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Le acque insidiose del lago più famigerato della Finlandia tornano ad agitarsi e a reclamare vittime. Dopo l’ottima esibizione al Gods Of Metal 2012, i Children Of Bodom si preparano ad un grande rientro in scena: una nuova fiammata di metallo incandescente, profeticamente intitolata Halo Of Blood, è infatti pronta ad abbattersi su di noi, spazzando via inclemente le recensioni un po’ “freddine” ottenute dagli ultimi lavori della band. Bisognerà pazientare ancora un po’ (l’uscita dell’album è prevista per giugno), ma nel frattempo, nei pressi della Stazione Centrale di Milano, abbiamo avuto l’occasione di fare una bella chiacchierata con Alexi “Wildchild” Laiho e Henkka “Blacksmith” Seppala, rispettivamente frontman/chitarrista e bassista della band finlandese, entrambi piuttosto provati dal tour de force promozionale a cui si stanno sottoponendo, ma ben contenti di presentarci la loro nuova creatura.
Allora ragazzi, manca ormai poco all’uscita di "Halo Of Blood": che reazioni vi aspettate?
Alexi: E’ difficile dirlo, in questo momento. In genere cerco di mantenere delle aspettative abbastanza scarse, anche per non rimanere troppo deluso quando le cose vanno male!! Però, nonostante io tenda ad essere critico su tutto il materiale che scrivo, questa volta ammetto di sentirmi piuttosto fiducioso. Direi che abbiamo fatto un buon lavoro.
Henkka: E’ vero, finora abbiamo ricevuto degli ottimi riscontri dalle persone a cui abbiamo fatto ascoltare l’album. Sia che si trattasse di stampa specializzata o di persone a noi vicine, il feedback è stato buono, e questo ci fa ben sperare.
Nelle recensioni ai vostri precedenti album, quasi tutti i vostri fan concordano nel dire che, nella storia dei Children Of Bodom, c’è stata una prima era, fino a "Hate Crew Deathroll", che è servita a definire e stabilizzare lo stile della band, poi c’è stato "Blooddrunk", che è stato un album di passaggio, non particolarmente ben recepito, e infine "Relentless Reckless Forever", che ha segnato per voi l’ingresso in una fase più vicina al thrash. Siete d’accordo?
Alexi: Sì, può essere una chiave di lettura, anche se io personalmente non mi sono mai soffermato ad analizzare così dettagliatamente la nostra discografia. E’ vero, Relentless Reckless Forever era decisamente più pesante rispetto, diciamo, ai primi tre album, più ritmato, era cambiato il senso della melodia, anche se noi non ci possiamo certo definire musicisti melodici, ma... (ride, ndr) Diamine, ragazzi, è solo un album!!
Com’è stato il passaggio alla Nuclear Blast?
Henkka: Ci siamo trovati bene. Del resto, con la Nuclear Blast avevamo già inciso Follow The Reaper, e quindi conoscevamo già le persone con cui avremmo lavorato. Semplicemente, il nostro contratto con la Universal/Spinefarm era in scadenza, ci siamo guardati un po’ attorno e abbiamo ritenuto che la Nuclear Blast fosse la soluzione migliore per noi.
Per "Halo Of Blood", avete lavorato con Peter Tägtgren, produttore di importanti formazioni black e pagan metal; dato che mi era sembrato di cogliere un’ombra di black in alcuni brani, ad esempio la title track, o l’uso delle tastiere in "Waste Of Skin", mi chiedevo se questo fosse dovuto alla sua influenza.
Alexi: No, in realtà Peter si è occupato solo della produzione delle mie parti vocali. Certo, mi è stato molto d’aiuto, è un produttore validissimo, ma la composizione e le parti strumentali erano praticamente quasi complete quando lui è entrato in scena.
Avete avuto come ospite d’onore Jeff Waters degli Annihilator... Alexi: Ebbene sì, Jeff suona la chitarra in una delle cover che abbiamo inserito, quella delle Bananarama* per la precisione! Sarà una sorpresa!
*Non è uno scherzo. E’ infatti una curiosa tradizione dei Children quella di inserire nei loro album delle sconcertanti cover di artisti che vanno dagli Iron Maiden, a Vivaldi, a (!!!) Britney Spears. I prossimi “nominati” per la coverizzazione by Alexi&Co. dovrebbero essere, appunto, le Bananarama e i Roxette.
Il vostro è un sound molto particolare, caratterizzato dagli intrecci rapidissimi di chitarre e tastiere. In effetti, credo che i Children Of Bodom siano una delle band più riconoscibili nell’attuale panorama metal, e non solo. Il che può essere al tempo stesso un bene e un male...
Alexi: Hai centrato il punto. In generale, trovo che sia un bene avere un nostro “marchio di fabbrica”, in questo caso il nostro sound, che ci renda identificabili. Il fatto che la gente, i fan, sappiano cosa aspettarsi da noi, però, ci costringe a ricercare, a sperimentare costantemente per fare in modo che ogni album suoni diverso dal precedente, altrimenti finisci per ripeterti all’infinito. Da questo punto di vista, abbiamo sempre fatto un ottimo lavoro come band, e penso che nessuno abbia nulla da rimproverarci a questo proposito. Siamo cresciuti, maturati, ci siamo evoluti, e questa evoluzione emerge chiaramente nella nostra discografia. Come tu stessa hai fatto notare poco fa, c’è stato un passaggio verso un sound meno gotico e più asciutto.
In questo caso, avete tratto ispirazione da qualche artista in particolare?
Alexi: Guarda, come musicista sono influenzato praticamente da tutto ciò che ascolto, ma in realtà quello che cerco di fare quando scrivo nuovo materiale è svuotare la testa da tutto, per evitare ogni tipo di condizionamento. Semplicemente, prendo la chitarra e vedo cosa succede. Avviene tutto con molta spontaneità e naturalezza. E’ il mio modo di comporre.
E come si inseriscono gli altri membri della band in questo processo?
Alexi: In genere lavoriamo a partire da un riff, è la base di tutte le nostre canzoni. Da lì cerchiamo di capire come possono inserirsi al meglio le altre parti strumentali, e infine aggiungiamo i testi.
Henkka: In alcuni casi è capitato che partissimo dal testo, ma è raro. In genere la musica viene prima. E’ un modo più immediato di comporre.
Alcuni di voi hanno ricevuto una formazione musicale “classica”, Alexi come violinista, Jaska (il batterista, ndr) come pianista, e naturalmente il vostro mago delle tastiere, Janne Wirman: sfruttate le tecniche acquisite durante gli anni di studio, anche se ora suonate strumenti diversi?
Alexi: Beh, ovviamente, i miei attuali riff e assoli sono quanto di più distante dalla mia formazione si possa immaginare! (ride, ndr) La tecnica e la disciplina apprese nei sei anni in cui ho studiato violino mi sono sempre state utili, ad esempio per quanto riguarda la velocità di esecuzione, che, come sai, è piuttosto elevata in qualsiasi brano dei Children Of Bodom. Ma di certo passare a suonare metal è stato come essere catapultati in un altro mondo, in tutti i sensi. Sami Saramäki, l’artista che ha creato l’artwork per "Halo Of Blood", vanta una lunga collaborazione con voi, dai tempi di "Follow The Reaper"... Henkka: Già, in effetti non ricordo neanche come ci siamo conosciuti all’inizio... Però ricordo bene le sessioni per Follow The Reaper nello studio di Sami, che impazziva cercando di capire quante lapidi ci potessero stare nel disegno!! Comunque, dopo l’esperimento del materiale fotografico inserito nei booklet degli ultimi due album, abbiamo deciso di tornare al disegno, e abbiamo ricontattato Sami perché avevamo già in mente un’idea di quella che avrebbe dovuto essere l’immagine di copertina: il nostro tradizionale mietitore con la falce, che ormai tutti conoscete bene, immerso in uno scenario invernale, freddo e tenebroso. Un tipico, idilliaco paesaggio finlandese, direi! Lui ne è stato entusiasta e si è messo subito al lavoro. E’ il migliore nel suo campo, è veloce, conosce bene il nostro stile e sa quello che vogliamo. Siamo molto soddisfatti del risultato. (a Alexi, ndr) Tu che ne pensi?
Alexi: Sicuramente. Parlando di illustrazioni di copertina, tutti oggi sembrano ossessionati dall’idea di dover inserire questi artwork super-cool, modaioli, che catturino l’attenzione di per se stessi. Ora, non dico che l’artwork che abbiamo scelto sia direttamente riconducibile ai brani o ai temi trattati, ma sicuramente la nostra musica ha quel non so che di glaciale e di oscuro, per cui ci è sembrato che un’iconografia del genere andasse a pennello. In questo caso, immagine e musica vanno veramente di pari passo.
Henkka: E non dimenticare che la maggior parte dell’album è stata registrata in pieno inverno, nei nostri studi in Finlandia. Abbiamo fatto praticamente tutto lì, ad eccezione delle parti di batteria e delle backing tracks. Immersi nelle foreste, nella neve, nel buio e nel silenzio, abbiamo avuto tutto il tempo e l’agio di lavorare con calma, 24 ore su 24, pensando alle sensazioni che volevamo trasmettere... In qualche modo l’immagine di copertina richiama un po’ le sessioni di registrazione, ma direi che ha funzionato bene!
Alexi, tu sei l’autore praticamente di tutti i testi. Di recente hai dichiarato di aver affrontato, in questo album, alcune tematiche mai prese in considerazione prima, quali?
Alexi: Ad esempio, la title track è stata scritta pensando alla morte di un mio caro amico, avvenuta un anno fa. Questo mi ha portato a scrivere testi che parlassero delle persone che hanno fatto parte della mia vita per poi andarsene o morire, e questo è diventato il tema principale dell’album. Non lo definirei un concept album, questo no, ma in ogni caso c’è sicuramente un filo rosso che lega le tracce per significato e contenuto. Una buona metà dei testi parla proprio di questo.
Negli album precedenti, invece, quale parte hanno avuto l’immaginazione e la fantasia, rispetto alla violenza che sicuramente emerge dai testi?
Alexi: Non molto rilevante, direi, forse qualcosa nei video, nell’iconografia... In realtà, la maggior parte dei miei testi hanno a che fare con la vita reale, e aggiungerei con la sua parte peggiore: sentimenti negativi, rabbia, disprezzo di sé, insomma tutta questa roba oscura e violenta che mi gira in testa, sai, no?! Mi rendo conto che è un cliché dirlo, ma mi serve come sfogo, di conseguenza questi sono diventati i nostri temi più classici. L’unica eccezione è costituita dai due brani che abbiamo dedicato al massacro del Lago Bodom: quelle sono due storie horror, ispirate ai fatti di cronaca ma interamente frutto della mia immaginazione, e direi che non sono da prendere troppo sul serio.
In Finlandia siete delle superstar indiscusse; che mi dite del resto del mondo?
Henkka: Abbiamo in programma un lungo tour in Europa e negli States subito dopo l’uscita dell’album, e sicuramente faremo almeno una data in Italia.
Alexi: I fan italiani sono tra i più scatenati. Un pubblico caloroso e infiammato come pochi altri al mondo. Ogni volta che torniamo qui è migliore della precedente, per questo ritorniamo sempre molto volentieri. A dire il vero, per noi ogni show è migliore del precedente, l’adrenalina, l’atmosfera, il calore, la vicinanza al pubblico, creano qualcosa di veramente magico. E, a parte la Scandinavia dove giochiamo in casa, siamo sempre stati accolti benissimo in tutta l’area mediterranea dell’Europa, in Spagna, Francia...
Henkka: Anche i fan sudamericani sono abbastanza folli. Amiamo gli show sfrenati, e anche lì ci troviamo particolarmente bene.
Quali delle nuove canzoni non vedete l’ora di suonare dal vivo? E, ovviamente, quali sentite più “vostre”? Personalmente le mie preferite sono "Waste Of Skin" e "One Bottle And A Knee Deep"...
Alexi: Io direi Halo Of Blood e Dead Man’s Hand On You... La traccia più veloce e quella più lenta! Credo che non solo esemplifichino particolarmente bene il tipo di sound che abbiamo cercato di imprimere a questo album, ciascuna a modo loro.
Henkka: Ma non sono le tue preferite solo per questo...
Alexi: Infatti, in un certo senso sono anche dei transfert... Qualcosa che mi è venuto dal cuore...
Henkka: Concordo, e aggiungerei Scream For Silence, Waste Of Skin e Transference.
Il meglio e il peggio dell’essere una band, e di essere i Children Of Bodom?
Alexi: Sulla parte peggiore non ho dubbi: gli aeroporti!! (risate, ndr) E’ la mia risposta classica, non posso farci niente, odio le attese al check-in, le attese ai controlli di sicurezza, le attese perché l’aereo è in ritardo...
Henkka: La parte peggiore dell’essere in una band è che devi sempre aspettare ore per qualsiasi cosa, decisamente.
Alexi: La parte migliore non saprei dirtela. E questo perché, aeroporti a parte, essere in una band, in questa band, è decisamente un bel vivere.
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E come dargli torto? Di sicuro, via aerea, via terra o via mare che sia, noi rimaniamo in attesa del prossimo passaggio dei ragazzi terribili di Espoo in Italia: loro dal vivo sono sempre una macchina da guerra portentosa, e con un album così da dare in pasto ai loro fan, hanno tutti i motivi per essere più in forma che mai al prossimo live show!
Articolo del
06/06/2013 -
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