Francesco Di Bella ci racconta il suo disco ‘O Diavolo a più di tre mesi dalla sua uscita e più che tracciare un bilancio sul riscontro ottenuto dal disco e dal tour, approfondisce sui contenuti che con questo suo ultimo lavoro in studio ha voluto portare sulla ribalta
Il disco ‘O Diavolo arriva a distanza di due anni da Nuova Gianturco; in questo periodo di tempo quali sono stati i passaggi, come hai elaborato i suoni e i contenuti, e quale è stata l’evoluzione da Nuova Gianturco fino a confezionare questo nuovo lavoro in studio? Sei soddisfatto del tuo lavoro? I contenuti dell’album sono ispirati al momento in cui la nostra società è particolarmente divisa e c’è un’aggressività preoccupante nelle persone. Ho riflettuto su questo lasciandomi guidare, nella scrittura, tra quelle che sono le tante sfumature che separano il bene dal male. Evitando un giudizio ma cercando di porre delle domande. Molte idee sono uscite fuori leggendo la Bibbia, sbirciando sui social. Non penso che il male stia tutto da una parte ma penso che a questo punto bisogna tornare a rivendicare valori come l’uguaglianza e l’amore, altrimenti si resta vittime dei propri demoni. Musicalmente è stata l’evoluzione di un bel periodo trascorso sul palco con dei straordinari musicisti e che ha portato a definire un sound molto particolare.
Nel tuo disco la title track rappresenta una maschera, un simbolo che hai anche indossato sul palco durante il tour; ma tutto il disco, in un certo senso, è una “raccolta” di maschere, ovvero di figure reali o fantasiose del nostro tempo, o anche di circostanze, sentimenti, che tu abilmente racconti da sempre prendendo spunto dalla vita reale e dalla quotidianità. Anche in questo caso gli spunti sono arrivati da tutto ciò? Sono canzoni casalinghe, pensate con calma, scritte con passione. Anche nelle storie più fantasiose ci sono cose che mi appartengono, sentimenti che condivido. È un modo per provare un’empatia con i personaggi e poterla rendere anche dal vivo
La produzione artistica l’hai affidata ad Andrea Pesce, insieme ad Alessandro Innaro e Cristiano De Fabritiis, tre musicisti con cui lavori da diverso tempo ormai che conosci e altrettanto bene loro conoscono te, innanzitutto ti chiedo un commento sul lavoro fatto in studio con loro. Poi, oltre a loro c’è un altro musicista che da lungo tempo è al tuo fianco, Alfonso “Fofò” Bruno, sia in studio che sul palco, anche nelle performance in duo acustico: ti chiedo due parole per raccontare il legame, visibilmente forte, sia a livello artistico che umano con lui É stato un processo di crescita collettiva insieme ad Andrea e tutta la band che ha suonato con me in questi anni. Io sono partito dall’idea di volere un disco asciutto, diretto e pronto per il live. Abbiamo viaggiato tutti nella stessa direzione e il risultato è piaciuto a tutti quanti noi. Andrea è stato bravissimo come arrangiatore e produttore artistico. Con Alfonso, continua un viaggio, iniziato qualche anno fa ed è sempre ricco di soddisfazioni. Con lui ho trovato la possibilità di suonare in modo più intimo ed è una situazione spesso ideale per esprimere le mie emozioni
Per il tour la band è cambiata rispetto al passato: a parte Innaro e Bruno, per la prima volta hai portato con te Salvatore Rainone alla batteria e Roberto Porzio alla tastiera. Abbiamo già raccontato che come esordio è stato assolutamente positivo e apprezzato, ti chiedo quindi di “presentarci” questi due musicisti e dirci come li hai conosciuti e da dove è nata l’idea di arruolarli per i live. In particolare mi piacerebbe sapere le differenze, se ci sono state, fra il lavoro fatto con i musicisti in studio e la preparazione del tour con loro Salvatore Rainone e Roberto Porzio, rispettivamente alla batteria e alle tastiere, sono due musicisti molto bravi, attivi nella scena napoletana già da un po’. Entrambi molto versatili, vengono da scuole differenti ma avevano già suonato spesso insieme, questo ha fatto sì che le cose andassero molto lisce. Abbiamo preparato il live anche in base alle loro attitudini ed il risultato mi piace molto
Il lato umano è un tema che tu spesso porti nelle tue canzoni, sia quando parli di amore, sia quando racconti la triste realtà sociale (penso a canzoni come Carcere, o Aziz). In quali brani di questo disco hai voluto mettere in risalto questo aspetto/tema? In canzone ‘e carcerate c’è ancora una volta il tema delle carceri, un dibattito che si fatica sempre ad intavolare. Le condizioni degli istituti di detenzione sono deplorevoli. In questo caso, metaforicamente mi riferisco anche a tutte le nostre prigioni mentali. Il brano nasce da una poesia di Ferdinando Russo, scritta all’inizio del secolo scorso. Mi ha colpito per il tono così accorato con cui il galeotto si rivolge agli uomini liberi. Sistemando un po’ le cose ne è venuto fuori un brano che parla del valore della libertà
Da artista impegnato, ma anche da persona che vive una quotidianità “normale” in una città come Napoli che è una città che accoglie e allo stesso tempo sa cosa significa essere costretti ad emigrare per una vita migliore, cosa ti senti di dire rispetto alla situazione attuale nei confronti degli “ultimi”, che siano migranti o altri diseredati della nostra società? Mi sento molto vicino a queste persone, dove abito ce ne sono molte e faccio quello che posso per aiutarle. Mi piace pensare che l’integrazione anche se a fatica è un progetto realizzabile. In questo momento c’è chi fomenta odio ed io non sono per niente d’accordo. Nei quartieri più difficili delle nostre città qualcuno sta cercando di innescare una lotta tra poveri
Siamo nel periodo di Sanremo, anche quest’anno guidato da Claudio Baglioni che ha dimostrato con la scorsa edizione che una nuova forma di vetrina della canzone italiana è possibile realizzarla e soprattutto ha avuto la capacità di riavvicinare molti a questo festival che come sempre si porta dietro un circo mediatico non indifferente. Qual è la tua opinione sul festival e, più in generale, sullo stato di salute della musica made in Italy? Non lo so, sicuramente c’è un bel po’ di ricambio generazionale ma penso che sia sempre il solito format, è una vetrina importante a cui è sempre difficile accedere, ci vogliono dei requisiti specifici. Sinceramente lo guardo poco. In generale, penso che la scena italiana sia molto variegata ed è piena di cose interessanti da sud a nord, ce n’è per tutti i gusti. In particolare mi piacciono alcuni cantautori ma anche tante cose del sottobosco. Rispetto alla scena dei ‘90 oggi si è più disponibili a commercializzare la propria arte, all’epoca si era più genuini (ma non è detto che fossimo più bravi
Visto che sono trascorsi ormai più di tre mesi dall’uscita del disco, quali sono le tue sensazioni sulla sua riuscita e quella del tour? Ritieni che il disco, e tutto ciò che hai raccontato in esso, sia effettivamente “arrivato” dove volevi tu? E’ già possibile fare un primo bilancio? Le cose arrivano pian piano e penso che ci siano sempre i margini per lavorare meglio, per ora ho delle ottime canzoni da suonare in giro e questo mi lascia molto soddisfatto. Ho una grande fiducia nelle cose che faccio perché so aspettare e voglio solo che riescano bene
Articolo del
11/02/2019 -
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