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Con una band come Lo Stato Sociale non sai mai quello che può succedere. Vale sul palco ma anche al telefono, perché ti aspetti che da un momento all’altro ti tronchino l’intervista con un “mi sono rotto il cazzo” colossale come il titolo di uno dei loro brani. Del resto, per gente che il ‘politically uncorrect’ ce l'ha nel sangue, la franchezza dialettica è solo il più logico dei corredi. Ma nel loro caso la simpatia la fa da padrona, e stavolta Alberto “Bebo” Guidetti, tra i fondatori del quintetto bolognese nato nel 2009, un paio di parolacce nella nostra conversazione ce le infila sì, ma solo alla fine. Lo abbiamo sentito mentre la sua band, dopo il breve tour europeo di inizio marzo, si prepara a salire nuovamente sul palco in vista dei due appuntamenti del festival itinerante “Diversamente felici”, il 24 marzo a Milano (Magnolia) e il 27 a Bologna (Locomotiv).
Allora, Bebo, com'è andato il tour europeo?
Nel complesso abbastanza bene, a parte un paio di imprevisti. Niente di grave, solo problemi di natura tecnica che possono capitare quando si suona dal vivo. Sia a Londra che ad Amsterdam che a Bruxelles c’è stata una grande risposta da parte del pubblico, i locali dove abbiamo suonato erano pieni. Ovviamente si trattava, per la stragrande maggioranza, di italiani residenti all’estero o di gente del posto convinta da amici italiani a venire a vederci.
Com'è nata l’idea di formare Lo Stato Sociale?
Come band, abbiamo iniziato a fare le prime cose insieme cinque anni fa, però ci conoscevamo già tutti, essendo stati compagni di scuola. All’inizio era un passatempo, fondamentalmente un antidoto alla noia, e ci divertivamo a suonare nel garage dell’altro Alberto (Cazzola, ndr). In seguito la cosa si è allargata e abbiamo iniziato a fare concerti, peraltro senza ancora avere pezzi nostri.
Influenze musicali?
Siamo persone abbastanza diverse tra loro, non c'è mai stato un mettersi lì e dire suoniamo come questo o quello. Siamo sempre andati, come si dice, a braccio, come girava il vento. La musica è sempre venuta fuori spontaneamente, vuoi per le nostre capacità tecniche limitate, vuoi per la mancanza di progettualità. Come riferimenti potrei dirti Rino Gaetano così come i C.C.C.P., ma ce ne sarebbero a iosa.
E cosa rispondi a chi vi definisce i Blur italiani?
In verità è la prima volta che lo sento dire. I Blur sono sicuramente una delle nostre band preferite, ed è uno dei nomi che mettono d’accordo tutti all’interno della band. Però loro sono dei geni della musica, noi siamo un pò più “poveri”. Comunque, se per la somiglianza con loro ti riferisci a Vado Al Mare (quarta traccia di “Turisti della Democrazia”, ndr), e al fatto che ricorda Girls & Boys, quello era un “plagio” voluto.
E rispetto ai Blur, siete sicuramente più “sboccati”. Chi di voi scrive i testi?
All’inizio li scrivevamo io, Alberto e Lodo (Lodovico Guenzi, il cantante principale, ndr). Ma da due anni a questa parte il discorso ha iniziato a coinvolgere tutti e cinque, anzi sei, contando pure Matteo Romagnoli (il fondatore dell’etichetta Garrincha e grande amico della band, ndr). Ad ogni modo, non è un processo fisso. A volte uno scrive e c’è l’accordo di tutti a rimanere su quello, altre volte c'è un confronto più serrato.
Hai citato Matteo Romagnoli. Com’è nata la collaborazione con Garrincha?
Garrincha ha un capo supremo, che è Matteo. E’ lui che l’ha fondata, principalmente per necessità “singola”, nel senso che gli serviva per pubblicare il materiale che suonava lui, sia come solista che con le sue band. Poi, piano piano la cosa è cresciuta fino a che tre anni fa è arrivata a noi. Ci siamo incontrati con lui in un bar, e fin dall'inizio c'è stata grandissima sintonia. Così abbiamo accettato la sua offerta e iniziato a lavorare insieme. Adesso collaboriamo in maniera più approfondita anche nella gestione artistica dell'etichetta, ma è lui che ne mantiene la direzione, confrontandosi però con tutti noi sulle scelte. Ora come ora, noi siamo la band di punta di Garrincha, però ci sono anche altri nomi molto validi come L’Orso, L'Officina Della Camomilla, Magellano, Brace. Garrincha è un'operazione musicalmente molto varia e piuttosto forte. Sono i numeri che parlano. Le band in catalogo, ad un primo ascolto diresti che non c'entrano niente l'una con l'altra. Ma sono tutte di alto profilo, altrimenti - e non è per tirarcela - non starebbero dentro Garrincha.
State già lavorando al terzo disco de Lo Stato Sociale?
Assolutamente no. Siamo pigrissimi e non ci piace fare un cazzo. Staremo in tour fino alla fine dell’estate, poi credo che ci fermeremo e ci toglieremo per un pò dalle palle. Fare un disco all'anno sarebbe bello, ma ogni tanto devi prendere le distanze da quello che fai.
Voi componenti della band svolgete ancora lavori “normali” o vivete della vostra musica?
Da due anni e mezzo, quasi tre, viviamo di questa cosa qua. L'unico che ha un lavoro è Francesco (Draicchio, ndr), che è ricercatore al CNR. Lui si autodefinisce un “flessibile felice”, poiché grazie alla sua condizione di precario riesce a coniugare tour e lavoro, e per questo ha deciso di non licenziarsi. Anche Lodo è attivo come autore nel mondo del teatro.
Che rapporto avete con la vostra città di origine?
Fantastico. Bologna è un pò come un “paesone”. Da fuori sembra una metropoli, ma dopo un anno che ci vivi conosci già tutti. Non che ci si annoi, di cose da fare ce ne sono sempre una valanga, tra l'università, i locali e tutto il resto. Noi viviamo molto la città, ci piace, siamo dei “bolognesoni”, gente che non se ne andrebbe mai. Con le band locali, poi, c'è un ottimo rapporto, con alcune siamo cresciuti assieme, con altre siamo stati dei “padri putativi”, dei fratelli maggiori, come con gli Altre Di B, che sono una band della madonna.
Cosa mi dici della vostra amicizia con Pippo Civati, che per voi ha girato anche un video promo?
Civati è un vecchio amico di Lodo, e ci conosceva già da tempo poiché è una persona in generale abbastanza attenta a quello che gli succede intorno. Il video promo è stato fatto un pò per gioco, con lui non c'è nessun tipo di legame politico, non siamo persone che votano PD, lui lo sa, facciamo più parte di una sinistra extraparlamentare.
Bene, io avrei finito. Vuoi aggiungere qualcosa?
Saluto tutti quelli che mi conoscono e mamma e papà a casa.
Articolo del
23/03/2015 -
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