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In occasione del concerto romano, abbiamo fatto quattro chiacchiere con Veronica Lucchesi, cantante de La Rappresentante di Lista e siamo entrati, grazie alle sue parole, nel mondo di questo gruppo siculo-toscano che tanto sta facendo parlare di sé da due anni a questa parte.
Se è vero che ogni artista ha una o più muse ispiratrici, voi a chi vi ispirate e qual è, invece, il vostro lato più originale?
Solamente io e Dario scriviamo i testi delle canzoni, quindi capita spesso di essere l’una la musa dell’altro, perché capita ovviamente di vivere a stretto contatto. Tra di noi, nella nostra piccola comunità di gruppo, prendiamo ispirazione da qualcosa che ci capita di fare o dalla vita che conduciamo. Inizialmente eravamo in due, ci trovavamo a girare per i vari concerti e vivevamo una situazione casalinga fuori da casa nostra, in case diverse, quindi eravamo sempre ospiti in qualche modo. Tutto questo è stato fonte di grandissima ispirazione per Bu Bu Sad, dove c’è appunto una canzone che si chiama “Siamo Ospiti”. In più io credo che sia impossibile non prendere ispirazione, quindi anche quando ti svegli con grandi folgorazioni che sembra vengano dal niente, non sono in realtà totalmente tue, perché nella vita siamo sempre contaminati dagli altri, da un dialogo o anche dal silenzio che si crea in una stanza
Bu Bu Sad è stato un album molto apprezzato da pubblico e critica, inoltre rappresenta un cambiamento per il vostro sound. Com’è stato concepito? Continuerete su questa linea o sperimenterete ancora?
Bu Bu Sad non è stato concepito come un disco con un unico filo conduttore, sono nate per prima le canzoni. Abbiamo compreso solo successivamente che quelle stesse canzoni avrebbero potuto far parte di un unico disco. Inizialmente, quindi, c’è stato un periodo di lunga gestazione in cui abbiamo ritrovato dei quaderni dove avevamo appuntato quello che ci era capitato, luoghi che avevamo attraversato, condizioni in cui c’eravamo trovati. Tutto questo, come di fronte a uno specchio, ci ha dato l’immagine di noi, di quello che avevamo vissuto e di come queste canzoni durante questo percorso erano nate. In quel momento ci siamo resi conti che era giusto raccontare di quando eravamo stati ospiti, di quando ci eravamo ritrovati pronti a esplodere, ma nello stesso tempo spaventatissimi come delle mine vaganti. Abbiamo ricordato di quando abbiamo vissuto delle situazioni talmente forti da non riconoscere l’altra persona. Tutti questi brani si sono incastrati come in un puzzle. Sicuramente la voglia di sperimentare musicalmente è ancora grandissima e pulsa dentro di noi. Quindi io credo che se non andremo nella stessa direzione, sarà una diramazione di quella stessa strada
In un’intervista Giorgio Canali (ex CCCP, CSI) vi ha definito “Un progetto davvero molto affascinante, fuori moda e fuori di testa”. Quanto vi rispecchiate nelle sue parole
Assolutamente mi rispecchio in quello che dice (ride). Dopo il primo giorno con Giorgio ci portiamo dietro un amore folle, ci teniamo a tenerci in contatto, perché questa stima reciproca è andata sempre più crescendo e persiste. Lui viene a trovarci durante i concerti ed io rimango sempre sconvolta ed emozionata da questo. Quello che lui dice “fuori moda” ci appartiene molto, nel senso che anch’io mi rendo conto che siamo proprio fuori da ogni schema. Non è che uno però lo fa apposta o lo fa con un senso, viene tutto piuttosto naturale. È così che siamo. Tante volte ci siamo definiti “queer”, perché si avvicinava a qualcosa che ci appartiene, qualcosa che non ha un genere definito. Giorgio, oltre a essere fuori di testa, che è una cosa che ci accomuna, una volta ci ha definiti “oblique”, cioè qualcosa che va parallelamente per una direzione, ma poi ha delle sviate stralunate, un po’ fuori di testa appunto come dice lui
Sicuramente non siete classificabili all’interno di un genere predefinito. Voi a quali generi musicali vi sentite più vicini?
Non sapendomi troppo bene classificare, credo che quello che facciamo attinga molto dalla musica classica e dalla musica lirica, sia per la coralità sia per la lirica che hanno alcuni testi e, alcune volte, il mio modo di cantare. Mi piace pensare che ci sia una vena anche un po’ rock, ma anche funky per via di arrangiamenti che abbiamo deciso di fare su alcuni brani. Insieme agli altri ragazzi in questi giorni ascoltavo i Matia Bazar e trovo ci siano alcune affinità. Poi la voce di Antonella è fighissima. C’è moltissimo … se pensi alle sezioni di fiati, a questo modo quasi da processione funebre … mi fa pensare alle bande di paese, al folklore, alla musica popolare. C’è tanta contaminazione, per questo forse si crea anche tanta confusione di generi e noi non riusciamo ad averne uno!
Ho letto nel comunicato stampa uscito in occasione del disco live di Bu Bu Sad che per voi scrivere canzoni «è un momento privato, un momento di disgraziata confessione (…). Cantare è un atto pubblico, un atto salvifico per chi dice e chi ascolta». Come avviene questo passaggio di apertura dal privato al pubblico?
Semplicemente quando abbiamo un piccolo scheletrino della canzone che abbiamo creato, prendiamo questo scheletrino e lo portiamo all’ascolto dei nostri amici, di chi capita a casa nostra o in una bella situazione insieme ad altri musicisti. Quando lo facciamo ascoltare a qualcuno, anche se è un amico, ci mette addosso un’adrenalina e un’emotività alle stelle. Spesso ho la tremarella. Questo è il primo passaggio, un po’ protetto diciamo. Le persone care diranno quello che pensano con calore e cura. Successivamente si portano ad ascoltare i pezzi a chi farà sì che un disco esca. Facciamo ascoltare tutto a Roberto Cammarata che ci aiuta nella scrittura e che ha collaborato con noi sia in “Per La Via di Casa” sia in “Bu Bu Sad” o negli arrangiamenti di alcuni brani come la cover di Loredana Bertè. Lui è sempre presente, ci conosce e capisce il nostro gusto. Non ci è mai capitato di scrivere una canzone, farci un video e farla ascoltare. Ci piace prima digerirla a noi e poi riusciamo a consegnarla agli altri. Da questo momento in poi sarà pronta per essere trasformata. A quel punto non è più nostra, diventa di tutti
C’è un brano del vostro repertorio che meglio rappresenta il progetto de La Rappresentante di Lista?
Ti dirò che mi sono appassionata alla versione live di alcuni brani. Per esempio di “Mina Vagante” sono molto innamorata. Mi piace cantarla, sono felice. Mi piace il testo, mi rende soddisfatta di averlo scritto in quel modo. Mi piace l’arrangiamento che inizia a un paio di minuti dall’inizio della canzone. Mi restituisce un modo di scrivere che vorrei continuare a seguire
Progetti futuri e sogni nel cassetto?
Il futuro alla fine è anche domani, no? (ride). Intanto domani saremo a Roma. Questa estate andremo a Budapest allo Sziget Festival, dove ci saranno delle grandi band. Vedremo dei concerti super. Poi … andare al concerto degli Arcade Fire … ho già comprato i biglietti! E poi sogni? Suonare, suonare bene e sperare di trasmettere qualcosa di sincero. Se non avrò più niente da dire di sincero e che sia di aiuto, spero di rendermene conto il prima possibile e di non cantare tanto per, ho bisogno di farlo con un senso, ho bisogno che questo senso esista e che sia utile
Articolo del
01/04/2017 -
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