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Suoni elettronici, influenze ambient e minimal, alternative britannico e mondo trip hop nell’esordio assoluto degli Envoy che nel 2021 si sono messi in luce vincendo il concorso LAZIOSound, il programma delle Politiche Giovanili della Regione Lazio per supportare e rafforzare lo sviluppo del sistema musicale del Lazio con interventi mirati, partnership ed attività di promozione finalizzate a sostenere le componenti artistiche giovanili indipendenti. Enrico, ‘quasi geologo’ di 24 anni, specializzando in planetologia, Luc, italo-francese di 22 anni dallo spiccato french-touch sonoro e Carlo, 23 anni, italiano di origini inglesi, studente di Fisica e appassionato di fisica pura sono il trio di giovanissimi talenti dalle influenze internazionali che ha segnato un debutto dal sound minimalista, con influenze tratte dall'alternative britannico, e dalla scena trip hop, sorretta da un beat di batteria elettronica che la accompagna attraverso tutta la sua evoluzione. Un debutto con un accompagnamento di chitarre e basso che contribuisce a un'atmosfera riflessiva, a tratti distopica, ma che alla fine riesce a risolversi in un ottimismo di fondo
Siete tre ragazzi con passioni, provenienze e percorsi differenti ma con l’amore per la musica ad accomunarvi: come vi siete incontrati e come le vostre diverse provenienze influenzano la vostra musica? Ci sono cose per cui si prova una vera passione, cose per cui si potrebbe rinunciare a tutto pur di poterle continuare e portare a termine, e per noi scrivere musica è una di quelle. Envoy non nasce per una ragione precisa, ma è più la risposta a una nostra esigenza, ovvero quella di raccontare il mondo attraverso i nostri occhi. È raro trovare persone che non solo ascoltano la tua stessa musica, ma allo stesso tempo abbiano voglia di scriverla e suonare dal vivo. Mettere su una band non è un’esperienza semplice, la diversità di vedute porta spesso a rapporti conflittuali, creativamente s’intende, ma è anche questo ciò che ci unisce. In parte è una questione di gusto, e in parte una questione pratica. Siamo tutti appassionati di scienze, e da sempre siamo profondamente attratti dalle vecchie e dalle nuove tecnologie, e spesso cerchiamo di incorporarle nella nostra musica. In alcuni pezzi abbiamo pensato: come ricreare la sensazione dello spazio con la chitarra? Come facciamo a dare l’idea di un razzo che parte usando un sintetizzatore? Siamo molto affascinati da tutto ciò che è più grande di noi. Ci sono prospettive che crediamo intimamente necessarie al nostro sviluppo in quanto esseri umani; prospettive che si hanno soltanto quando si è posti davanti alla vera scala dell’universo. Lo studio e la conoscenza portano consapevolezza, ma anche un profondo senso di umiltà, e reverenza verso il mondo
Come nasce il brano? Chi è autore del testo e chi della musica? Chi ha lavorato all’arrangiamento? Backwards è una canzone che nasce dall’esigenza di trovare un punto fermo, un posto in cui stare in un mondo che riusciamo sempre meno a comprendere, intrappolati in una routine fatta di caos, frenesia e luci, mentre ciò che è intorno a noi si trasforma a velocità sempre meno accessibili. È una canzone che riflessiva, che parla dello scorrere del tempo, e dell'impossibilità di sottrarsi ad esso, sull'insofferenza e sul disagio portati dalla società accelerata in cui viviamo, ed è un invito a fermarsi e riflettere su ciò che veramente è importante, e che spesso viene perso di vista. La canzone in realtà è una delle idee che hanno dato vita in un certo modo alla band. Nasce come un demo registrato da Harry in un pomeriggio, e tenuto in attesa finché non è giunto il momento che abbiamo considerato “giusto”. Certe canzoni dopo che vengono scritte possono restare anche per anni nel cassetto prima di vedere la luce. La parte strumentale poi è stata rifinita tutti insieme in studio
Come ha influito l’esperienza di LAZIOSound su Backwards e sulla vostra band? Per noi LazioSound, è stata un’esperienza incredibile. Ci ha permesso di risvegliarci da una fase di “letargo” che per forza di cose è subentrata dopo le restrizioni che i purtroppo ben noti eventi degli scorsi mesi ci hanno costretto a una pausa. Per noi è stata un’esperienza davvero istruttiva, che consigliamo vivamente ad altri musicisti. Ci ha permesso di produrre un singolo in modo professionale, ma ciò si è rivelato più prezioso in assoluto è stata l’opportunità di conoscere altri artisti e le loro storie, lo spirito di condivisione, e sicuramente anche persone che lavorano all’interno del mondo della musica, esperti, professionisti di cui si parla poco, ma che di fatto costituiscono l’infrastruttura su cui si appoggia il mondo della moderna industria musicale
Perché avete deciso di chiamarvi “Envoy”? Volete la storia lunga o la storia breve? Vi raccontiamo quella lunga. Il nome in realtà è arrivato in maniera quasi casuale, da un paragrafo di un articolo di giornale riguardo una nota situazione geopolitica che un paio di anni fa costituiva un punto caldo del dibattito internazionale. Envoy era una parola ricorrente in questo articolo, ed in inglese assume il significato di “inviato diplomatico”, o anche “corrispondente”, “delegato”. è una figura, quella dell’inviato, piuttosto interessante, perché ha l’incarico di portare un messaggio; si pone come una figura di collegamento, che costituisce un ponte tra due fazioni anche nemiche. Può considerarsi per sua natura quindi come un tramite tra le persone, un invito al dialogo. La nostra musica non ha la presunzione di porsi un obiettivo tanto alto, ma ci piace pensare di poter fare qualcosa di utile sensibilizzandoci, nel nostro piccolo, su certe tematiche
Progetti futuri? Potremo ascoltarvi dal vivo? O forse c’è un album in arrivo? Scherzi? Ci chiamano addirittura dal Giappone! Restando seri, abbiamo dei concerti programmati per ora a Roma, tra cui una data al Defrag, questo 5 novembre. Una parte di noi è profondamente entusiasta, vogliamo far scoprire le nostre canzoni a più persone possibili, e un giorno, perché no, anche in paesi lontani. Questo per noi è solo l’inizio, e ci auguriamo di riuscire a portare un po’ della nostra musica anche all’estero. Siamo dei sognatori, e ci piace pensare in grande! Un giorno ci piacerebbe poter viaggiare e suonare fuori dai confini italiani. In caso ciò dovesse accadere, potremmo ritenerci le persone più grate e fortunate del mondo. Per questo vediamo questo singolo come un punto di partenza verso quello che speriamo possa trasformarsi in qualcosa di più grande. E riguardo a nuova musica? Tenetevi pronti, perché ne vedrete di belle
Articolo del
02/11/2021 -
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