|
Sta tutta nel titolo l'essenza del nuovo album di cover di Scott Matthew: ”Unlearned”, cioè “disimparato”, ovvero dimenticarsi delle quattordici canzoni del disco nel modo in cui le conosciamo ed accoglierle in una veste completamente nuova. Dei brani originali il cantautore australiano mantiene solo la linea melodica per poi dare un'interpretazione personale del tutto inedita: si resta piacevolmente sorpresi davanti a classici come I Wanna Dance With Somebody di Whitney Houston o Love Will Tear Us Apart dei Joy Division, che nelle versioni di “Unlearned” rallentano e si trasformano in piacevoli ballads, impreziosite dalla delicata e malinconica voce dell'artista accompagnata dalla semplicità di un piano, una chitarra o un ukulele. Canzoni che hanno segnato tappe importanti della vita di Scott Matthew, che le ha stravolte, riarrangiate e fatte sue.
Il tuo nuovo album “Unlearned” è una raccolta di cover di alcune delle tue canzoni preferite. È stato difficile sceglierne solo quattordici? Come e perché hai scelto proprio quelle?
SM: Ho iniziato con una lista di pezzi abbastanza lunga, ma chiaramente non potevo registrarli tutti. Durante le prove mi sono accorto che alcuni brani risultavano più solidi ed efficaci di altri e quindi la scelta è ricaduta su questi. Le canzoni sono state scelte prima di entrare in studio ma gli arrangiamenti hanno subito dei cambiamenti e si sono evoluti durante la fase di registrazione: abbiamo eliminato delle cose ed aggiunto altre, sono nate nuove idee man mano che registravamo. Ho scelto brani che hanno avuto un determinato impatto su di me durante tutta la mia vita, sentivo il desiderio di mostrare alla gente ciò che queste canzoni hanno significato per me interpretandole con il mio tocco personale. In un certo senso le ho fatte mie e ho permesso alle persone di avere una connessione con esse totalmente diversa rispetto a come le conoscevano prima.
Visto che alcuni brani della lista sono stati scartati possiamo aspettarci un volume n.2 di “Unlearned”?
SM: Sarebbe davvero fantastico se potessi farne un altro, è stata un'esperienza incredibilmente liberatoria lavorare a canzoni di altri che amo ed ammiro ed in qualche modo non sentire la pressione e l'insicurezza che invece hai quando lavori alla tua musica. Alcuni di questi brani li conosco da tanto tempo e ho sentito un'emozione potente nel cantarli e una libertà che non avevo mai provato prima in studio.
Reinterpretare questi pezzi nel tuo stile personale è stata una cosa naturale o razionale?
SM: Mi piacerebbe avere qualche formula predefinita per scrivere musica o fare delle cover ma purtroppo non ce l'ho, è stato tutto molto naturale. È un processo organico, ascolto i testi e cerco l'interpretazione che voglio dare alle parole e alla melodia. Una cosa utile da fare è ridurre il brano ai suoi accordi basilari con l'ukulele o la chitarra per poi ricostruirlo a modo mio proprio come se fosse una mia canzone. È un processo lento che inizia dalle liriche della cover, da quello che voglio dire e da ciò che realmente significano per me.
Se potessi scegliere tre canzoni di “Unlearned” e suonarle insieme ai loro interpreti originali quali sceglieresti?
SM: Se devo essere onesto sarei intimidito dal suonare con chiunque di loro, ma anche molto onorato. Se ne avessi la possibilità penso che realizzerei un sogno d'infanzia e suonerei con Morrissey. Poi sceglierei anche John Denver se fosse ancora qui, Annie's Song è una delle mie preferite dell'album. E poi l'incredibile Roberta Flack perché la sua interpretazione di Jesse è divina e ha la voce più bella del pianeta.
Te la ricordi la prima canzone di un altro artista che hai imparato a suonare? Come è stato?
SM: Non ricordo la canzone esatta ma ricordo di chi era: The Smiths ed avevo probabilmente quattordici anni. Sono sicuro di aver sbagliato tutti gli accordi perché suonavo ad orecchio ma la gioia è stata immensa, penso sia stata la prima volta in vita mia in cui mi sono sentito fiero di me stesso.
Come hai iniziato a scrivere musica?
SM: Penso di aver scritto le mie prime canzoni all'età di diciassette anni ma non le ho mai fatte sentire a nessuno se non dopo qualche anno perché avevo un po' paura. Fortunatamente sono stato incoraggiato ed ho continuato a scrivere.
Come funziona per te il processo di composizione e che strumenti usi di solito durante la prima fase di scrittura?
SM: Di solito inizio da qualche accordo di chitarra o ukukele e poi in qualche modo il pezzo viene fuori da sé, è ancora un mistero per me sapere come succede. Ho sempre paura di non riuscire a completare un brano, quindi la cosa più bella è quando la canzone è pronta e finita.
Ora che hai pubblicato quatto album come le scegli le canzoni da includere nella setlist dei concerti?
SM: Quando siamo in tour è sempre per promuovere un album nuovo quindi chiaramente suoniamo il nuovo materiale e alle fine del set inseriamo qualche cover. Questa volta però sarà l'opposto, faremo le cover del nuovo disco e poi qualche pezzo originale alla fine. Di solito scegliamo i brani preferiti del pubblico, quelli che hanno avuto più successo e che piacciono alla gente.
Cambiate la setlist in base al paese in cui suonate? Cosa possiamo aspettarci dai prossimi concerti italiani?
SM: Solitamente teniamo la stessa setlist per tutti i concerti ma capita di provare canzoni nuove o cover. Con i concerti italiani saremo un po' più nervosi del solito perché il tour inizia proprio dall'Italia, ma non significa che lo spettacolo non sarà bello, anzi, lavoro meglio quando sono un po' teso.
Te lo ricordi un concerto che per qualche motivo è stato più speciale degli altri?
SM: Aprire per Antony And The Johnson's al Montreux Jazz Festival. Non solo perché abbiamo ricevuto una standing ovation ma anche perché è stato un grande onore suonare prima di Antony, ammiro molto sia lui che la sua musica.
Articolo del
21/10/2013 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|