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I duo elettronici sono molto popolari di questi tempi. Tra i più interessanti ci sono i Soldout: sono Charlotte e David e vengono da Bruxelles. Dal 2004 hanno pubblicato tre album, Stop Talking, Cuts e il recentissimo More, in cui i suoni crudi dell'elettronica si sposano con melodie e parti vocali pop, in un sound che richiama elementi di The Xx, The Knife e The Kills. Abbiamo fatto qualche domanda a Charlotte, che ci ha parlato della band e del nuovo lavoro.
Per iniziare ti va di presentarci la band e di raccontarci com'è nata?
La band è nata 9 anni fa. Ci ha presentati un amico in comune mentre eravamo in un bar. Siamo andati subito d'accordo e abbiamo iniziato a fare musica insieme. In quel periodo scrivevo canzoni folk con la chitarra e non elettroniche, mentre David usava qualsiasi tipo di computer, tastiera, sequencer. Con lui ho scoperto un nuovo modo di fare musica. Qualche mese dopo avevamo già un demo di cinque brani e le persone hanno iniziato a scambiarselo, lo suonavano nei bar e poi, in modo molto veloce, abbiamo firmato con un'etichetta.
Perché avete scelto di chiamarvi Soldout?
Il nostro primo brano stava per uscire su una compilation e avevamo 24 ore per trovarci un nome, ma ci conoscevamo da solo un mese! Stavamo chattando e abbiamo iniziato a buttar giù qualsiasi idea ci venisse in mente. Poi uno di noi ha scritto SOLDOUT e abbiamo pensato “questo è figo, suona bene”. Non avremmo mai pensato allora che dopo dieci anni saremmo stati ancora una band! A volte la gente ci dice che è difficile cercare informazioni su di noi in rete per via del nome, ma questo problema non ci è proprio passato per la testa quando l'abbiamo scelto!
Avete appena pubblicato il vostro terzo album “More”. Cosa puoi dirci a riguardo?
Penso sia il nostro album più personale, dentro c'è un po' di David e un po' di Charlotte. Da quando abbiamo formato la band abbiamo sempre cercato di mischiare le nostre influenze. David viene dalla musica elettronica sperimentale, io dal folk e dal rock. Con questo disco penso che abbiamo raggiunto un buon equilibrio tra le parti melodiche e il lato freddo dell'elettronica. Ci piacciono i contrasti, quando la musica è triste e gioiosa al tempo stesso: se è troppo cupa cerchiamo di alleggerirla con parti vocali e viceversa. In “More” c'è tutto questo, riconosciamo noi stessi in questo album e ne andiamo molto fieri. Abbiamo iniziato a scriverlo a Berlino a settembre 2011 e l'abbiamo finito a Bruxelles a settembre 2012!
Che significato ha il titolo? “More” ha qualcosa di “più” rispetto agli altri album?
Volevo tatuarmi sul braccio la scritta “more”, per ricordarmi che ho sempre bisogno di spingermi oltre, di fare di più, di mettermi alla prova. È importante per me affrontare nuove sfide, essere in posti diversi, provare cose nuove; quando fai sempre e solo le cose che già conosci non cresci mai, è quando ti metti alla prova e ti prendi dei rischi che succede qualcosa di più. Quindi quando stavamo pensando a un nome per il disco “more” è stata una scelta logica, perché rispecchia l'idea su cui si basa il lavoro. Ogni volta cerchiamo di fare un album diverso dal precedente, odio le band che scrivono sempre le stesse canzoni. Se ascolti gli altri due dischi c'è sempre qualcosa di simile nel nostro sound, ma sono molto diversi nel mood e nei sentimenti. Quello prima di “More” era più grezzo e sperimentale, le parti vocali erano usate quasi come uno strumento. Nel nuovo album invece la voce viene sfruttata di più, abbiamo scritto canzoni con vere melodie e con parti vocali che suonano umane.
Come mai la scelta di una giovane donna nuda come tema principale dell'artwork?
Lavoriamo da sempre con lo stesso artista per le nostre copertine, Gregory Derkenne, un grande fotografo. Lui ascolta i nostri demo e poi cerca un'immagine che descriva bene la musica. La copertina di “More” non rappresenta una ragazza in particolare ma uno stato mentale, un sentimento. È molto naturale, senza trucco, non le importa cosa pensano gli altri, non se ne cura. Sta semplicemente provando qualcosa. Non è una fotografia di moda, è qualcosa di molto personale. Quando Gregory ce l'ha mostrata abbiamo pensato che fosse molto forte e che rappresentasse qualcosa di crudo e sensuale al tempo stesso.
Come funziona il vostro processo compositivo?
David e io abbiamo un metodo molto diverso per scrivere. Io sono molto veloce, non ho pazienza, prendo il microfono e sputo fuori qualcosa senza pensarci. A volte uso come base una traccia a cui sta lavorando David, altre volte uso il piano per comporre accordi o linee melodiche. David invece è molto preciso e paziente, lavora molto sul suono e può stare ore ed ore sulla stessa linea. Prende quello che faccio, lo taglia, lo riarrangia, ci mette i suoi effetti, mette un po' di ordine nel casino che faccio io. È lui in realtà che costruisce il nostro sound.
Direste che la vostra musica si è evoluta durante gli anni?
Personalmente penso che ci stiamo migliorando e sarebbe triste se non fosse così! Ci stiamo avvicinando a un nostro stile personale. Il primo album era più naive, non ci conoscevamo bene, il secondo è più brutale e sperimentale, mentre l'ultimo è più melodico.
Com'è la scena musicale in Belgio? È stato facile crearvi una fanbase?
I media e le radio ci hanno supportato fin dall'inizio ed abbiamo una fanbase molto solida. Anche se siamo tutti cresciuti negli anni siamo ancora uniti. L'altra sera un ragazzo mi ha detto che ha scoperto la nostra musica quando aveva 15 anni alle superiori ed ha iniziato a suonare grazie a noi. Ora ha una sua band! È fantastico sentire storie come questa.
Avete qualche progetto futuro di cui volete parlarci?
Abbiamo scritto la colonna sonora di un film che uscirà quest'anno, “Puppy Love”. È stata una bellissima esperienza e non vedo l'ora di poterlo vedere al cinema. È la prima volta che lavoriamo a un film dall'inizio del processo, con la sceneggiatura e tutto il resto, è una cosa lunga ma è affascinante vedere come funziona. Poi io ho delle canzoni folk ferme nel mio computer da anni e vorrei finirle, non tanto per pubblicarle, ma per fare qualcosa di diverso.
(La foto dei Sold Out è di Grégoire Pleynet)
Articolo del
28/06/2013 -
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