Poco più di 18 anni e un grande talento compositivo ed improvissativo. Giuseppe Vitale è senza dubbio uno dei pianisti più interessanti fra le nuove generazioni, capace di utilizzare il linguaggio della tradizione e del cosiddetto jazz mainstream con le influenze moderne.
Juttin’ Out è il disco d’esordio di questo giovane artista pubblicato da Emme Record Label nel 2018 con la partecipazione di Stefano Zambon al contrabbasso ed Edoardo Battaglia alla batteria. Presenti, invece, in qualità di ospiti i fratelli Matteo Cutello alla tromba e Giovanni Cutello al sax alto.
Giuseppe Vitale Trio (GV3) è una band giovanissima formata da musicisti dalle grandi aspettative. Ne abbiamo parlato con il leader che ci ha raccontato il progetto nei dettagli…
Giuseppe, per cominciare l’intervista partiamo proprio dal titolo “Juttin Out” che letteralmente significa sporgersi: che significato ha per voi questa espressione? Come hai detto tu, letteralmente, Juttin’ Out significa sporgersi…e più specificamente per noi, sporgersi in qualcosa di completamente nuovo, fare un salto in un vuoto che oltre a vuoto è ignoto, iniziare a dare un vero sguardo nel mondo dei grandi, dei “lavoratori”, di quelli che prima di noi hanno avuto una carriera nella musica
In questo disco il linguaggio tradizionale dell’hard bop si sposa con un jazz dal sapore decisamente moderno: ci vuoi descrivere brevemente Juttin’ Out? Juttin’ Out deve essere solamente l’introduzione a ciò che faremo, a ciò che stiamo preparando… non siamo qui per suonare mainstream, non siamo qui per suonare bop; non siamo qui per fare musica già fatta e non siamo qui per suonare mondi già suonati. Ma, per farci apprezzare dapprincipio e da un pubblico di giovani e da un pubblico di amanti dei vecchi linguaggi, cosa può esser meglio del partire da un linguaggio già noto ed arrivare a dare già un assaggio di quello che, in questi anni, proporremo?
Il trio che hai composto è completato da altri due giovanissimi: ovvero Stefano Zambon ed Edoardo Battaglia: perché la scelta di questi due elementi? Credo (e so per certo di non essere stato assolutamente il primo a pensarlo) che attualmente Stefano ed Edoardo siano i più grandi talenti dei loro rispettivi strumenti in tutto il Paese. C’è tanta gente brava e ce n’è abbastanza molto brava ma, partendo dal fatto che si è instaurato in poco tempo un rapporto di vera fratellanza che ha dapprima dato vita al progetto e in seguito rafforzato progressivamente ogni rapporto umano e, QUINDI, musicale, Stefano ed Edoardo mi hanno dato una dose di fiducia che pochissimi altri avrebbero saputo darmi, seguendomi in ogni cosa e accettando in questo modo non pochi compromessi. Compromessi che ci hanno portati però, come speravo, in una posizione che un anno fa non avremmo mai potuto sperare di raggiungere. Quale? Lo si vedrà pubblicamente nei prossimi mesi
Raccontaci adesso la storia del trio, come è cominciato tutto e come siete arrivati alla prima produzione discografica Io ho conosciuto Edoardo alle clinics di Umbria Jazz nell’estate del 2016 e ci siamo subito musicalmente innamorati l’uno dell’altro. Lo stesso anno ho invece suonato per caso con Stefano insieme a Enrico Rava al Mortara Jazz Festival. Quando Stefano Bagnoli mi ha chiamato per formare il nuovo We Kids Trio (per suonare all’evento annuale organizzato da Paolo Fresu per i terremotati de l’Aquila) ho proposto proprio Zambon, e da lì è nata l’altra formazione che più mi ha fatto crescere insieme al GV3. Credo che il punto forte del trio sia l’unione dei rapporti musicali che ho io con i ragazzi e che hanno tra di loro. Mi spiego…Zambon è una macchina da swing, non lo sposti neanche se lo prendi a calci, e questa è la base che necessito io quando voglio aprire ed ampliare la situazione insieme ad Edoardo, il quale trova la sua forza proprio nell’interplay, nella creatività e nella sintonia che riesce a sviluppare con me quando dobbiamo fare qualcosa che non abbiamo mai provato a fare. Ma la parte divertente è l’incastro, è il vedere come si scatena Zambon se quelli ad andare dritto siamo Edoardo ed io…o, perché no, se si alleano tra di loro, il vedere come io provi a seguire idee che loro stanno sviluppando completamente insieme, come uno stop o una vamp o qualsiasi altra cosa possa essere improntata sulla sintonia tra i membri del gruppo
Come ti sei appassionato al jazz e soprattutto cosa ti piace di più di questo genere, se così possiamo definirlo? Mi sono avvicinato e appassionato al jazz semplicemente trovando le persone giuste, partendo da mio padre, passando poi per i miei maestri e mentori Alberto Bonacasa, Rossano Sportiello, Antonio Faraò
Parlaci, adesso del tuo percorso musicale, da quando hai cominciato la tua avventura nella musica fino ad ora? (C’è stata una persona in particolare che ti ha aiutato nel tuo percorso) Ho frequentato le scuole medie a indirizzo musicale a Mortara senza grandi risultati, ma l’ultimo anno, con il cambio dei professori, ho incontrato il maestro Remo Cadringher, pianista classico che tuttavia ha fatto di tutto per darmi le basi per iniziare, l’anno seguente, un intenso percorso con Alberto Bonacasa presso la Scuola Civica Musicale di Mortara. A seguirmi dall’inizio è stato mio padre che, pur non vivendo con me, in tutte le ore dei weekend alterni che ho passato con lui mi ha dato da mangiare Stevie Wonder, i Beatles, gli Steely Dan e tutto il Rythm and Blues della Stax e della Motown. Sempre con lui sono passato in seguito ad ascoltare Jazz e ora, dopo anni, siamo arrivati al punto in cui le uniche occasioni in cui ci vediamo sono i miei concerti
Per quanto riguarda i tuoi riferimenti musicali, c’è qualche artista in particolare (che hai conosciuto o meno) importante per la tua carriera? Tanta della mia musica arriva da Stevie Wonder, anche se riconosco che forse, a primo acchito, potrebbe non sembrare. Nutro un fortissimo amore per Michel Petrucciani, ma il musicista che più sto seguendo come onda stilistica e come linguaggio è Antonio Faraò, che a sua volta da un anno a questa parte mi sta aiutando e seguendo e tutelando
Visto che hai soltanto 18 anni, come vedi l’attuale scena jazz in Italia ed in Europa? In Europa l’Italia rientra sicuramente tra i paesi con una più valida e ampia proposta jazzistica, abbiamo i fuoriclasse e abbiamo un livello medio molto buono. Ma dobbiamo andare avanti…e con questo non intendo assolutamente dire di eliminare la tradizione, bensì di ampliarla e portarla a qualcosa di nuovo come, in America o in paesi generalmente meno presi in considerazione (come Georgia o Serbia), stanno già facendo
Cosa ti aspetti, invece, nei prossimi anni e a che punto speri di arrivare a livello artistico? Sto imparando a non aspettarmi nulla. Se qualcosa deve arrivare, arriva. Ma spero che continuando a impegnarmi i risultati crescano sempre, come è stato fino ad ora
Un’ultima domanda più concreta: prossimi appuntamenti del Giuseppe Vitale Trio? In programma per l’estate qualche bel concerto tra Lazio e Toscana, ma il 2 Settembre, su invito personale di Paolo Fresu, a l’Aquila suoneremo sul palco principale della rassegna ‘Il Jazz Italiano per le Terre del sisma’…con anche uno special guest! A Ottobre saremo ospiti di un festival vicino a Monaco, in Germania e, con questo chiudo, a Novembre saremo in Sardegna per un paio di concerti…that’s it…jazz it
Articolo del
28/06/2018 -
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