Il 30 ottobre del 2001, diciotto anni fa, usciva Invincible, quello che sarebbe diventato l’ultimo album della carriera di Michael Jackson. Un disco che doveva segnare il grande ritorno sulle scene musicali del Re del Pop, che dal 1995 non pubblicava più un album, se non si conta Blood On The Dance Floor del 1997, un disco di remix con qualche, sorprendente, inedito.
Invincible, un album che è stato attesissimo, ma che poi, a pochi giorni dalla sua uscita fu considerato dai critici di allora non all’altezza e relegato nel cassetto degli insuccessi. Fatto sta, che nel 2009, fu invece ri-consacrato tardivamente e messo sul podio come Miglior Album del Decennio.
Di fatto, “Invincible”, rimane l’album più controverso della discografia dell’artista americano.
E solo in parte per quanto riguarda la musica in esso contenuta, ma piuttosto per la bufera che causò la battaglia fra Michael Jackson e la sua casa discografica Sony Music. Per questa e per altre ragioni Invincible non vide mai la luce di un successo planetario.
Ma partiamo dall’inizio.
L’uscita dell’album stesso si configura in un periodo storico molto particolare. L’inizio degli anni 2000 rappresentò una specie di terra di mezzo per la discografia in generale: i CD fisici stavano perdendo quota, in favore della musica digitale, e la piattaforma Napster, tramite la quale si poteva scaricare musica gratuitamente (o meglio illegalmente, molto diversa dalle piattaforme di oggi, Spotify, ad esempio) era diventata il competitor numero uno delle case discografiche.
Per di più, Invincible, che inizialmente doveva essere rilasciato nel 1999, alla fine uscì poche settimane dopo gli attacchi dell’11 Settembre 2001, in un clima generale di paura e sconforto, soprattutto in America, patria di Jackson.
Inoltre, lo scenario pop di inizio duemila era molto diverso dal 1995, anno in cui uscì il suo ultimo album HIStory. Lo spopolare del teen-pop, con Britney Spears a capo dello stesso e dall’altra parte la diffusione capillare di boyband e girlband costruite dalle case discografiche, come N’Sync, Backstreet Boys, Spice Girls avevano indirizzato la musica pop su un passo leggero e rassicurante.
Da sottolineare, però, che la grande ondata pop degli anni duemila nacque sulle ceneri del lavoro fatto da Michael Jackson negli anni precedenti.
Come scrive il critico musicale Joseph Vogel nel suo libro Man in The Music:
“L’intera scena pop di quel periodo era come un omaggio a quello che era stato un giovane Michael Jackson. La sua influenza nella musica di allora era ovunque: nei passi di danza, lo stile, la tensione tra l’innocenza e la sensualità adulta...Ma nessuno poteva nemmeno avvicinarsi alla creatività di Michael Jackson, alla sua originalità artistica e al modo in cui il suo modo di fare musica abbatteva le barriere di razza, sesso e religione”.
Il panorama musicale era, quindi, in attesa di qualcosa di potente e di nuovo. Il grande ritorno di un artista del calibro di Michael Jackson, che potesse dare ancora il passo alla musica pop per i successivi dieci anni.
Ciò nonostante, la figura di Michael Jackson, nell’immaginario generale delle persone, rimaneva quella del grande artista perseguitato dalle sue stesse manie.
Fu di certo bersagliato senza pietà dai tabloid, e anche da certi pseudo giornalisti musicali, che si concentrarono eccessivamente, invece che sulla musica e sull’eredità artistica, sulla sua vita privata, sforando ben oltre i confini del gossip. Sono stati il matrimonio e il successivo divorzio da Lisa Marie Presley, figlia di Elvis, e soprattutto la nascita dei suoi tre bambini ad alimentare i pettegolezzi e riempire le prime pagine dei giornali, talvolta con storie assurde e ingigantite o inventate. L’artista diventò padre nel 1997 di Prince Michael, nel 1998 di Paris Kathrine e nel 2002 di Prince Michel II, quindi la stampa dell’epoca era concentratissima sul capire come avesse fatto Michel Jackson, proprio lui, ad avere dei figli.
Per cui, anche se l’attesa per il nuovo disco era molto alta, l’album non uscì sotto la più buona delle stelle.
Proprio per questo motivo Michael si dedicò anima e corpo al suo nuovo lavoro, circondandosi di produttori importanti, come Teddy Riley, Rodney Jerkins e Babyface ben sapendo che il successo dello stesso poteva significare essere proiettato ancora una volta nell’olimpo delle grandi star e far tacere una volta per tutte i pettegolezzi.
E fu proprio nello stesso periodo che si presentarono i primi dissapori con la casa discografica, che aggravarono la situazione e che portarono Michael a prendere la decisione di andarsene, in quanto non si sentiva più rappresentato dalla stessa. Ma quando si parla di Michael Jackson e Sony Music, due colossi dell’entertainment, tutto si fa più complicato. Fonti dicono che Michael pensava di essere già libero dal contratto con la Sony al tempo di Invincible, proprio per questo pare che abbia investito di tasca propria nella produzione dello stesso, ma per una serie di clausole contrattuali, ma forse le vere motivazioni non verranno mai a galla, l’artista sarebbe stato costretto a restare con la Sony.
Sicuramente la contesa per il catalogo Sony/ATV Music Publishig e le questioni milionarie legate ai diritti dello stesso ha rappresentato uno dei punti focali sui quali si è stretta la non promozione di Invincible e la cancellazione di ogni evento legato ad esso.
Il prezioso catalogo Sony/ATV Music Publishing, contenente migliaia di canzoni, e fra le altre cose, anche i diritti editoriali di quelle dei Beatles e di Elvis, era stato acquistato da Michael Jackson negli anni ‘80, e rappresentava la metà dell’enorme patrimonio Sony Music. Quindi, come lui stesso dichiarò, stava lasciando la Sony, pur possedendone la metà. E questo alla casa discografica non deve essere proprio andato giù.
Michael Jackson dichiarò ancora, nel luglio del 2002 “Visto l’artista che sono, ho generato molti miliardi di dollari a beneficio della Sony. Loro, non avrebbero mai immaginato che io potessi fare a meno di loro. Non possiamo lasciare che continuino così. Ora sono un libero professionista. Devo alla Sony solo un altro album. Un box set, con due canzoni inedite che ho scritto tanto tempo fa. Ora lascerò la Sony, sono libero, ma detengo la metà della Sony! Possiedo il 50% della Sony Publishing, e li sto lasciando e loro sono davvero molto arrabbiati con me”.
Queste parole possono lasciare il tempo che trovano, potrebbero anche essere solo uno sfogo di un momento di rabbia, ma è anche vero che potrebbero, nella maniera più diretta e semplice, spiegare come la casa discografica abbia voluto dare una lezione a Jackson, affossando le vendite di uno degli album più importanti della sua carriera, al fine di costringerlo a rimanere con loro e salvaguardare gli interessi relativi al catalogo Sony/ATV. Fox News, in proposito, disse che Tommy Mottola stava cercando di rovinare Jackson. Lo minacciava, dicendogli che lo avrebbe distrutto e che la sua carriera sarebbe terminata per sempre se lui non avesse accettato le sue condizioni.
Il dato di fatto è che questo grande misunderstood ha significato, per noi pubblico, non ascoltare al massimo delle sue potenzialità un album dalle potenzialità enormi come Invincible. Ma per Michael Jackson ha rappresentato qualcosa di ben più grande: l’inizio di un declino musicale, economico e psicologico, che è culminato con la sua morte, avvenuta il 25 Giugno 2009, solamente otto anni dopo l’uscita di Invincibile.
Probabilmente, proprio per questi conflitti interni legati a interessi multimilionari, l’uscita dell’album è stata più volte posticipata dal 1999 al 2001.
Finalmente, il 22 agosto dello stesso anno, il primo singolo, così a lungo atteso, viene lanciato sul mercato.
You rock my world, un brano up-tempo con un sorprendente giro di basso, balza subito ai primi posti delle classifiche mondiali,Il brano è correlato da un mini-film di oltre venti minuti, con l’attore e amico Chris Tucker e la straordinaria partecipazione di Marlon Brando (tra l’altro la sua ultima, prima della morte avvenuta nel 2004).
Anche l’uscita del singolo è stata fonte di aspri disaccordi con l’allora ex presidente della Sony Music, Tommy Mottola. Infatti, Jackson dichiarò, in seguito, che non era mai stato d’accordo a fare uscire You Rock my world come singolo traino dell’album. E che non era per niente soddisfatto nemmeno del video che l’accompagnava, secondo lui girato troppo in fretta. In effetti, guardandolo, sebbene sia un mini film piacevole, che riprende i toni di Smooth Criminal, ma questa volta ambientato a Cuba, si sente che c’è qualcosa che non quadra, e si vede che il video non esprime nulla di nuovo.
Michael Jackson avrebbe voluto fare di Unbreakable il singolo di lancio dell’album, una canzone molto meno radiofonica ma certamente più nel suo stile e avrebbe voluto avere il tempo di realizzare anche un video che fosse stato all’altezza delle vecchie glorie, scelta che è stata bocciata dalla casa discografica perché avrebbe significato ritardare l’album di qualche mese ancora.
Invincible uscì, quindi, il 30 Ottobre 2001, sotto etichetta Sony Music.
Ma dopo l’uscita in pompa magna di You rock my world, Invincible sparisce inspiegabilmente nel nulla.
Il calendario editoriale che prevedeva l’uscita dei singoli Cry, Butterfly, e Unbreakable con relativi videoclip fu cancellato. I cartonati che pubblicizzavano l’album sono rimasti per pochi giorni nei negozi, dopodiché sono spariti.
Nel periodo natalizio dello stesso anno, viene invece pubblicato, solamente per il mercato europeo il singolo Cry e relativo video, che passano quasi inosservati al pubblico. La stessa cosa per il singolo Butterfly, che è pubblicato solo per il mercato americano.
Perché la Sony ha scelto di promozionare, e nemmeno tanto bene, solo due canzoni, su un album di ben sedici tracce, che doveva rappresentare il grande ritorno del proprio artista di punta, del Re del Pop?
La promozione di Invincible, se messa in confronto con gli album Dangerous e History, durata per più di due anni consecutivi, che ha visto statue di Michael sparse per il pianeta e un tour con una produzione da capogiro, può considerarsi inesistente.
Michael appare pubblicamente una volta sola, il 7 Novembre 2001 al Virgin Megastore, Times Square, New York dove incontrò i fan per un firmacopie. L’album, infatti era uscito nella versione classica con la copertina di colore bianco, e anche in quattro diversi colori da collezione, anch’essi spariti velocemente.
All’album non è mai seguito alcun tour.
Invincible, mese dopo mese pare dissolversi nel nulla, e si guadagna in fretta il soprannome, fra i fedelissimi di Jackson, di Invisible. L’invisibile.
Michael definisce il comportamento della Sony un vero e proprio boicottaggio verso la sua musica e la sua persona. In particolar modo punterà il dito su Tommy Mottola, l’allora presidente della casa discografica.
Nel luglio del 2002 il cantante si getterà letteralmente in strada: con i suoi collaboratori più stretti e una marea di fan al seguito darà vita a una protesta senza precedenti. Attraverserà anche il centro di Londra e New York a bordo di un bus double deck, impugnando cartelli con su scritto “Mottola Evil” e “Sony Kills Music”, definendo l’ex presidente come “un razzista capace di sfruttare i talenti di colore solo per scopi di lucro senza averne la minima considerazione”.
Nonostante le proteste, il periodo funesto in cui è uscito, Napster e l’ascesa della musica digitale, il teen pop, e una promozione debolissima da parte della Sony, Invincible riesce a vendere oltre dieci milioni di copie.
E’ stato premiato dai lettori di Billboard nel 2009, come miglior album del decennio, superando anche Lady Gaga e i Green Day.
Ascoltandolo con attenzione, oggi, come il lavoro di un grande artista merita di essere ascoltato, si scopre un album che si rivela lentamente, come un poeta che sussurra al pubblico, sottovoce.
Il disco, infatti, non ha la stessa potenza di fuoco degli album precedenti, ma è un lavoro complesso che presenta un Michael Jackson inedito, molto più umano e avvicinabile di quanto non lo sia mai stato prima di allora.
Il Re del Pop apre le porte dei suoi sentimenti, abbandonando le grandi tematiche sociali, per esplorare argomenti più intimi, più famigliari, che lo tratteggiano come padre e come uomo.
Certamente traspare la figura di un Michael Jackson più adulto, che ha voglia di condividere la sua interiorità.
Ma è anche un album la cui set list conclusiva ha subito troppi copia e incolla, e vuoi la fretta e le pressioni, il disco risulta confuso e disomogeneo soprattutto nella parte finale.
Ma è sempre molto facile giudicare, con il senno di poi.
Ecco una breve analisi di tutte le tracce.
1. UNBREAKABLE
Il brano che Michael avrebbe voluto fare uscire come lancio per Invincible. Una sorta di Bad degli anni duemila, più matura, più ferma, più ruvida. Michael ricorda a se stesso e al suo pubblico la sua invulnerabilità, nonostante tutto. “Puoi fare quel che vuoi, ma sarò sempre qui/ Nonostante tutte le tue menzogne e i tuoi stupidi giochi/ Sono ancora qui e sono sempre me stesso, sono indistruttibile". Un up-tempo che si snoda su un insistente riff di pianoforte, puntellato da suoni tecno, un incrocio di stili e la voce di Michael che dona una ritmica unica all’intera canzone. Indimenticabile, al minuto 3:50, il rap postumo di Notorius BIG.
2. HEARTBREAKER
Uno splendore sonoro, un loop di chitarra acustica che scivola su una quantità disumana si suoni futuristici tenuti insieme dal genio di Jackson; suoni che costruiscono il ritmo della canzone, che sembra formarsi mano a mano che la melodia va avanti, per arrivare dritta verso uno dei bridge migliori dell’intera discografia del cantante. Per poi lasciarsi alle spalle una lunga sequenza di suoni senza cantato, sui quali si può solo immaginare le coreografie che avrebbe potuto creare Michael, dal vivo. Una sorta di Billie Jean, ma all’ennesima potenza, arricchita dal rappato di FATS che si inserisce perfettamente nel testo.
3. INVINCIBLE
La track che da il titolo all’album ripropone il tema della dangerous lady così tanto caro a Michael. La protagonista è una ragazza, che è invincibile, in quanto non si lascia conquistare da nessuno. Una canzone R&B minimalista e secca, resa ancora più dura dalla vocalità di Michael tirata fino allo spasimo. Anche qui le barre rap sono di FATS
Questi primi tre pezzi aprono l’album in maniera potente, ma il disco vira presto su un Michael Jackson totalmente inedito, che ha voglia di condividere i suoi sentimenti profondi, senza nessuna censura.
4. BREAK OF DAWN:
Un testo esplicito montato su un ritmo R&B sensuale e suadente. La vocalità di Michael è in primo piano, si stacca dalla musica e ci racconta una storia d’amore con una carica erotica che non può lasciare indifferenti. Una delle gemme nascoste di questo album, come l’ha definita il giornalista musicale Gabriele Antonucci.
5. HEAVEN CAN WAIT
Sempre sui toni R&B, ma meno complessa e più radiofonica rispetto la precedente, Heaven Can Wait vanta però un testo interessante, una ballad nella quale Michael canta quasi trascinandosi da una nota all’altra, donandole profondità, e che nel suo centro si apre in un volume considerevole, rendendola appagante.
6. YOU ROCK MY WORLD
Contenuta, gradevole, radiofonica, con un groove accattivante e sensuale, ma allo stesso modo delicata, con il suo piano e gli archi che le ricamano su una leggerezza che si può quasi toccare. Un brano che avrebbe potuto raggiungere il sublime se accorciato, in modo da farlo approdare prima al giro di basso finale della canzone, nel quale Michael incanta con la sua voce. hai sconvolto il mio mondo, per il modo in cui mi parli, per il modo in cui mi ami, per il modo in cui...fai l’amore con me.
7. BUTTERFLIES
Ecco un'altra pietra preziosa incastonata in questo album. Un brano che si potrebbe inserire in qualsiasi playlist, di qualsivoglia persona, in qualunque parte del pianeta. Un pezzo che mette in risalto tutto l’ampio range vocale di Michael Jackson, toccando note altissime in un falsetto in crescendo sorprendente, che davvero fa sentire le farfalle allo stomaco. È in pezzi come questi, che Michael fa scuola.
8. SPEECHLESS
Michael conferma il suo titolo di Re del Pop, perché Speechless è una dolcissima ballad pop come non se ne sentivano da tempo. Leggera e profonda, si apre con un cantato a cappella per crescere su un’onda di archi che la rendono polifonica e unica nel suo genere. L’irraggiungibile capacità interpretativa di Michael fa il resto.
9. 2000 WATTS
Un brano che è stato criticato e ha diviso il pubblico, ma che ha il merito di avere saputo anticipare di due decenni quali sarebbero state le tendenze della musica pop di oggi. Un pezzo sperimentale, che da la scossa, ricercato nei suoni e nella ritmica: prodotto da Teddy Riley, collaboratore storico di Jackson, si differenzia da tutte le altre tracce per il tono di voce usato da Jackson, basso, quasi baritonale.
10. YOU ARE MY LIFE
È una morbidissima ballata pop che è stata ispirata dalla nascita dei figli Prince e Paris, e che nella sua semplicità, è un piacere ascoltare. Prodotta da Babyface è stata aggiunta solo due settimane prima dell’uscita dell’album, sostituendo la più potente Shout, che, invece, sarebbe stata un ottimo proseguo di 2000 Watts. Da qui in poi si ha la sensazione che la set list dell’album si faccia un po’ confusa, e che la scelta dei pezzi sia stata eseguita troppo in fretta.
11. PRIVACY
Sarebbe stato il pezzo finale di una terzina perfetta (2000 Watts, Shout, e Privacy) di brani importanti che avrebbero condotto Invincible verso un finale più che degno. E’ l’unico pezzo rock dell’album, che vede ancora Michael e Slash collaborare. Jackson dedica ancora una volta una canzone al suo pessimo rapporto con la stampa: l’aveva già fatto con Leave me alone, Tabloid Junkie e Scream. Con la pungente Privacy riprende il tema ma non è meno arrabbiato. La canzone è molto buona, nel complesso, ma avrebbe saputo esprimere con più incisività la rabbia se fosse stata leggermente più veloce.
12. DON’T WALK AWAY
Una triste ballad nella quale l’espressiva voce di Michael è accompagnata da una chitarra acustica e da una ritmica a tratti marcata. Il titolo, Non andare via, e il testo hanno dato spazio a molti rumors che sostenevano Michael si fosse ispirato al divorzio dalla Presley. Ma nulla è mai stato ufficializzato. Di per sé il brano non ha niente che non va, ma non spicca per originalità ed è tenuta insieme per la maggior parte dalla voce di Michael e allora viene difficile trovare un difetto.
13. CRY
Scritta da R. Kelly, che aveva già lavorato con Jackson sulla hit You Are Not Alone, Cry è un inno dedicato alle vittime dell’11 settembre che suona a metà fra Man in the Mirror e Heal the World. Anche se il testo è profondo e il video che l’accompagna molto toccante, la canzone manca dello smalto dei grandi pezzi ispirati, capaci di muovere i cuori delle persone. Si ha la sensazione che sia stata composta in fretta e che sia bisognosa di qualche ritocco.
14. THE LOST CHILDREN
Semplice ma non banale, e posata su un ritmo folk, nel quale c’è tutto lo spazio per raccontare una storia importante. Un tema inedito, quello dei bambini scomparsi, al quale il cantante teneva moltissimo. Michael avrebbe voluto fare uscire questo pezzo come singolo, ma Tommy Mottola si è opposto, perché lo considerava troppo debole. Di certo non è il pezzo della vita, ma se si considera la tematica, la canzone diventa doverosa. Inoltre, si può sentire, sul finale, nel parlato dei bambini, la voce del primogenito Prince Michael.
15. WHATEVER HAPPENS
Un fischio iniziale che ricorda i vecchi film western, e la vibrante chitarra di Carlos Santana che ne intensifica le emozioni rendendo il pezzo davvero unico nel suo genere. Un' altra pietra preziosa da scoprire, che avrebbe potuto essere scelta come singolo e perché no, come canzone traino dell’intero album. Un brano unico e fenomenale, che potrebbe essere stato scritto ieri o cinquant’anni fa e suonerebbe sempre fresco.
16. THREATENED
È la canzone che mancava, perché racconta la parte oscura di Michael, una sorta di Thriller, ma molto meno edulcorata, un pezzo che riassume anche Ghost, Is it Scary, sfociando nel noir di <>Blood on the Dance Floor e Morphine. La canzone che chiude l’album è fastosa e gotica, dal ritmo veloce e quasi impazzito, ed è piazzata magistralmente in un disco decisamente rassicurante come Invincible, rompendone un poco le righe. L’ultima linea è un parlato di Rod Sterling (che un po’ richiama quello di Vincent Price di Thriller) e recita: Ciò a cui hai appena assistito potrebbe essere la fine di un incubo particolarmente terrificante ... Non lo è. E’ l'inizio.
Riascoltando, diciotto anni dopo, “Invicible”, ci si rende conto di tutte le sue potenzialità. Del successo che avrebbe potuto ottenere con una promozione adeguata.
Michael, prima che uscisse l’album, aveva dichiarato: ''Secondo la mia modesta opinione Invincible è bello tanto quanto Thriller, se non di più. Ha più da offrire''.
“Difficile paragonare i due album”, scrive oggi il giornalista musicale Gabriele Antonucci nel suo libro Michael Jackson. La musica, il messaggio, l’eredità artistica (Hoepli edizioni 2019) “non solo perché appartengono a due epoche completamente diverse: Thriller, con i suoi 9 pezzi della durata di 42 minuti, era un capolavoro anche di sintesi, in cui è impossibile trovare una nota superflua. Invincible, 16 canzoni in 77 minuti, è un album prolisso, disomogeneo e con alcuni brani superflui nella parte finale. Ciò non pregiudica il suo alto valore complessivo, con alcuni episodi memorabili”.
Personalmente azzarderei a paragonare Invincible, non a Thriller, ma a Off The Wall, il primo disco solista di Michael Jackson, uscito nel 1978. Un LP nel quale un Michael vent’enne si apriva al mondo mostrando tutte le sue capacità, ancora in vitro.
Con “Invincible” tutte le sue grandi doti artistiche sono state già esplorate negli album precedenti, e quello che rimane è solamente l’uomo, con tutti i segni e le ferite che quarantatré anni di vita gli hanno lasciato addosso.
“Invincible” è una sorta Off The Wall ma in chiave più matura, più vissuta, più sincera. Michael Jackson ha voglia di ricongiungersi con il mondo, mostrando senza riserve la sua natura più intima, il modo in cui vive l’amore, ma anche le sue paure e la sua rabbia.
Un album intimo e adulto, dove il Re del Pop ha ancora molto da offrire e nel quale si racconta in una chiave totalmente affascinate e inedita
Articolo del
13/11/2019 -
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