In occasione dell’uscita dell’ultimo album intitolato Go Go Diva, tornano su Extra Music Magazine le parole, i pensieri e le riflessioni de La Rappresentante di Lista, il camaleontico duo formato da Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina.
Abbiamo intervistato i due artisti in occasione dello showcase organizzato presso il live club Na Cosetta a Roma lo scorso 14 dicembre 2018.
Dario e Veronica ci hanno parlato del processo creativo che ha portato al nuovo lavoro, delle canzoni d’amore italiane e dei cambiamenti.
Da Bu Bu Sad a Go Go Diva restano sempre tre parole, sempre un po’ ironiche e amare, ma qualcosa è cambiato, cosa esattamente?
Veronica Lucchesi: innanzitutto siamo più grandi e sono successe tante cose sia nella nostra vita personale, privata sia nel mondo esterno, nella politica. Ci sono alcuni “dettagliucci” che sono cambiati. Si respira un’aria diversa e questo disco è figlio di quest’ultimo anno e mezzo. Ci sono dentro i nostri desideri, le nostre scelte, il nostro modo di vedere la vita, forse un modo più puntuale rispetto a quello di Bu Bu Sad, dove c’erano domande buttate lì per creare un po’ di scompiglio. In Go Go Diva c’è la voglia di andare più nel dettaglio rispetto ad alcune situazioni. Quando si racconta qualcosa di molto semplice si cerca sempre di mettersi davanti una lente d’ingrandimento per andare a scavare nella sua complessità.
Dario Mangiaracina: sicuramente questo è il primo disco che abbiamo pensato per essere suonato interamente con i musicisti con cui già siamo andati sul palco a Berlino e con cui andremo poi sul palco in futuro. Bu Bu Sad, invece, era un disco che avevamo pensato per essere suonato tutto da noi o con dei musicisti che erano “turnisti” o comunque ospiti. Questa è stata la grande differenza soprattutto quando siamo entrati in sala prove per mettere in pratica quella che poi sarebbe stata la versione “live”, perché tutti conoscevamo quella che era la materia delle canzoni, quindi c’è stata più libertà anche di reinterpretare.
Altre cose … sono passati 4 anni, tante cose sono cambiate. È un disco più deciso, quasi una chiamata alle armi. Non ci sono dei riferimenti alla politica, tranne in The Bomb, però siccome a noi piace che le atmosfere delle canzoni diventino quasi un micro mondo, quel mondo è quel “bomb” che stiamo vivendo, anche se il nostro desiderio è dare delle suggestioni, affinché le cose possano cambiare.
A parte i riferimenti al mondo attuale, in Go Go Diva si parla di relazioni sentimentali, passione e anche fisicità. A me è sembrato che questo fosse proprio questo il nucleo principale di tutto il disco è giusto?
Dario: si parla dell’amore! Da un lato sentivamo la necessità di parlare delle relazioni, perché poi alla fine il mondo che viviamo è fatto di relazioni tra persone, di relazioni con gli atti che ci vengono imposti dalla politica (per riallacciarci al discorso di prima) e poi perché in qualche modo, visto che scriviamo canzoni, auto-citando Gloria “Scriviamo solo canzoni d’amore”. La canzone d’amore in Italia è forse l’unica possibilità di scrivere una canzone. Quando scrivi una canzone in italiano nel 99% dei casi stai scrivendo una canzone d’amore, è un po’ una forma. Quello che ci piace fare è inserire dettagli che facciano pensare ad altro, che spostino l’attenzione. È come una forma di pittura (ad esempio olio su tela), la nostra forma di scrittura è la canzone d’amore, dentro una canzone d’amore ci piace inserire anche altri temi che sono la disperazione, il desiderio, la gioia ecc.
Veronica: le nostre canzoni parlano d’amore anche quando non lo fanno. Quello che tendiamo a fare è sempre un atto d’amore. Anche “In questo corpo”, l’altro di cui si parla è un pretesto. La tematica è proprio prendere contatto con se stessi, con la propria bestialità, con proprio essere animali, qualcosa che parte dagli istinti più intimi che non sono legati all’amore, inteso come amore sociale, ma che però è sempre un atto di amore, di cura, di ascolto delle proprie sensazioni e di quelle degli altri. Quindi è anche un appiglio, qualcun altro può appigliarsi e risollevarsi attraverso una canzone del genere.
Dario: quello che succede spesso oggi è che c’è una reiterazione del linguaggio d’odio. Parlerei di relazioni anche complesse, ma che abbiano come prima necessità quella di comprendersi, di avvicinarsi. Nel ritornello di “Poveri Noi” quando si dice “Solo un passo verso di noi” potrebbe essere letto di primo acchito come una frase che una donna dice a un uomo, in realtà per noi è un motto fondamentale, cioè quello di venirsi incontro, fare un passo verso l’altro, l’altro può essere un migrante, il nostro compagno, un collega. Questo tipo di relazione complessa non veniva raccontato in altri ambiti e quindi ci sembrava doveroso raccontare anche di questa possibilità.
In tema di canzoni d’amore italiane, qual è la canzone d’amore italiana che vi ha accompagnato, che vi ha influenzato?
Dario: io penso “Vincenzina e la Fabbrica”, ma ce ne sono tantissime, non si può decidere. Con una compagna hai una determinata canzone d’amore, ad esempio. Non si può scegliere … avrei decine di canzoni da scegliere … da Se ti Tagliassero a Pezzetti …
Veronica: Rosalina …
Dario: anche Calcutta parla d’amore e quando riesce ad andare oltre, raggiunge i momenti più alti della sua scrittura.
Una canzone che ho ascoltato tantissimo, ad esempio, è “Restiamo in Casa” di Colapesce.
Dalle parole passiamo alla musica. In questo disco ci sono musiche meno classiche o folkloristiche, ma più leggere, che fanno contrasto con le parole. Cosa vi ha spinto a ciò?
Veronica: sulle parole non c’è molta ricerca, abbiamo aperto un foglio in condivisione e abbiamo buttato giù pensieri, sensazioni, frasi che ci venivano in mente di notte o nei momenti che ci prendevamo per andare a fare una passeggiata. Devo dire che da subito c’erano delle parole nuove rispetto alla scrittura che avevamo avuto in precedenza.
Dario: per Bu Bu Sad noi c’eravamo imposti di usare la parola amore il meno possibile, era un tabù, ma non perché non volessimo parlarne, ma perché per quella scrittura lì non volevamo usare quella parola. In Bu Bu Sad la parola amore è ridotta all’osso. In Go Go Diva, invece, ci siamo detti: “Dobbiamo usare la parola amore il più possibile”.
Veronica: il più possibile nel senso che se mi viene di dire amore, se ne ho voglia, la dico. Se voglio andare nello specifico raccontando che il corpo è fatto di lingua, di peli, di sesso, di seni, di pancia, lo dico, perché non ci sono mezzi termini per definire gli organi del nostro corpo. È stata una scelta radicale, perché abbiamo deciso così: se lo voglio dire, devo dirlo fino in fondo questa volta e ci provo. Allo stesso modo, se queste parole devono essere tanto taglienti, l’ambiente sonoro che gli devo creare intorno o deve essergli in totale contrapposizione oppure deve creargli l’atmosfera giusta e quindi ogni suono è stato cercato fino al midollo. Partire da un suono molto elettronico che produce una macchina e andare a stravolgerlo totalmente per renderlo più vicino a quello che dovevamo fare. Da questo punto di vista c’è stata tanta ricerca, giornate sane di ricerca di suoni particolari.
(Foto di Riccardo Rossi)
Articolo del
02/01/2019 -
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