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Galoni
Quattro chiacchiere con Galoni
2014
di
Martina Tiberti
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In occasione del suo live al Circolo degli Artisti di Roma del 19 febbraio, Emanuele Galoni ci parla di se stesso, di canzoni nate tra libri e camini dei due dischi all’attivo, di cui l’ultimo "Troppo Bassi Per i Podi" in uscita il 20 Marzo prodotto dalla 29 Records. Testi surreali e poetici, sorretti da una semplicità diretta e pervasiva,sono tra i principali ingredienti di forza del carisma e della musica del cantautore originario di Giulianello (LT) che in pochi mesi ha destato l’attenzione di stampa e radio con brani degni della migliore tradizione cantautoriale italiana, destinati a imporsi come uno dei fenomeni pop-folk più interessanti di questa stagione e di quelle future.
La tua musica comincia ad essere conosciuta in tutta Italia. Come ti vorresti presentare al pubblico che ancora non ti conosce?
Il progetto cammina in modo naturale. Non so se è vero che ci conoscono anche in altre zone di Italia, sicuramento qui a Roma l’attenzione per il secondo disco sta crescendo. Il primo disco è nato con il passa parola: Home Recording, è stato pubblicato su Youtube senza avere un ufficio stampa. Abbiamo cercato di esportarlo anche fuori Roma e il riscontro è stato positivo. Il nuovo disco è formato da pezzi scritti negli ultimi due anni arrangiati da Emanuele Colandrea degli Eva Mon Amour e segue il cammino tracciato da "Greenwich" ma con sonorità più arricchite. Le tematiche sono simili: mi piace raccontare le situazioni complicate che viviamo nella vita di tutti i giorni. Come nel primo disco tutto è dominato da chitarra e voce e armonica ma impreziosito da altre sonorità, ad esempio abbiamo aggiunto il pianoforte e il basso di Valerio Manelfi che non c’erano nel disco precedente. Credo sia un buon lavoro.
Fare il musicista in Italia. E’ una tematica che il più delle volte suscita commenti spinosi…come ti poni verso il pessimismo che dilaga su questo tema?
Fare il cantautore o il musicista in Italia non e impossibile. Dipende molto dallo spirito con cui si affrontano le cose e dal perché le si fanno. L’importante è incontrare le persone giusto con cui condividere il progetto. Persone con cui si creano dei legami al di là della musica. Non mi piace sentirmi immerso nella giungla della musica indipendente. Vivo tutto questo in modo distaccato. Suono per il piacere di farlo e lo faccio con molta umiltà e leggerezza, con una ambizione di carriera artistica da cui non mi faccio certo divorare.
Come è stata la creazione del nuovo disco rispetto al precedente?
Il disco precedente e il nuovo fanno parte quasi di un unico percorso. Questo perché non mi sono mai fermato a scrivere, subito dopo “Greenwich” avevo già nuovi pezzi. E’ stato un fluire naturale che mi ha portato dall’uno all’altro.
Ascolti e artisti a cui ti rifai?
Non ho un artista in particolare a cui faccio riferimento. Le influenze possono essere tante ma non posso dire di averne una in particolare. Certo il cantautorato italiano e la musica americana folk mi hanno in qualche modo formato, ma non sento di avere un cantautore che mi ha influenzato più di altri, come non ci sono dischi chiave. Credo stia più agli altri rintracciare nella mia musica delle somiglianze o degli accostamenti ad altri musicisti.
Ci vuoi raccontare in breve qual è stato il tuo percorso musicale?
Ho sempre suonato, è una cosa che mi è sempre venuta naturale ma non avrei mai pensato di iniziare un percorso del genere. Quello che è successo dopo è stato frutto di incontri e collaborazioni con altre persone. Ho conosciuto Emanuele Colandrea, ed è nato con lui un sodalizio artistico. Io ho scritto i pezzi e lui li ha riarrangiati prendendo sempre più parte al progetto.
Da cosa trai ispirazione nella scrittura e come nascono le tue canzoni?
Ci sono molti modi. Un pezzo può nascere in due minuti o in due anni. Per quanto riguarda l’ispirazione mi viene spontaneo parlare di cose reali con uno spirito surreale. In questo secondo disco ci vedo una inconsapevole ispirazione al realismo magico di Garcia Marquez. La mia scrittura non ha un linguaggio puramente descrittivo, è figurata, a metà altezza tra il reale e l’irrazionale, insomma troppo bassi per i podi ma non abbastanza alti per camminare sui tetti.
Articolo del
26/02/2014 -
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