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Quello che ci narra Udde nel suo primo album, The Familiar Stranger, in uscita il 31 marzo per l’etichetta PNR, è il racconto malinconico di una provincia, vista dalla finestra della cameretta. Ogni canzone è una storia frutto di osservazione e di immaginazione. Perché i Familiar Strangers sono tutte quelle persone che vediamo ogni giorno e che quasi conosciamo: il giornalaio, il tabaccaio, il tossico davanti al supermercato, la vecchietta che lo guarda male.
Sono personaggi di cui ignoriamo la storia ma di cui conosciamo la vita di tutti i giorni, perché la osserviamo da vicino e a volte entriamo a farne parte. Udde nome d'arte di Gian Mario, è un ragazzo di Sassari, 36 anni, polistrumentista. La prima cosa che gli chiedo è perché mai abbia scelto questo nome. Sperando che non mi rispondesse solamente “E' il mio cognome”. Ma non è così, infatti Udde è semplicemente un nome inventato e tratto dal soprannome che gli affibbiarono alcuni amici musicisti americani cioè dude, ovvero “ragazzo”. Certo che Udde suona ineluttabilmente come un appellativo sardo!
A questo punto dopo aver rotto il ghiaccio, gli chiedo della sua storia e del suo background musicale (e non solo) Ho cominciato a suonare la batteria da piccolo, con i parenti, facevamo beat anni '60, poi crescendo mi sono avvicinato alla musica più pesante negli anni '90, suonavo grunge e anche black metal in un gruppo. Poi sono tornato indietro e ho studiato tutta la musica dagli anni '60 in poi, cercavo un approccio un po più enciclopedico
Questo album però ha un suono molto new wave, molto anni ottanta Si ha un suono molto anni '80 ma non perché sia il genere che preferisco, ma perché penso sia il giusto sound per quello che ho scritto e per quello che volevo comunicare
A proposito di questo, ho letto una tua frase in cui accosti i Righeira ai Kraftwerk, è una provocazione? Ma guarda, non è una vera e propria provocazione, anche perché i Righeira sono tra i miei primi ricordi musicali e riascoltandoli ho capito che erano molto avanti rispetto la musica italiana
Si infatti, la produzione più commerciale ha magari eclissato una produzione strumentale molto più originale Infatti ho cercato di utilizzare delle basi krautrock unendole con delle basi più “disco” italiane per rendere omaggio ai due stili, così come nel singolo One Heaven
Il singolo One Heaven è uscito da poco e non si può fare a meno di riconoscere le atmosfere di cui si è parlato. Hai definito la tua musica “becero pop” ma ascoltandola, a me sembra semplice ed elegante, perché la definisci così? Bè, questo si ricollega col concetto di provocazione di prima, in molti casi il termine “pop” è usato con un'accezione dispregiativa, come se fosse un genere “bastardo” che guarda solo al richiamo di più pubblico possibile. Secondo me invece non è così, nonostante io viva un ambiente molto underground, non credo che il pop sia da buttare, le produzioni patinate degli anni '80 erano frutto di collaborazioni di gente che aveva una testa così, non gli ultimi arrivati... Si, in questo caso è una vera provocazione!
Cosa intendi con “Familiar Stranger”? Forse quella finta connessione che ci fa sembrare tutti vicini ma in realtà distanti e stranieri anche in famiglia? Guarda, da un certo punto di vista hai ragione, ma in realtà “Familiar Stranger” ha un significato ben preciso. Lo trovai quando facevo l'università, non ricordo se in un libro di sociologia o di psicologia. Con questo concetto si definiscono tutte le persone che conosciamo di vista, che non conosciamo profondamente e che vediamo tutti i giorni durante la nostra vita. Questa immagine mi ha subito colpito. Mi ha colpito il contrasto fra le due parole e ho pensato che fosse il titolo perfetto per questa raccolta di storie di persone. Questo è il tratto che unisce i vari racconti di vita. Io ho preso spunto da quello che vedevo nel mio quartiere a Sassari, ma sono storie che vanno bene per qualsiasi quartiere non troppo “benestante” e che vanno bene per qualsiasi provincia
Vivendo anche io in provincia so bene di cosa parli e sono perfettamente d'accordo con te! Ma quindi questo concetto fa tutt'uno con il concetto di “Vojauerismo puro” di cui parlavi nelle tue dichiarazioni. E' come se tu fossi affacciato alla finestra e senza voler giudicare, assolvere o condannare, ti sia messo a descrivere quello che vedi sostenuto da una vena di sarcasmo Si, quello che ho scritto è una storia verosimile, perché non conoscendo direttamente le persone non posso essere sicuro che le storie siano vere. E' un insieme di vojauerismo e fantasia. Forse è un po' da bambini, ma mi piaceva l'idea
Che cosa ne pensi della scena italiana di oggi? Come la vedi in riferimento a quello che fai tu? Mi sembra che di questi tempi vadano per la maggiore i cantautori, non ho niente contro di loro ma non è un genere che mi attira. Neanche volgendo lo sguardo all'indietro! So che sto per dire una cosa sacrilega, ma a parte Battiato, non ho mai apprezzato tanto questo genere. Quindi ovviamente so che la mia musica non potrà avere lo stesso richiamo. Tuttavia in Italia queste cose cambiano velocemente: basta un'artista che apra una nuova via per fare in modo che altri lo possano seguire
Si capisco, hai ragione, è quasi sempre stato così, come per la musica indie o per il rap e l'hip hop. C'è chi ha aperto la strada e ha fatto in modo che anche altri artisti del genere fossero apprezzati. Ma quindi, stando così le cose, è come se tu avessi scritto questo album per pura voglia di raccontare No, non direi così, io di solito mi siedo al pianoforte o prendo la chitarra quando ho voglia di scrivere una canzone, ma non preso dall'ispirazione. L'ispirazione è un concetto che non afferro del tutto. Per me scrivere la musica è un lavoro da artigiano, i testi invece vengono sempre dopo e per me sono una cosa molto più difficile
Vuoi dire che se fosse per te faresti solo produzioni strumentali? Bè diciamo che amo la musica strumentale ma mi rendo conto che la voce, se ben usata, è fondamentale per far avvicinare l'ascoltatore. Il suono che fa la voce è un elemento in più ed è determinante. La voce crea empatia
L'intervista si chiude su una dichiarazione molto intima. Una dichiarazione che penso possa far capire la genuinità di Udde. Alla mia domanda su progetti e collaborazioni future mi risponde con “A parte che purtroppo e per fortuna lavoro, quindi non potrei organizzare live, ma il problema è che salendo sul palco vengo colto da tremendi crampi allo stomaco. Quando suonavo in passato, dopo il concerto dovevo stare mezz'ora da solo, piegato in un angolo per aspettare che i crampi finissero. Ma spero comunque di ritornare a suonare dal vivo in futuro.”… In un mondo di artisti che già si sentono arrivati dopo un EP, il realismo e la spontaneità di questo musicista sono la conferma che qualcosa di nuovo si muove nel caos della scena musicale italiana e il suo nuovo disco può essere un primo tassello
Articolo del
28/03/2017 -
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