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Dal bambino all’uomo, dal ragazzo alla saggezza che arriverà. E tutto questo spulciando dentro le pieghe dell’amore come dei tanti personaggi che la vita ci regala, tra le pieghe del quotidiano come dei sogni, quelli belli, quelli leggeri capaci di volare a portata di vento. Eccolo il primo disco di Costa, al secolo Angelo Costantini, esordio che arriva con la maturità e l’esperienza di tanta musica scritta e sognata a proprio modo, di tanti concerti e misure prese a dovere. Costa pubblica “L’odore dei Limoni”, che un poco richiama al sole del sud e che un poco mi restituisce anche l’eleganza e il dettaglio delle cose sincere, della verità, della vita incantata. Disco di quella canzone d’autore pop prodotta con grandissimo mestiere, dal suono importante e forse ancora un poco lontano dalla melodia che detti passo e regole. E gira il singolo “Vento”, forse il momento più alto di tutto questo lavoro
Esordio discografico per Costa che arriva dopo anni di gestazione, maturazione e anche tanti cambiamenti. Questo disco è la risultante di un lungo processo ci pare di capire o sbaglio? Senz’altro è così, l’album “L’odore dei limoni” trova la sua metafora migliore nel sentiero battuto durante l’esperienza della vita. Questo album ne racconta un tratto o meglio un ciclo come fosse un piccolo anello di una catena assai più grande. Le canzoni scelte nel disco sono come mattoncini fondamentali che compongono il DNA del mio universo emotivo. Un universo guardato sotto un profilo archetipico e dunque sovrapponibile o applicabile al vissuto di ciascuno
In genere i cantautori odiano risentire i propri brani dopo averli incisi, odiano confrontarsi con il “passato”. Tu che rapporto hai con queste canzoni che immagino abbiano già diverso tempo alle spalle? Le canzoni che scrivo vengono da me sottoposte al filtro del tempo e del gusto, un pò come avviene per il vino solo i grappoli migliori e più polposi entrano a far parte del processo compositivo, gli altri si perdono per strada e vengono ridonati alla terra nella speranza che sia concime fertile per l’ispirazione. Io in genere amo ascoltarmi soprattutto in viaggio in treno, per rilassarmi o prima di addormentarmi, amo le registrazioni di canzoni ancora abbozzate poiché hanno in sé l’intensità di un embrione dalle infinite potenzialità. Quello che invece potrebbe stancarmi è l’arrangiamento del brano che non concepisco mai come stabilito per sempre e che potenzialmente potrei mutare ad ogni cambio di stato d’animo, ma le canzoni, quelle per me mantengono il loro contenuto autentico
“L’odore dei limoni” è decisamente un titolo particolare. Richiama il sole, il sud, la terra, l’estate… la tua chiave di lettura? l’odore dei limoni è quella fragranza agrumata che s’avverte, magari all’improvviso, camminando un pezzo di strada, un profumo in grado di trasportarti in un’altrove in cui l’esistenza si dischiude ed ogni vicissitudine della vita, anche quelle più aspre e più dure prendono senso e si viene avvolti da un sentimento di grazia
Canzone d’autore che incontra il pop, incontra il rock melodico italiano, incontra anche qualche vena di trasgressiva elettronica negli arrangiamenti… non sembra avere una direzione precisa, piuttosto tante direzioni diverse. Quali erano le intenzioni della produzione in tal senso? Al momento della produzione sono arrivato in studio con un ensemble di canzoni molto eterogenee tra loro, ho voluto che ad arrangiarle fosse un professionista del calibro di Domenico Pulsinelli proprio per riuscire a dare una continuità, se non di genere almeno di suono, di stile, di arrangiamento e di background. Volevo altresì che l’arrangiamento accompagnasse il senso della canzone e non il contrario, ovvero non confezionare un arrangiamento magari di moda o inflazionato al momento su di un mio brano, come un qualsiasi prodotto commerciabile. Direzioni precise a dire il vero non ne ha, ma forse essendo il mio primo disco svolge anche in parte la funzione di farmi comprendere quale prossima direzione intraprendere
Personalmente avresti ricercato più una maggiore trasgressione o senti che questo suono ti somiglia? Si personalmente avrei osato di più sicuramente, il suono nelle rock ballad sarebbe probabilmente stato più sporco e graffiante e le canzoni pop decisamente meno pop utilizzando l'elettronica in maniera più invasiva ma tutto questo avrebbe sicuramente inciso su di una pulizia e qualità di suono che questo disco contiene e di cui sono decisamente soddisfatto. Sono sicuro che gli arrangiamenti sono stati pensati proprio in virtù di un questo suono clean che caratterizza le produzioni musicali di Domenico
E il piccolo “corto metraggio” nei video che hai lanciato ad anticipare l’uscita del disco si chiudono con “Vento”, forse il vero grande singolo del disco. Crescita, emancipazione… ma io direi più di tutto consapevolezza… cosa ne pensi? Penso che sicuramente la parola consapevolezza racchiuda sotto una chiave concettuale il senso dell’intero album, la ricerca di un respiro da una vita soffocante, di un momento meditativo in grado di trascendere lo spazio ed il tempo sono stati il sostrato fondamentale e quotidiano su cui poggia forse l’intera mia produzione. Come dici bene tu, crescere vuol dire anche emanciparsi e liberarsi di categorie imposte, di pensieri che sono alla moda e del luogo comune, vuole dire cambiare stato per metaforicamente diventare farfalla e poter tornare a volare, volare nel vento, nell’etere come canale di comunicazione tra la nostra natura mortale e quella spiritualmente imperitura
Oggi la canzone d’autore secondo te che momento sta attraversando? Un momento decisamente ambiguo e paradossale. La canzone d’autore classicamente intesa soffre di acute crisi di personalità in quanto per riqualificarsi necessita di indossare delle maschere oramai imposte dal processo produttivo musicale, dalla tecnologia e dalle abitudini di ascolto. La musica cantautorale italiana oggi sopravvive sotto le mentite spoglie dell indie che tra l’altro non ha più nulla a che fare con la musica indipendente italiana. Il cantautorato indie, di cui tra l'altro a livello generazionale potrei essere un esponente, si rifugia in un mito del passato, gli anni ottanta, utilizzando tutti i fronzoli di moda ad oggi. In quanto a me so di essere un dinosauro ormai quasi estinto nel mercato musicale italiano
Articolo del
02/11/2021 -
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