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Hanno da poco finito il soundcheck, l’ennesimo al Circolo degli Artisti per Adriano Viterbini e Cesare Petulicchio, che possono considerare il tempio della musica underground romana un po’ come il salotto di casa ormai. Da parte mia averli incontrati ed ascoltati svariate volte mi ha permesso instaurarci un rapporto piuttosto confidenziale, il che ha reso questa, più che una vera e propria intervista (effettuata insieme a Riccardo Carotenuto Jr del programma Cornerstone in onda tutte le sere su Radio Ies), una sorta di amabile chiacchierata tra vecchi amici, partendo dai progetti dei Bud e via via passando per i ricordi del tour americano, l’ammirazione per Jack White, il distacco dal mondo dei talent show e per finire con un artista che Cesare non sopporta proprio...
Dopo 2 dischi in studio ed un EP live, più i tour sia in Europa che in Nord America, vi state preparando per un grande salto?
Adriano Viterbini: Le sonorità del prossimo disco saranno molto più radicali rispetto alle cose precedenti. Abbiamo canzoni molto più compatte ed abbiamo acquisito la maturità per poterle far rendere al meglio, riducendo tutto all’osso. Vogliamo che si senta la nostra anima di questi pezzi, ma con la giusta cura del suono. Batteria, chitarra e voce, con pochissime sovraincisioni, in modo che sia tutto riproducibile dal vivo nella maniera più fedele possibile. Lo scopo di questo tour è anche questo, vogliamo accorciare la distanza che c’è tra il disco e la dimensione live.
A proposito di questo tour, ho visto che sul vostro sito non c’è più niente a parte un nuovo logo da cui si nota che la S e la E di “BSBE” sono fatte da un 2 e da un 3 rivoltati, con sotto una scritta che recita “2014 This is not a show”, ci spiegate questa svolta criptica?
Cesare Petulicchio: In realtà è un titolo preso in prestito dai REM, perché quando ci è venuta questa idea di presentare i nuovi brani prima dell’uscita del disco, il nostro produttore Emiliano (Colasanti ndr) ci ha detto che i REM nel 2007 fecero la stessa cosa, decidendo quali pezzi inserire nel nuovo album a seconda delle reazioni del pubblico. Loro lo fecero in un solo concerto, a Dublino se non sbaglio, che poi finì anche su un dvd che fu appunto chiamato This Is Not A Show. Quindi essendo lo stesso tipo di concezione abbiamo preso in prestito il nome.
Pensate di prendere in considerazione per il futuro l’idea di sperimentare soluzioni che comprendano anche sonorità diverse da quelle che ci avete abituato a sentire, o che comprendano anche degli ospiti magari?
AV: Il momento in cui registriamo un disco è uno dei pochi momenti nella vita in cui sentiamo di vivere davvero il presente, senza preoccuparci di nulla. Siamo entrambi molto curiosi musicalmente e percorriamo delle strade personali che poi, quando ci vediamo per provare, cerchiamo di far convergere nel contenitore che è il nostro gruppo.
E’ penalizzante fare questo tipo di musica in Italia? Pensate che all’estero sarebbe stato meglio?
CP: Noi non ci possiamo lamentare, perché siamo liberi di essere noi stessi, facendo quello che vogliamo e ci piace. E’ questa la cosa che premia. Anche andando negli Stati Uniti, che è dove nasce la musica a cui noi ci ispiriamo maggiormente, ci siamo resi conto che lì è tutto molto più radicato, perché fa parte delle loro origini, mentre in Europa tendiamo invece più a “crossoverizzare” i generi, quindi magari il nostro modo di “osare” si presta maggiormente all’Europa che non all’America.
Però magari all’estero è diversa la platea, o meglio, è maggiore e più predisposta per certe cose, no?
CP: Questo può sembrare visto dall’esterno, però poi ai nostri concerti c’è sempre gente e non ci lamentiamo.
E’ un buon periodo quindi?
CP: Sì, decisamente. Adesso con Internet e tutti i cambiamenti che il mercato musicale ha subito la situazione è migliore, io ora mi ascolto un disco nuovo al giorno e c’è sempre un sacco di roba in giro.
Che stai ascoltando questo periodo?
CP: Oggi mi stavo ascoltando le Warpaint, poi i Bosnian Rainbows, che è uno dei nuovi progetti di Omar Rodriguez dei Mars Volta.
Quello con Frusciante?
CP: No, quello è un altro ancora! In questo c’è una cantante messicana ed in particolare un batterista, Deantoni Parks, che mi piace molto e che proviene dalla scena underground electro-rock di New York.
Adriano, te invece?
AV: Io sarò sincero, ultimamente sto ascoltando i vinili che mi ha mandato Alessandro Cortini, il tastierista dei Nine Inch Nails, sono pezzi che possiamo definire anche “da sottofondo”, roba di sintetizzatori che mi fa piacere ascoltare a casa. Poi mi piacciono molto St Vincent e Joan As A Police Woman, tra le cose che sono stato a vedere dal vivo. In generale poi sono un amante di quel tipo di cose che non si trovano su Youtube, ma che posso trovare viaggiando, come musica africana ad esempio.
A proposito di Cortini e di musica africana, che ricordo citasti come collaborazioni uno ed influenze l’altra all’epoca dell’uscita del tuo disco solista, volevo chiederti che tipo di differenze hai riscontrato andando in tour negli Stati Uniti prima con i Bud e poi da solo.
AV: In realtà sono state esperienze allo stesso modo formative. Quando sei su un palco in un paese che non è il tuo ti senti in un certo senso “un bersaglio”, perché sei uno straniero che sta portando una musica prettamente loro a casa loro, la sensazione è quella di sentirsi inibiti. Però quando poi emerge la sincerità dalla musica che suoni e la gente la prende bene mi sento come se fossi a casa.
A proposito di grandi artisti americani che si avvicinano al vostro genere, domanda secca: Dan Auerbach o Jack White?
AV: Jack White! (Grande!)
Ci sei andato a visitare la Third Man Records?
AV: Certo! Ci sono andato con Cesare. E’ un posto fantastico, ho anche registrato qualcosa nella famosa cabina...
Cosa ne pensate invece dei talent show?
CP: E’ un’altra cosa. Non è musica, è qualcos’altro. A me da anche fastidio perché illudono le persone. Credo che giusto un paio di quelli usciti dai talent show abbiano poi davvero intrapreso una carriera. Per carriera non intendo ovviamente fare un disco, un tour e poi basta. Carriera significa altro. Per non parlare di tutto quel calderone assurdo in cui chi vinceva uno da una parte e poi vinceva pure a Sanremo... Lo stesso Sanremo non lo capisco più, non c’è più la sostanza, se pensi che una volta c’era Tenco, o Mina… adesso tutto questo è finito, poi magari gli “impicci” c’erano lo stesso anche all’epoca, ma almeno c’era la sostanza. Prima ascoltavi un disco di Mina e sentivi certi arrangiamenti, con orchestre e quant’altro, ora invece senti un disco di quelli là che lo fanno in una settimana con delle basi fatte da un tizio, il testo fatto da un altro tizio e la linea melodica scritta da un altro ancora, tutto attaccato tipo puzzle… non è niente che abbia a che fare con il mondo della musica, almeno per come lo viviamo noi. Poi non ti dico che quello che faccio io è giusto e che il resto sia una merda, però è un dato di fatto che sia un altro mondo.
A tal proposito, oltre alla sostanza puramente legata alla musica, quanto conta stare in certi giri o avere delle conoscenze per emergere con il proprio progetto?
AV: Da una parte conta sapersi rapportare con il mondo in maniera normale e salutare, che può portare a crearsi dei rapporti umani anche sinceri, come nella vita quotidiana. Poi ci sono pure delle scorciatoie che magari ti portano ad ottenere dei risultati più immediati, ma che a lungo termine potrebbero non coincidere con quello che si sperava. Quindi penso che la soluzione migliore sia mantenere la propria indole caratteriale, a partire dal rispetto e dall’educazione, ma poi quello che conta è quanto vali musicalmente.
C’è qualcuno che quando lo vedi ti viene da dire “ma questo come ha fatto ad arrivare là?”?
AV: Qualcuno che mi sembra un po’ “miracolato” c’è ma ora non mi viene in mente nessuno in particolare.
CP: Sì, sì… eccome! Io certi non mi spiego neanche come facciano a piacere… poi guarda, partiamo dal presupposto che è una questione di gusti… ma ci sono anche quei casi in cui si trattano dei personaggi come degli dei e poi magari fanno cacare… quella è la sopravvalutazione. Dipende… Ecco, per esempio c’è quel tipo francese… un po’ “chansonnier” però un po’ hip hop, che va molto per le radio… Fa schifo! E invece l’hanno invitato pure a Sanremo… e ne parlavano come un genio, io non riuscivo a capire.
Ma chi è?
CP: Si chiama tipo Stro… Stomé…
Ah. Stromae!
CP: Eh! Quello! Boh. Io non lo capisco!
Tornando a voi, il disco nuovo quando uscirà?
AV: Giugno!
Twitter: @MrNickMatt
(Nella foto Nicholas Matteucci con Adriano Viterbini e Cesare Petulicchio, insieme a Daniele Ginger DJ dell'aftershow - Foto di Giordano Solimando)
Articolo del
24/04/2014 -
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