abbiamo lavorato molto per arrivare fin qui e quindi puntiamo ad andare avanti, stiamo cominciando a vedere i frutti del nostro impegno, come una luce all’orizzonte. Stiamo già pensando al secondo album, e non vediamo l’ora di fare quest’altro passo, possibilmente entro il prossimo anno, anche se tutto ha bisogno di tempo. Per quanto tu possa pianificare le cose, ci vuole tempo per perfezionalre, magari si deve ripetere qualcosa o rimetterla a posto. Il primo album l’abbiamo realizzato veramente in pochissimo tempo, ci è voluto di più per metterlo in vendita, per registrarlo ci è voluto meno di una settimana. In tutto ci abbiamo impiegato sei mesi. Avevamo comunque un budget ridotto per cui abbiamo fatto tutto in tempi ragionevoli.
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Ringrazio Hannah per l’intervista e per il bellissimo concerto di questa sera e ci salutiamo con la promessa di rivederla presto in Italia.
Articolo del
18/12/2012 -
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