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La psych-folk band del veronese per eccellenza, anche perché è una delle poche («qui di psych non se ne sente molto»). Ma i C+C Maxigross non temono confronti neppure al di fuori della loro terra, la Lessinia, che hanno omaggiato con la trilogia omonima di cui ”Fluttarn” è l’ultimo capitolo dopo “Ruvain” e “Singar”. Del nuovo disco, uno dei più interessanti dell’anno nel panorama italiano, parliamo con Tobia Poltronieri (voce e chitarra) in una pausa del tour che li sta portando in giro per l'Italia.
Con questo album chiudete la “Trilogia della Lessinia”. Significa che dal prossimo le cose cambieranno e reciderete il vostro legame col territorio?
Sicuramente le cose cambieranno, stanno già cambiando, cambiano sempre per fortuna. Il nostro legame con la nostra Lessinia però rimane e rimarrà fortissimo.
Anche stavolta avete scelto un titolo in lingua cimbra. “Fluttarn” significa….?
…“Svolazzare”, “volare via”.
Sull’album suonano diversi ospiti. Come sono nate le collaborazioni con Hakon Gebhardt e Marco Fasolo (peraltro già produttore di “Ruvain”)? In effetti i Jennifer Gentle riecheggiano in alcuni punti.
Hakon lo abbiamo contattato attraverso il nostro amico Martin Hagfors, suo collaboratore per un sacco di anni. Gli abbiamo mandato il pezzo, gli è piaciuto molto e così assieme a Karl Martinsen hanno registrato banjo e steel guitar su Est 1973… una grande emozione per noi. Marco lo conosciamo dall’estate 2011 quando gli lasciammo una copia di Singar, il nostro primo EP, al festival che organizzarono i Verdena al Ferrara Sotte le Stelle. Da allora ne abbiamo combinate un bel po’ assieme.
Le sonorità sono un po’ più “barocche”. E’ stata una scelta precisa?
Con questo disco abbiamo mischiato le varie tecniche di registrazione che abbiamo sperimentato in questi anni: presa diretta, traccia per traccia, editing e post produzione pazza, microfonazione anni ’40 e virtual instrument… un bel cocktail di suoni ed esperienze. E no, non era assolutamente deciso. Il risultato è il frutto di 9 mesi di lavoro, un vero e proprio bimbo.
Bruce Skate ricorda molto alcune tra le cose migliori dei Wilco. Vi ci ritrovate?
È sicuramente un complimento anche se non era assolutamente intenzionale. Almeno non in quel brano. Adoriamo i Wilco.
Sul disco c'è un riferimento ai Rolling Stones e uno ai Beatles. Come mai?
Ci piace citare le chicche, quei gruppi poco sconosciuti ma a nostro avviso molto validi.
Est1973 e Moon Boots profumano di storia (Grateful Dead, Neil Young & Crazy Horse, ecc.) ma uno dei brani migliori trovo che sia Rather Than Saint Valentine's Day part III, che senza voler essere blasfemo mi ha ricordato alcune atmosfere dei Blur psichedelici di “The Great Escape”. Quali sono i vostri ascolti fuori dal range che normalmente vi si associa?
Grazie, wow che complimenti! Kendrick Lamar, Captain Beefheart, Terry Riley, Gigione e tanta altra roba. Ascoltiamo veramente tanta musica, sempre e per sempre.
Ho letto che ad un certo punto avete dovuto scegliere se la band dovesse restare un hobby o diventare un lavoro, e immagino che la decisione sia stata sofferta. Come sono stati quei momenti?
È stato un percorso molto lungo. A dicembre 2013, otto mesi dopo l’uscita di “Ruvain”, è avvenuto il cambio di formazione: avevamo in programma la collaborazione con Martin Hagfors, Primavera Sound, tour tedesco… troppe cose che c’hanno messo di fronte la realtà dei fatti: stavamo facendo sul serio ed era necessario esserci o non esserci. Una scelta non facile ma inevitabile.
In tema di ascolti, vi è piaciuto l’ultimo lavoro di Sufjian Stevens ? E il più bel disco dell’anno secondo voi?
Sarò sincero: non l’ho proprio ascoltato… Su Sufjian sono rimasto indietro di almeno due album, ma avevo pensato di andare all’ultimo tour che ha fatto qualche mese fa. Quest’ultimo disco sembra nelle nostre corde, no? Il più bel disco dell’anno parlando a nome del gruppo probabilmente è “To Pimp A Butterfly” di Kendrick Lamar.
Ci sono altre band del veronese con cui state condividendo il percorso o vi sentite più una mosca bianca in tema di psych-folk?
Come ti dicevo non c’è molto psych a Verona, ma ci sono comunque dei grandi gruppi come Jenny Penny Full, Hardcobaleno, Contrada Lorì… tutti grandi amici con cui abbiamo avuto il piacere di lavorare.
”Fluttarn” è dedicato a Roberto Rizzini. Vi conoscevate?
Certo, Bobby era nostro carissimo amico, da ben prima che fondasse la mitica Contrada Lorì.
Del tour che mi dici?
Il “Fluttarn Tour” è cominciato da un mese e saremo in giro tutto dicembre per chiudere l’anno il 31 proprio a Verona.
(foto © Ana Blagojevic)
Articolo del
26/12/2015 -
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