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I Piccoli Omicidi, band emiliana che abbiamo conosciuto nel 2011 con il disco d’esordio Ad un centimetro dal suolo prodotto da Paolo Benvegnù per la Still Fizzy Records, si accingono a pubblicare il loro secondo disco. Dopo mesi di pre-produzione, il lancio del singolo Sole e venerdì e la campagna di crowdfunding attraverso Musicraiser, i quattro “maestri” hanno preso chitarre e ampli e si sono messi in viaggio per la Slovenia dove lo Studio Jork li aspettava per la registrazione del disco. Ho avuto il privilegio ed il piacere di essere invitata a partecipare per seguire da vicino l’evoluzione artistica del loro lavoro e tutte le registrazioni, cogliendo l’occasione di sentire direttamente dalle loro voci ed in presa diretta le sensazioni, gli auspici e le ambizioni che sono scaturite da questa seconda importante esperienza musicale.
I Piccoli Omicidi tornano in studio dopo tre anni dal disco d’esordio Ad un centimetro dal suolo del 2011. A Pier, Giulio, Roberto ed Enrico chiedo di raccontarci a che punto sono i Piccoli Omicidi, e soprattutto cosa hanno fatto in tutto questo tempo.
(Pier) Questo disco è nato effettivamente parecchio tempo dopo l’uscita del primo ma nel frattempo abbiamo concretizzato quello che è stato il lavoro del primo album, portandolo in giro praticamente per tutta Italia. Quando abbiamo capito che era giunto il momento di scrivere cose nuove, quando abbiamo realizzato di aver qualcos’altro da dire ci siamo messi a tavolino e abbiamo creato la stesura di questo nuovo lavoro.
Anche in questa occasione la vostra etichetta è la Still Fizzy Records, come nel primo album che però alla produzione artistica aveva Paolo Benvegnù. Questo disco invece è un pochino più vostro poiché artisticamente nasce dal lavoro d’insieme della band con la collaborazione di Michele Pazzaglia. Quali i motivi di questa scelta: è stata una vostra maturazione? Quali le differenze tra le due modalità di realizzazione del vostro progetto?
(Pier) Il lavoro con Benvegnù è stato molto importante per noi. Anche perché prima di allora non avevamo mai lavorato con un orecchio esterno veramente che potesse vedere da fuori quello che succedeva dentro il gruppo dei Piccoli Omicidi. E’ stato un lavoro molto importante, ci siamo arricchiti di tantissima esperienza nel frattempo, per cui questa volta ce la siamo proprio sentita di affrontare la produzione di un lavoro discografico perché era giunto il momento secondo noi di fare una cosa che fosse completamente nostra. Però è una cosa che devi fare quando ti senti di farla, perché non è un percorso facilissimo, e ci sono tanti rischi nel fare questa cosa: non riuscirsi a vedere bene dall’esterno, essere molto autocritici su quello che si fa… E quindi è un lavoro che ci siamo sentiti di fare, Michele che ha lavorato e tuttora lavora con Paolo Benvegnù ha dato il suo importantissimo apporto a tutto quanto il lavoro e quindi secondo me è stata un’esperienza costruttiva e il risultato finale per ora, per quello che possiamo vedere, ci sta dando ragione.
Il disco è autoprodotto come spesso ormai accade nel panorama musicale italiano. L’avete “costruito” tramite Musicraiser. Com’è andato il processo, quali erano gli obiettivi e cosa avete fatto per incoraggiare le persone a darvi credito non solo finanziario ma soprattutto a dare credito al vostro lavoro?
(Pier) Il crowdfunding che abbiamo utilizzato in questo caso tramite Musicraiser, è un approccio abbastanza rischioso per produrre un disco o un progetto in genere. E’ un rischio perché non è tanto ottenere dei fondi per fare un disco che bene o male si può anche realizzare con pochissime risorse, quando l’idea c’è ed è valida. E’ rischioso perché se tu non hai un ritorno di qualche tipo, capisci tante cose, anche arrivare a capire che forse non stai facendo una cosa giusta o che piace o comunque che crea interesse. Dall’altra parte invece può dare molti stimoli, come è successo a noi, perché abbiamo raggiunto un numero di partecipazioni alla produzione di questo disco che è interessante e quindi è la conferma del fatto che probabilmente quello che stai facendo ha un senso, che la gente si aspetta qualcosa da te, ed è giusto in questo caso fare del proprio meglio per dare a tutti questi sostenitori una cosa che piaccia in primis a noi perché la facciamo ma che dia anche parecchie soddisfazioni a tutti quelli che credono nel progetto dei Piccoli Omicidi.
Hai detto che vi siete messi a tavolino nel momento in cui vi sentivate pronti per iniziare un nuovo lavoro. Come anticipazione avete pubblicato il singolo "Sole e Venerdì" a luglio dello scorso anno con un videoclip. E’ stato un test? E se si, è andato bene? Oppure è stata solo una prima fase di lavorazione? e poi come è proseguita?
(Pier) Il singolo in effetti è uscito poco meno di un anno fa. Stavamo più o meno cominciando la scrittura di un nuovo lavoro, ed era importante anche far vedere “che ci sei” al di là di essere sempre in giro a fare concerti, che serve sempre tantissimo, però arrivi a un momento in cui dici “va bene, non è che abbiamo fatto un disco, è andato bene, e ci siamo fermati”. Abbiamo sempre comunque continuato a lavorare, e volevamo appunto far sapere che stavamo lavorando e stavamo facendo qualcosa, che eravamo su un progetto nuovo. Quindi abbiamo deciso di fare questo piccolo lavoro che in realtà è uscito in coppia con un altro pezzo che è Povera Patria cover di Battiato, ed è servito ad anticipare quello che sarebbe stato il lavoro successivo. All’epoca non c’era ancora l’idea dell’album definitivo, era solo per dire “siamo qua, stiamo lavorando e stiamo pensando ad un nuovo progetto, e lo facciamo partire” poi dopo vediamo come va, quello che ci viene successivamente. Dopo, il lavoro di scrittura del disco è stato condensato in un arco temporale abbastanza ristretto.
In questo disco le influenze sono un pochino più variegate rispetto al primo, più melodico, più scena cantautorale italiana; ci sono melodie che riprendono il filo logico del disco precedente ma qui si sente qualche vena punk, tanto rock, molti richiami alla scena inglese anche passata (ad esempio le atmosfere beatlesiane di "Tomorrow Never Knows", qualcosa dei Radiohead e addirittura dei Clash) Ma non è che state confezionando un disco un po’ psichedelico?
(Pier) Se devo dare una definizione di questo disco, lo vedo come un hotel, perché dentro le stanze di un hotel si sviluppano delle storie che sono ognuna a se stante; è bello immaginare quello che succede dentro un albergo, ci sono storie felici, magari gente che ride, gente che piange, gente triste, gente che fa l’amore, quindi in un involucro che può essere anche sterile come quello di un hotel secondo me è giusto pensare che succedono tante cose diverse nello stesso luogo e nello stesso momento. Per cui ho pensato a creare tanti mondi perché comunque le cose da dire erano tante, su tanti argomenti, e questo può significare che il feeling nell’ascolto di un brano è completamente diverso da quello successivo o da quello precedente, anche a livello proprio di momento della giornata: di giorno, di sole, di pioggia, di notte… Questo è un po’ il mondo che abbiamo voluto creare.
Comunque nel disco non manca il tema amore, magari visto con sfaccettature diverse rispetto al precedente. In particolare vorrei parlare di due canzoni, una è "Avendoti", che sembra parlare di amore e di speranza, e un’altra è "P.O.V." e mi chiedo cosa sia “l’amore P.O.V.” di cui si parla.
(Pier) In realtà la canzone che si chiama Avendoti è una canzone che parla di amore ma dell’amore per la terra e non per una persona. In realtà l’ispirazione è genericamente tratta da storie di brigantaggio che nelle nostre zone non è mai mancato. E’ l’amore per la propria terra, per la propria patria, e di quanto l’amore venga scatenato e stimolato per l’ingiustizia. Quella del brigante è una figura che ha molto fascino perché non lo si vede mai come una figura cattiva ma è una persona che cerca giustizia dalle oppressioni e quindi l’amore in realtà è una forza provocata dall’ingiustizia, e tra l’altro è un atteggiamento che di questi tempi non farebbe neanche tanto male alle persone, cioè il fatto di ritrovare l’amore perché si è oppressi in qualche maniera, parliamo anche di oppressioni sociali, economiche, dove ribellarsi in qualche modo non sarebbe poi malissimo per capire che abbiamo della forza dentro che è l’amore in realtà. Un pezzo come P.O.V. invece ne parla in maniera molto più scherzosa, l’amore qui viene un po’ canzonato perché basta pensare quanto sia assoluto l’amore, per dire, a 14-16 anni. CI sembra che la persona di cui ci innamoriamo sia quella definitiva, che sarà per sempre lei. E quanto invece l’amore nella maturazione di una persona possa a un certo punto anche sparire, o trasformarsi, e non sia più quell’amore che abbiamo conosciuto quando era l’unica cosa che c’era. Quindi affronta l’argomento amore in maniera trasversale e se si può dire cronologica, come il percorso di maturazione di una persona.
(Fine Prima Parte - CONTINUA NELLA SECONDA PARTE)
(La foto dei PO è di MG Umbro)
Articolo del
28/04/2014 -
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