Ciao Eliasse e benvenuto su Extra! Music Magazine, come stai?
Bene.
Da ascoltatore curioso è sempre interessante per me capire l’arte attraverso il racconto delle sue origini. A tal proposito la prima cosa che mi viene da chiederti è di parlarci un po' delle isole Comore, della musica che lì si suona e di qualsiasi cosa tu voglia raccontare sulla tua terra.
Le Comore sono un arcipelago di quattro piccole isole tra l'Africa orientale e il Madagascar. Una fusione tra l’Africa ed i popoli orientali. Siamo quello che il vento voleva fare di noi e ne siamo orgogliosi, e questa commistione si percepisce sia nella nostra cultura che nella nostra musica. E’ un popolo calmo, sorridente, affascinante e positivo. Abbiamo bei paesaggi, belle spiagge, un paradiso in terra come la terra stessa.
Quando e come hai iniziato a suonare e scrivere la tua musica?
Mi sono approcciato alla musica in modo molto classico come molti Comoriani, attraverso la scuola Koranica e le canzoni religiose, ma anche come percussionista del gruppo scolastico. Avrei dovuto imparare anche il flauto, ma non sapevo che sarei diventato un musicista. E’ stato solo più tardi, nel 1999, che ho iniziato ad imparare a suonare la chitarra. Era per me un momento di relax tra la scuola e il calcio. Di lì a poco già sentivo un'attrazione molto profonda verso questo strumento musicale. Ho seguito la mia strada senza avere nessun progetto, desiderio o sogno di diventare un musicista. E così la voglia di creare parole per una melodia mi è venuto naturale, e non molto tempo dopo l'inchiostro aveva già "sporcato" le mie pagine bianche.
Lo stesso anno mi sono unito a Comorian Artist, un progetto di Maalesh dove sono stato percussionista per alcuni mesi, prima di entrare in una scuola di legge nelle Comore, ma la vita aveva deciso diversamente. Ho lasciato gli studi nel 2000 per dedicarmi quasi esclusivamente al suo progetto per sei anni. Ho avuto la possibilità di viaggiare attraverso una parte del mondo e, in un certo senso, imparare il mestiere. Nel 2005 ho lasciato la capitale Moroni per l'isola di Mayotte e messo in piedi il primo progetto con il mio nome.
Cosa ti ha ispirato maggiormente durante la composizione del tuo nuovo album “Amany Way”, e quanto delle tue esperienze passate o attuali sono confluite nei testi?
La vita in generale mi ispira a scrivere. Il mare, la foresta, le stazioni della metropolitana, all'aeroporto o in un treno, dovunque c'è vita c'è ispirazione. Anche se scrivo di politica una situazione d'amore può ispirarmi e deviarmi dal tema che voglio affrontare. Per fare un esempio, Endra è una canzone che è parte di una situazione d'amore, ed alla fine tutto si risolve in modo diverso, parlando di amore tra me ed i Comoriani e di tutta questa situazione socio-politica a cui siamo sopravvissuti nei 42 anni dall'indipendenza. Mi piace giocare con le parole, con le immagini che possono trasmettere ecc.
Il bellissimo video del brano che dà il titolo al disco riesce a parlare al di là della canzone, meravigliosa, trasportando l’ascoltatore in un paesaggio che sembra essere ai confini di quello che la maggior parte delle persone chiama “mondo”. Raccontaci qualcosa sulla sua realizzazione e sul significato di questo brano.
Amani Way è una miscela di due lingue che simboleggia la diversità, la miscegenazione e l'opportunità di vivere insieme. “Amani” significa pace nella lingua Comoriana e “Way”, in inglese, la via. La scelta dell'inglese è per simboleggiare l'universalità di una lingua che oggi ci avvicina a tutti. La pace è la cosa più naturale che a tutti dovrebbe essere spontanea e raggiungibile. Io dico che "non bisogna avere paura del colore della pelle o della religione del prossimo. La pace è un'arma che userai contro chiunque ti indichi". Usare l'immagine della violenza come messaggio positivo. E’ come nel cartone animato di Cupido, ma alla fine della sua freccia c'è la pace invece di un cuore, da conficcare in ogni anima che trabocca d’odio.
Il Faro di Cordouan è un luogo intriso di storia ma soprattutto un luogo di pace, essere in mezzo all'oceano è come un'immagine di reinvenzione della vita. E’ come immaginare tante persone diverse che, isolate e costrette a fare concessioni, si ritrovano a vivere in pace insieme in un luogo bellissimo ed ostile allo stesso tempo. Ma prima di voler diffondere la pace agli altri, è necessario trovarla dentro di sé.
Ho avuto modo di vederti questo estate durante una tappa a Roma in apertura ai Groundation, e mi ha colpito molto la tua passione, la tua abilità, e anche la tua simpatia, nel coinvolgere quel pubblico che magari non aveva mai sentito parlare di te. Come vivi tutto ciò? Cosa vuol dire per te esibirti di fronte a delle persone?
E’ stata una grande opportunità per me quella di sostenere i Groundation per quasi 20 concerti in Europa quest'anno. Un artista non fa mai nulla per mantenere il suo lavoro per sè, perché ciò che "creiamo" viene dalla vita, e, quindi, anche dalle persone. E' sempre una viaggio verso l'ignoto colmo d’eccitazione quello di presentarsi davanti ad un pubblico e disvelare la propria musica, soprattutto quando l'artista non è conosciuto. Il pubblico rappresenta l'essenza della mia arte e credo che tutti gli artisti siano del mio parere. Ciò che è ancora più bello è l’andare in un paese sconosciuto e scoprire che delle persone lontane dalla tua terra natia, lontane dalla tua cultura che è così in simbiosi con la musica, pur non capendo le parole, riesce a percepire le medesime vibrazioni. In conclusione penso che “sentire” la musica sia più importante della comprensione in sè.
Quali sono i tuoi piani futuri? Tornerai in Italia?
I miei successivi futuri sono: ad Ottobre sarò al Festival MaMa e ad una convention a Parigi, poi Spagna (Saragoza e Huesca). A novembre: Francia (Ampli a PAU e Krakatoa Bordeaux) e ad altri eventi che saranno annunciati a breve... Sempre a novembre sarò anche in supporto di Toure Kunda a LA CIGALE di Parigi.... la vita non è fantastica?
Grazie del tuo tempo Eliasse, un saluto da parte mia e di Extra! Music Magazine.
Marahaba so Much
Articolo del
28/09/2019 -
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