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Andrea Appino non riuscirebbe ad essere banale neanche se ci si mettesse d'impegno. La conferma è quest'intervista che il leader degli Zen Circus ha rilasciato ad Extra! in cui parla del tour in corso della band toscana, dell'ultimo disco, della scena indie, di TV, di provincia e di morte. E capiamo anche perché il governo di Renzi non poteva durare: una questione di fosforo.
Partirei dal tour, che vi sta dando un sacco di soddisfazioni. Ve l'aspettavate? In un certo senso no, almeno non in questa misura. Invece sta andando benissimo, sold-out ovunque, tantissima gente. Bellissimo.
E' andata bene anche a Roma, dove per la prima volta avete riempito l'Atlantico.
Roma è un caso a parte per noi, ci siamo arrivati piano piano. E' una città dove non abbiamo mai spaccato più di tanto, non lo so perché. Siamo più "milanesi", o comunque più nordici, in termini di adozione e successo. Forse perché Roma è parecchio "romacentrica" e per una realtà di provincia come noi è più difficile imporsi lì. Ma davvero, una spiegazione logica non ce l'ho. Del resto la storia dei Zen è piena di stranezze.
Come avere un pubblico così giovane...
Sì è vero, quest'anno poi ne sono arrivati molti altri di fan. Specie nelle prime file dei nostri concerti noto un sacco di giovanissimi. C'è gente che ci segue dal 2004-2005 ma pure molti che ci stanno scoprendo adesso.
Anche perché, immagino, per una band è un tantino desolante trovarsi di fronte un mare di teste bianche...
(Ride, ndr) Ma sì dai, va bene tutto.
Il disco invece come sta andando?
Clamorosamente bene! In due settimane abbiamo fatto le vendite di due anni. Ma al di là dei numeri siamo contenti che sia piaciuto. Vendere o no ormai non ci cambia la vita, facciamo dischi perché ci piace e perché così possiamo andare in tour.
Quindi siete contenti. Il mood dell'album, però, stavolta sembra più crepuscolare.
In verità molti mi dicono il contrario, almeno per la parte musicale. Dicono che sia molto luminoso nelle melodie e negli arrangiamenti e magari catastrofico, quello sì, nei testi. Ma non è una scelta a priori. Noi semplicemente facciamo "fotografie" di quello che vediamo. E si possono fotografare bei tramonti così come scene di degrado o devastazione. Io personalmente non mi ritengo una persona felice nel senso che non sarò mai completamente soddisfatto e so che non raggiungerò mai la piena serenità. Non è un problema, è una presa d'atto e va bene così. E ovviamente nei testi ne parlo perché è questo il mio modo di intendere la vita, non solo la musica.
In effetti vi esponete in modo quasi disarmante nei vostri testi, difficile trovare qualcuno altrettanto coraggioso anche tra i nuovi cantautori. Come mai secondo te?
Ognuno fa il suo, non c'è un modo migliore o peggiore di intendere la musica. Prendi De Andrè. Sarà stato pure bravo ma non ha mai cantato mezza volta dei cazzi suoi. Si esponeva, sì, ma non è stato mai un grande cantore dell'"io". Molto probabilmente lo è stato di più Vasco, ma sono entrambi due leggende, ognuno alla sua maniera. A noi viene spontaneo esporci, con tutti i pro e i contro, ma non so perché. E' così e basta. E quelle volte che abbiamo provato a non essere quello che eravamo, abbiamo fatto schifo.
Credi che oggi abbia ancora senso il rock per le persone?
Non lo so ma ha senso per me. Vedi, io sono un vecchio di merda, sono stato adolescente negli Anni '90, quindi puoi immaginare con che idea di musica sono cresciuto. Pertanto ho difficoltà a non immaginarmi in una rock band, è una questione d'urgenza espressiva. Anche se poi magari uno può fare il disco più pop del mondo. Certo oggi il rock è in decadenza, non sta portando aria nuova, non solo alla musica ma in generale. E' troppo legato a stilemi antichi. Il mio sogno è rivitalizzarlo, sento il dovere di portare avanti questa cosa e per me sarebbe una delle soddisfazioni più grandi avervi contribuito anche in minima parte. D'altronde vengo dalla provincia e so che ovunque nel mondo ci sarà sempre il ragazzino disagiato che vorrà prendere in mano una chitarra. Questo è il motivo per cui io sono ancora vivo oggi. Poi se il ragazzino invece della chitarra scende in cantina e usa la drum-machine dello zio va bene uguale eh.
Che effetto vi fa essere accostati a Calcutta e I Cani?
In effetti sta succedendo qualcosa di strano. L'altro giorno leggevo un articolo del Corriere della Sera in cui ci includevano nella nuova generazione dell'indie italiano... Cioè capito, abbiamo 40 anni, il nostro primo disco è del 1998 e ci accostano a gente uscita adesso e che ha 15 anni meno di noi... Che poi la cosa non è che ci dispiaccia eh. Però evidentemente è anche una questione di moda. Vedila dal nostro punto di vista: noi in 18 anni ne abbiamo viste di tutti i colori, abbiamo incontrato miriadi di band sul nostro cammino che sembravano la "next big thing" per poi ritrovarle più avanti col motore in panne...Adesso ce la godiamo anche perché non abbiamo mai vissuto l'"hype". Forse ai tempi di 'Andate Tutti Affanculo' ci fu una cosa simile ma pure lì la cosa fu abbastanza lenta. La notorietà può arrivare e scomparire, quello che rimane è la musica e quello che scrivi. A me da ragazzo non interessava diventare famoso: volevo diventare leggendario. Sono cresciuto con gente come Henry Rollins e Fugazi, quell'etica lì mi è rimasta dentro. Poi, per carità, ascolto anche Beyoncè, non sono fissato o retrogrado. Quindi sorridiamo di questa notorietà, ne siamo contenti ma il banco di prova rimane il live, la provincia. Noi facciamo i numeri migliori in provincia, nei territori emarginati, ed è una cosa che mi riempie d'orgoglio. Fa parte di quella cosa che dicevo prima del diventare leggendario, è un sentimento intrinseco che mi porterò dentro fino alla morte.
La morte, ecco. Ne parlate spesso nei vostri testi.
Noi cantiamo costantemente la morte. Siamo molto fatalisti e non ci fa per niente paura. Ogni volta che partiamo in tour diciamo sempre "ci vediamo lì. Forse". Poi più invecchi più la fine la vedi vicina. Prima o poi arriva, da lontano o all'improvviso, ed è una cosa che se ci pensi è bella. Che ti può capitare di meglio? Fa paura come prospettiva, ma non mi fa paura ironizzarci sopra. E' una cosa molto toscana. Da noi due cose non sono tabù: le mamme e la morte. Se da qualsiasi altra parte d'Italia dici "c'hai la mamma maiala" oppure "ti venisse un tumore", rischi che ti menano. Da noi è all'ordine del giorno.
I toscani non vanno di gran moda ultimamente, vedi la fine del governo Renzi.
Ci sono toscani e toscani. Volendo fare un paragone con la comicità, sarebbe come accostare il grande Carlo Monni, un attore meraviglioso che lavorò con Benigni in "Berlinguer ti voglio bene", a - chessò - Pieraccioni. Forse aveva ragione chi diceva che i toscani hanno rovinato la commedia italiana. E comunque anche noi non siamo immuni dall'essere deficienti. Ma la Toscana è grande, mica è solo Firenze. I fiorentini sono diversi dal resto dei toscani, di loro si parla più spesso perché sono più ciarlieri, più vanitosi, più convinti di essere loro i toscani autentici. Ma non è vero. E poi aspirano la 'c', cosa che noi litoranei (io abito a Livorno) non facciamo, e mangiano poco pesce, quindi hanno poco fosforo.
Sarai pure litoraneo ma non sei nato a Pisa?
Ma Pisa era una repubblica marinara, quindi trasferendomi non ho fatto altro che riappropriarmi della costa che a noi pisani ci è stata sottratta dall'insabbiamento.
E' perché ormai abiti a Livorno che hai scritto Pisa Merda? Pisa merda ci segue nel mondo. E' scritto ovunque: sul Muro di Berlino, sulla Muraglia cinese, perfino in Tasmania. In concerto è divertentissimo suonarla, anche perché insultiamo un sacco di città in quel pezzo lì. Siamo una delle poche band che possono permettersi di far dire al pubblico "merda" della propria città. Invece di dire "grazie Roma" o "grazie Milano" gliele facciamo insultare: è un momento molto 'Zen'. Come anche quando evitiamo la pantomima di uscire per i bis. A volte lo facciamo, altre no. Quando accade diciamo sempre "ok, adesso faremo quella finta lì... ". L'inculata è che quando non lo fai la gente s'incazza se non ti vede rientrare.
Dal palco alla TV. Hai visto qualche puntata di X-Factor con Manuel Agnelli?
Solo qualche spezzone su Internet, la TV non la guardo, e non lo dico per farmi figo. Anche se poi domenica 11 dicembre abbiamo suonato a "Quelli che il calcio". Ma lì è diverso, è più onesto. Si suona un pezzo e ci si leva dal cazzo. Anche i Black Sabbath andavano a suonare in TV.
Quindi non faresti mai il giudice in un talent?
Non ne avrei le palle. Per quella roba lì ci vuole uno come Manuel, per tutta la sua storia, il suo percorso. E' formato mentalmente, ha una sua coerenza. Io no. Crollerei per la vergogna dopo cinque minuti. Ripeto, ho problemi seri con la TV, mi sembra tutto finto. Poi magari le storie che raccontano lì dentro possono essere vere, ma a me non me ne frega un cazzo. Qualche anno fa - non l'abbiamo mai raccontato - ci chiamarono per un talk-show su La7 per andare a parlare col ministro del lavoro. Rifiutammo, perché non c'era da suonare. Io ci vado in TV ma per suonare. Mi chiami al Primo Maggio? OK. Ma non mi sentirei a mio agio a fare qualsiasi altra cosa che non fosse suonare.
La TV è responsabile anche dell'appiattimento culturale che denunciate in Zingara?
Quel brano parla in generale del delegare all'entertainment il nostro tempo libero, che per me è una cosa folle. L'idea che dopo il lavoro si debba scappare a casa e buttarsi sul divano a guardare la TV mi fa ribrezzo. Non che la TV sia il male assoluto, intendiamoci, non voglio sembrare snob e non sono custode di nessuna verità. Dico solo che mi fa tristezza che si preferisca stare sul divano a guardare quello che fanno altri. Il tempo si può impiegare in modo molto più interessante. Io quando posso esco sempre, forse sono malato, boh (ride, ndr). Sto sempre in mezzo alla musica, quando torno da un tour vado in studio, registro, suono, produco, vado ad un concerto, vado a vedere le band emergenti...E magari - che ne so - lì incontro la donna della mia vita, la futura madre dei miei figli. Insomma c'è un mondo là fuori.
E là fuori hai incontrato anche Dente, di cui hai prodotto l'ultimo lavoro. Com'è stato lavorarci?
In realtà non l'ho prodotto, sono stato più un tecnico. Ne avevamo parlato dall'inizio, lui aveva subito messo in chiaro che voleva che tutto fosse come diceva lui. Io ho solo messo in bella quello che lui aveva fatto a casa.
Stai lavorando a qualcos'altro adesso?
Sì, al nuovo di Bobo Rondelli. Proprio in questi giorni mentre sono in tour.
Avremo un terzo album di Appino solista? Non credo. Con i Zen abbiamo raggiunto una serenità tale per cui se un tempo avevo bisogno di spazio per fare una cosa mia adesso so che nella band quello spazio posso averlo. Insomma ci siamo tranquillizzati parecchio. Restiamo sempre un 'circus' ma molto più 'zen'.
Articolo del
14/12/2016 -
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