E pur si muove. La celebre citazione che leggenda narra fu pronunciata da quel genio ribelle di Galileo Galilei è perfettamente applicabile anche a un contesto come quello della musica indipendente ed emergente italiana. Scrollandoci di dosso con veemenza le accuse di essere disfattisti e pessimisti sulla qualità generale della musica nostrana, ribadiamo anzi che, seppur spesso fuori dai radar, anche in Italia ci sono proposte davvero niente male. Capita infatti di imbattersi in formazioni interessanti come quella dei LEDA, un progetto che porta avanti la sua idea di musica in barba ai lustrini e ai tormentoni che regolano certi generi musicali in Italia.
Il quartetto composto da Serena Abrami, Enrico Vitali, Fabrizio Baioni e Mirko Fermani ha debuttato lo scorso 12 aprile con Memorie dal futuro, definito nella nostra recensione come “un disco, questo, fatto di elementi giusti e gradienti ben dosati, da un mutevole alternative rock (e relative declinazioni) a testi che trasmettono fino in fondo un proprio messaggio e lo fanno con preterintenzionale arguzia”.
Che poi ai LEDA l’appellativo di gruppo emergente va giustamente stretto, in quanto il gruppo rock originario della Marche vanta al suo interno musicisti con un buon background musicale e reduci da esperienze pregresse anche di una certa importanza. Spinti così dalle ottime impressioni che l’album d’esordio dei LEDA ci ha riservato, noi di Extra! Music Magazine abbiamo scambiato due parole con Enrico Vitali che si è gentilmente concesso alle nostre domande, parlandoci dell’ambizioso progetto che vede protagonista la band marchigiana.
Ciao Enrico, benvenuto su Extra! Music Magazine Un saluto a tutti i lettori
Soddisfatti dell’accoglienza ricevuta con il vostro disco d’esordio? Siamo molto soddisfatti perché non è solo un disco autoprodotto ma anche completamente autopromosso. A parte l’ufficio stampa e la nostra piccola etichetta, con il nostro amico Alessandro Piccioni che ci dà una mano, l’album è stato confezionato da noi e dalle persone che ci stanno aiutando, quindi per ora possiamo definirci contenti di come sta andando
Avevi già lavorato in passato con Serena Abrami, in virtù di questo raccontaci come è nato il progetto musicale LEDA e come è stato collaborare nuovamente con lei Lavoro con Serena dal 2012, partecipando al suo album (“Di imperfezione”, ndr) uscito poi nel 2016. Provenivo dall’ambiente new wave, ero in una band che faceva inediti e si chiamava Disorder, quando sono stato chiamato la prima volta a portare questa sonorità in quello che stava scrivendo non ti nascondo che mi è sembrato un po’ strano, dal momento che lei veniva invece dal cantautorato. Ho visto questa cosa come una sfida, ho imparato nuovi modi di suonare e ho fatto diverse esperienze. Col tempo abbiamo anche iniziato a scrivere insieme e adesso siamo compagni nella vita e nel lavoro. I LEDA sono l’ennesimo progetto che abbiamo portato insieme in cui abbiamo fortemente voluto entrambi la presenza di Fabrizio e Mirko, rispettivamente batteria e basso, da cui poi è iniziato tutto
Avete sicuramente un modo tutto vostro di fare alternative rock, ma c’è qualche gruppo in particolare a cui vi ispirate? Guarda, essendo i LEDA l’unione di quattro persone con gusti musicali ed esperienze diverse abbiamo influenze abbastanza varie. Quindi è bello fare musica con gente che poi in sala prove si sente libera di esprimere. Come gruppi guida potrei menzionartene centinaia ma ti cito quelli italiani come i Marlene Kuntz, Verdena e il CSI (Consorzio Suonatori Indipendenti, ndr) , praticamente tutta quella scena di inizio anni ‘90 che c’era appunto in Italia. Il tutto guardando ovviamente a band straniere come Joy Division, gli Interpol, The Smiths, c’è qualcosa dei Radiohead, degli Editors, i Nirvana, insomma tutta una serie di influenze che hanno segnato il processo creativo dell’album
Tra l’altro ricordate proprio i Verdena di Requiem Giusto, poi l’accostamento con alcuni gruppi è inevitabile. Quando ascolti certi generi e poi li riproponi in italiano viene naturale essere associati a determinate band
Uno degli aspetti che salta all’orecchio ascoltando le undici tracce del disco è l’affiatamento che c’è tra di voi, come siete riusciti a ricreare questa sintonia d’intenti sonora? Non abbiamo cercato una formula, è successo un po’ in maniera naturale. Dapprima abbiamo suonato le vecchie canzoni dell’album di Serena, dopodiché abbiamo iniziato a improvvisare e a vivere la sala prova come si faceva in passato, abbiamo trascorso poi alcuni giorni in tour insieme. Tutto questo ha contribuito a creare questa unione, perché non era facile suonare con due persone per la prima volta e far scattare quell’alchimia. Abbiamo lasciato a tutti massima libertà espressiva, non abbiamo deciso una direzione musicale specifica, ci siamo semplicemente messi a suonare e Memorie dal futuro è il risultato che aspettavamo da anni
L’aver lavorato con uno scrittore (Francesco Ferracuti, ndr) per la composizione dei testi è stata per voi più una necessità o una scelta stilistica ben precisa? Un po’ tutte e due le cose. Stilistica perché avevamo già in passato collaborato con Francesco e avevamo gradito molto quello che ci aveva proposto a livello di scrittura; che poi non ci ha fornito dei testi già pronti ma degli scritti che poi abbiamo rielaborato insieme e adattato per le canzoni. Alcuni sono nati a quattro mani, in alcuni c’è maggiormente il contributo di Francesca e in altri quelli di Serena, anche se ci piace pensare che i LEDA è una missione che ci coinvolge tutti Per usare un paragone calcistico Serena è il vostro bomber, ma ha alle spalle comunque una formazione che le permette di esprimersi al meglio Esatto, il nostro è proprio un gioco di squadra e i LEDA funzionano perché funzioniamo insieme. Per esempio la mia chitarra non andrebbe bene in un altro contesto ma qui funziona benissimo, così come quel basso, quella batteria e quella voce
C’è una canzone in particolare, o più di una, del disco a cui ti senti più affezionato? Sono molto legato a “Pulviscolo” perché è nata da un riff che mi ronzava in testa da anni e non ero mai riuscito a dargli una collocazione in un disco o dal vivo. E poi c’è l’aneddoto legata a essa: mentre registravamo in studio è entrato un fascio di luce di luce dove si vedeva il pulviscolo
Più di una coincidenza praticamente Sì, è stata particolarmente ispirata in fase di registrazione anche per questo motivo
Prendendo in esame il titolo del vostro lavoro discografico (Memorie dal futuro, ndr), per i LEDA il futuro della musica italiana è altrettanto distopico? È difficile rispondere, perché la musica in Italia è strana. Non c’è mai una scena abbastanza forte che dura nel corso degli anni come poteva esserla quella degli anni ’90 con il Consorzio Produttori Indipendenti per intenderci. La musica nostrana si rinnova in maniera molto veloce a differenza di quella europea, ogni due o tre anni in genere, con questa corsa al genere che bada a quello che va di moda e basta, senza poi andare a scovare quello che c’è di valido, perché poi di musica valida ce n’è molta in Italia. Si è passati rapidamente dall’indie alla trap ed è diventato difficile per una scena musicale imporsi, proprio perché la musica segue l’evoluzione di una società che vive velocemente
E il futuro dei LEDA invece? Come lo vedi? Innanzitutto speriamo di fare tante date dal vivo, che poi è quello che ci interessa di più, avendo da poco finito il nostro tour di anteprima nelle Marche. Sicuramente questo non sarà il primo e ultimo album a cui lavoreremo, combatteremo per farne altri, e speriamo di fare lo step successivo che ci permetta di suonare in tutta Italia e in Europa se possibile. D’altronde si dice che la felicità per un musicista è quella di stare sopra un palco ed è assolutamente vero
È di qualche giorno fa l’uscita del video del singolo “Ho continuato”, per la regia di Marco Bragaglia, com’è nata l’idea di proporre un video così particolare? Il video è nato dalla collaborazione con questo regista marchigiano, con cui ci siamo ritrovati anche sul piano umano: non avevamo un grande budget a disposizione e Marco Bragaglia è stato disponibilissimo, ha abbracciato il progetto e ha proposto l’idea. Anche noi gli avevamo mostrato le nostre, ma alla fine gli abbiamo lasciato carta bianca su tutto. È stato registrato davvero con pochi mezzi in un solo pomeriggio, rimanendo molto soddisfatti del risultato finale. Non puntavamo molto alla particolarità ma piuttosto alla semplicità
Grazie Enrico per la bella chiacchierata Grazie a voi
Articolo del
28/05/2019 -
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