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Si chiamano Sadside Project ma la loro musica è una festa. Perché ”Voyages Extraordinaries”, il loro nuovo lavoro, è un’esperienza collettiva che si sviluppa in 10 tracce e fa segnare un naturale passo avanti nella strada intrapresa con “Winter Whales War”. Gianluca Danaro (che risponde alle nostre domande) e Domenico Migliaccio sono infatti passati da una “classica” formazione duo garage-rock ad un vero e proprio progetto aperto, un collettivo che cambia nel numero in base alle esigenze musicali, tra sonorità folk, cori a cappella, chitarre desaturate, fuzz, distorsioni e il violino divenuto parte integrante del suono della band romana. Che oggi somiglia alla versione sobria dei Pogues, o per restare ai nostri giorni, ai Fanfarlo con un pizzico in meno di rigore melodico.
Perchè avete intitolato così il disco?
“Voyage Extraordinaires” è una celebre raccolta di racconti di Jules Verne, uno scrittore che fin da bambino mi ha sempre molto affascinato. Abbiamo chiamato il nostro ultimo disco così proprio per richiamare quell'immaginario fantastico e di continua scoperta che le opere di Verne trasudano da tutti i pori, guardando con straordinario incanto anche la più semplice delle cose.
La copertina ricorda molto le scenografie dei film di George Meliès. E' un riferimento voluto?
Si, abbiamo dato in mano il lavoro della copertina a Pietro Nicolaucich, un illustratore che ci aveva aiutato anche nel disco precedente. Pietro ha capito subito l'immaginario del disco e ha disegnato un copertina che ci è piaciuta fin dall'inizio centrando perfettamente lo stile che volevamo dare al nostro disco.
E' un album molto allegro, festante, corale. Cosa vi ha spinto a privilegiare questo mood?
In realtà non c'è un qualcosa in particolare che ci abbia spinto ad assumere questo aspetto, la linea sonora del disco è venuta fuori durante la scrittura. In fase di realizzazione lasciamo sempre molto spazio alla creatività e alla libertà di composizione, e in quest'album le nostre canzoni ci hanno spinto verso queste influenze.
In questo lavoro si sente molto l'influenza del folk irlandese/scozzese ma anche qualche accenno garage-rock, retaggio dei vostri inizi. Quali ascolti vi hanno ispirato nella lavorazione?
Questa è sempre una domanda piuttosto difficile perché si ascolta sempre un sacco di musica, e ogni cosa alla fine anche minima ti condiziona e ti ispira. Per quanto mi riguarda, nell'ultimo anno ho ascoltato parecchio, Dropkick Murpyhs, Damien Rice, Josè Gonzales, Paolo Nutini, Brunori SAS, Vampire Weekend....
Perchè i testi sono in inglese?
Perché credo suoni meglio metricamente per la musica che facciamo. Ma anche l'italiano sta iniziando a piacermi molto.
Il finale di “Summer Singing Collective” sembra l'ideale per far cantare il pubblico ai concerti. Pensavate alla resa live mentre lo realizzavate? Beh sì, non ti nego che più di una volta ho immaginato un finalone cantato tutti insieme, ma insomma anche registrarla è stato divertente, eravamo quasi 30 persone in sala di ripresa!
C'è un pezzo che vi diverte di più suonare dal vivo?
Su tutti credo “Festa Di Paese” e “Nautilus”.
Avete utlizzato un gran numero di strumenti e musicisti. Anche sul palco vi presentate così?
Beh con tutti tutti sarebbe un pò un problema…dovremmo girare in autobus, però sì, siamo passati da una formazione a 2 fino ad arrivare a 4 o 5 in alcuni casi, tutto ciò per provare a realizzare in modo più coerente il disco in chiave live.
In passato avete aperto per Joe Lally dei Fugazi, Fanfarlo, Jon Spencer Blues Explosion, e molti altri. Che ricordi avete?
Ad ognuno è collegato un ricordo bellissimo e indelebile, ma la cosa più importante e che ogni esperienza del genere ci ha fatto crescere sia come persone che come musicisti.
Articolo del
30/06/2015 -
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