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Per più di un attimo ho temuto il peggio, ovvero che Ted, il tour manager dei Brian Jonestown Massacre, si fosse dimenticato dell’intervista che avevamo fissato. Del resto il timore era più che lecito sapendo, per usare un eufemismo, che i BJM non passeranno di certo alla storia per la loro condotta salutista... Fortunatamente il disguido della guestlist della band americana, arrivata ai box-office con un po’ di ritardo, si è presto risolto e sono stato finalmente accompagnato nel camerino, dove Sua Altezza Anton Newcombe mi aspettava per l’intervista.
Mi avevano detto che il buon Anton ultimamente si diverte a fotografare praticamente tutto e infatti prima di iniziare la nostra chiacchierata fotografa anche me con il suo smartphone… Per chi non lo sapesse Anton Newcombe è un personaggio a dir poco fondamentale della storia della musica degli ultimi 25 anni. Non ha mai servito nel panorama mainstream e di fatto regna nell’universo underground. E’ considerato il guru della neo-psichedelia e grazie a lui esistono band come (tanto per dirne una) i Black Rebel Motorcycle Club. Attorno alla sua figura si è detto e scritto molto, specialmente per quanto riguarda gli abusi di droga nel passato. Una prospettiva piuttosto itinerante è tracciata dal film-documentario Dig!, dal quale tuttavia Newcombe prende abbastanza le distanze, ma che nel 2004 vinse il Gran Premio della Giuria nella sezione documentari al Sundance Film Festival.
Riusciresti a descrivere il tuo processo creativo, dall’ispirazione fino alla cura degli ultimi dettagli?
Innanzitutto voglio fare musica, poi il modo in cui questa nasce può variare… posso camminare e pensare di voler fare una canzone adatta alle passeggiate, le idee mi vengono in qualsiasi modo. A volte semplicemente mi siedo, premo il tasto Record ed inizio a sperimentare… Quando ho fatto Who Killed Sgt. Pepper c’era quel pezzo con il ritornello che faceva “Let’s go fuckin mental! Let’s go fuckin mental!” (canta) che mi venne in mente sentendo dei cori da stadio da alcuni amici inglese, mi piacevano e quindi ho voluto fare una cosa di quel tipo. O magari ricordo che in Islanda stavo registrando con questi ragazzi che si stavano drogando di brutto… io non mi drogo più… ma loro erano lì che si prendevano questo e quello e quando chiamavano i loro dealers e ci litigavano in islandese… Ecco avrei registrato anche quello, suonavano bene! (ride)
Definiresti la tua carriera come un percorso “evolutivo” oppure più “esplorativo”?
Ambo le cose. A me piace suonare, non ho scelto di fare il musicista perché volevo diventare una rockstar, suono perché amo la musica e voglio fare quante più cose diverse possibile rimanendo sempre me stesso.
Quanto pensi che le droghe possano influenzare la creazione o anche l’ascolto della tua musica?
Dipende da ogni persona. Nel mio caso ti posso dire che ho scritto musica in qualsiasi modo… Ripensando ai miei trascorsi, sono stato dipendente da eroina ed è stato molto difficile smettere, avevo i soldi ed ero sempre in giro… Per smettere ho iniziato a bere e questo mi ha quasi ucciso, ma il punto è che io non ho mai voluto uccidermi, non mi sento a disagio nei confronti di nulla, in primis nei confronti di me stesso, quindi nel momento in cui ho capito che mi stavo uccidendo e che non era quello che volevo sono riuscito a smettere.
Ti dà fastidio che la gente relazioni la musica psichedelica con l’uso di droghe?
La gente può pensare quello che vuole. Certo, per molti di noi la musica psichedelica è il risultato della nostra visione del mondo dopo aver preso degli acidi. Una volta che provi cambi modo di vedere le cose, è come tornare bambini ma forse con un’apertura mentale maggiore, anche se poi può subentrare anche una buona dose di pazzia. Per quanto mi riguarda è stato così. Io non incoraggio nessuno a farne uso, non devo farlo io, il mondo è già così com’è ed ognuno fa le sue scelte.
Come scopri nuova musica?
Con le mie orecchie…! (ride) A parte gli scherzi, ogni tanto parlo con Ricky (Maymi, ndr) o con qualche altro amico stretto e poi mi capita continuamente di incontrare persone che mi chiedono di ascoltare la loro musica, demo, dischi, ecc. In realtà credo in una specie di magia che mi fa scoprire la musica che cerco per puro caso.
Berlino è ancora la città avanguardista di cui ti eri innamorato quando hai deciso di trasferirti, o sta cambiando?
Sì, sta cambiando, ma c’è ancora molto spazio. Voglio dire, è cambiata tanto negli ultimi 20 anni della sua storia e non è sorprendente che continui a cambiare. D’altra parte il mio mondo è molto piccolo, penso alla famiglia, alle mie cose lì e non ho problemi.
Cosa mi dici invece dell’Islanda?
Mi piace molto, è piccola, sembra un villaggio, mi piacerebbe vivere lì per un periodo dell’anno. Soprattutto perché fa freddo… Non amo il caldo, poi essendo californiano ed avendo vissuto per una vita lì sulla spiaggia non ne posso più del sole… e odio sudare!
A proposito di Islanda, ricordi la prima volta che hai incontrato “Nonni Dead” (Jón Sæmundur Audarson, cantante dei Dead Skeletons, ndr)?
Ero con dei miei amici in Islanda e andammo a vedere i Dead Skeletons, comprai il disco e lo conobbi, poi abbiamo iniziato a collaborare per molte cose insieme anche ad Henrik (Baldvin Björnsson (chitarrista dei Dead Skeletons). Ora siamo amici. Ti piacciono i Dead Skeletons?
Sì, moltissimo!
Vuoi che lo chiami così lo saluti? Magari lo includiamo nell’intervista…
Ma dici davvero?
Sì, sì ci vuole un attimo!
----------------------------------- Io non pensavo dicesse sul serio, invece Anton Newcombe ha effettivamente preso il telefono e provato a chiamare Jón Sæmundur Audarson in Islanda, il quale però non ha risposto… “Sarà impegnato – mi dice Anton sorridente – dopo casomai riproviamo!”
------------------------------------ Cosa ne pensi invece dell’operato dei Black Angels?
Penso che stiano facendo delle grandi cose. Aiutano tante band ad emergere sia con il Festival (Austin Psych Fest, ndr) che con l’etichetta (The Reverberation Appreciation Society, ndr). Li rispetto molto. Sono tipo “i Jack White della scena psichedelica”.
Essere considerato il “guru della neo-psichedelia” come ti fa sentire? Onorato, imbarazzato o indifferente?
Direi indifferente… Mi preoccupa di più il caldo… sto morendo di caldo, bevo acqua in continuazione, ma non serve a niente!
Ricordi qual è stato il primo disco che hai comprato?
Black Moses di Isaac Hayes, ricordo che avevo visto questo omone, con queste catene d’oro e le ragazze intorno, ero piccolo e dissi “Lui è un fico!”. Chiesi i soldi a mia madre e andai a comprarmi il disco.
Ho letto in alcune interviste passate che è da molto tempo che vorresti realizzare la colonna sonora per qualche film o opera audiovisiva, come vanno le cose in quel senso?
Appena finirà il tour inizierò a registrare le musiche per un film scozzese, di Philip John il regista che ha fatto anche Downtown Abbey. Il film si chiamerà Moon Dogs . Faresti mai una cosa tipo "The Wall" dei Pink Floyd?
Sai che ho sognato proprio questa notte? Una cosa folle… Ted (il tour manager dei BJM, ndr) veniva da me e mi diceva che Nick Mason ci aveva proposto di acquisire i diritti di tutti i loro brani per 10 milioni di dollari per diventare a tutti gli effetti i Pink Floyd 2.0! Non mi dispiaceva l’idea e pensavo già a come riarrangiare tutto The Dark Side Of The Moon nel nostro stile… Sarebbe divertente anche fare un light-show stile Pink Floyd mentre facciamo 3 ore di rumore assoluto…! (Ride compiaciuto e Ted gli risponde: “Firmo subito l’assegno!”)
Sei conosciuto e considerato un’istituzione della cultura undeground, ma hai mai considerato l’idea di diventare celebre come una pop-star, solo per poter diffondere un messaggio positivo ad una fascia di pubblico più grande?
Conosci quel modo di dire “Non vorrei andare in paradiso perché lì non conoscerei nessuno”? Ecco, la cultura pop non mi ha mai interessato, specie quegli stupidi festini con la cocaina e tutto il resto… Alla fine se ci pensi Bob Dylan non ha mai venduto tantissimi album, o comunque ne vende meno di qualsiasi pop-star di ora, però tutti sanno chi è Bob Dylan e cosa dice. Non c’è bisogno di vendere tanti dischi per diventare un’icona.
-------------------------------------- Dopo l’intervista ho chiesto ad Anton un autografo su un vinile che mi ero portato ed una foto insieme, poi lui si è scusato, ma dopo tutta l’acqua che si era bevuto a causa del caldo, mi ha confessato di starsela letteralmente facendo sotto ed è scappato al bagno… tuttavia sono rimasto nei paraggi e dopo un po’ l’ho visto di nuovo correre verso di me con il cellulare in mano… “Tieni! E’ Nonni dei Dead Skeletons! Mi ha appena richiamato, vuoi dirgli ciao??!”
Twitter: @MrNickMatt
(Nella foto: Anton Newcombe e Nicholas Matteucci)
Articolo del
10/06/2014 -
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