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David Salvage
A spasso per Bologna con un pianoforte
di
Domenico Capitani
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Esce il nuovo disco del compositore e pianista americano David Salvage, ormai adottato dal capoluogo emiliano e che proprio ad esso restituisce senso e ispirazione di questo disco che titola proprio col nome etrusco di Bologna: “Felsina”. Ben 25 composizioni per solo pianoforte che traggono l’ispirazione proprio nella visione e nel vissuto di luoghi simbolo della città, dai “Portici” al “Palazzo d’Accursio” passando per l’immancabile “Torre dell’orologio”… ovviamente il linguaggio è quello della nuova frontiera della composizione classica, assai lontana dai nostri ascolti quotidiani ma di certo si percepisce forte anche una dimensione “popolaresca”, una ricerca di quel punto d’incontro tra il gusto sopraffino del classicismo culturale con l’ascolto normale, giornaliero, sicuramente pop della forma canzone. E non è un caso dunque che David Salvage ci regala anche un bel video ufficiale a corona di una scrittura che davvero ha del pop dentro le sue trame classiche
Devo per forza partire da una prima domanda utile: Bologna o l’Ohio? Dove la tua musica ha vissuto una più intensa ispirazione? Ho vissuto un’infanzia tranquilla nell’Ohio e continuo a godere di un buon rapporto con la mia famiglia lì. Ma per quanto riguarda l'ispirazione, Ohio, nonostante i suoi begli aspetti, non regge il confronto. Non esiste una città così bella come Bologna nell’Ohio. Lì non c’è la storia profonda (la cultura nativa è stata effettivamente sterminata nel ‘800). Ciò che si trova sembra di essere venuto subito fuori dalla scatola. Questo può essere bello e comodo. Ma fonte d’ispirazione musicale… per me non lo è.
Un pianoforte solo… pensi possa bastare a raccontarci tutta la storia che hai dentro? No. Sono fiero di “Felsina” e progetto già un’altro album di pianoforte solo. Ma nel futuro vorrei tornare a scrivere per altri strumenti. E la voce.
Dal vivo questo disco che dimensione ha avuto? In che modo l’hai presentato al pubblico? I brani li suono davanti varie pubbliche da almeno cinque anni a concerti qui e negli Stati Uniti. Vorrei presentarmi di più in presenza e sembra già che questo album mi porterà nuove opportunità concertistiche. Ma è troppo presto dare i dettagli.
Quanto di questo suono somiglia a “Felsina” che vediamo oggi girandone i vicoli? E quanto invece somiglia alla tua visione della città? Decisamente quest’ultima. “Felsina” propone la mia visione - la visione di un pianista e compositore - di Bologna. Il pianoforte è il mio modo principale di esprimermi in musica, quindi è solo logico che mi rivolgo a questo strumento per dare vita a una risposta personale al luogo dove abito e che amo.
A chiudere: in un tempo assurdo anche per la cultura musicale, cosa pensi possa raccogliere un disco così lontano dal trend e dalle mode degli ascolti popolari italiani? O forse siamo noi che non sappiamo quanta vita scorre oltre il solito pop italiano? Da un lato, la mia risposta è molto semplice: con questo disco spero di attirare interesse nella mia musica e di trovare nuovi ascoltatori dovunque siano. E per quanto stia succedendo per adesso, ne sono ottimista. Da un’altro lato, mi viene la voglia di rispondere in un modo più generale. Certo che non è possibile essere indifferenti ai trend e alle mode della cultura musicale. Ma a prescindere dalla cultura, e a prescindere dallo stile di musica, resta il fatto che il successo non è mai una certezza - anche per i musicisti più orientati al popolare. Alla fine, ogni musicista ha da fare tre cose. Prima: bisogna conoscere se stesso tale da sapere che musica si ama davvero. Seconda: bisogna acquistare la competenza musicale che ti serve - cioè, bisogna saper fare bene. Terza: bisogna mettersi a scrivere la musica che si ama - altrimenti, che cosa hai se il successo non viene? Riuscire a fare tutte e tre le cose è compito abbastanza. Chiedere di più è chiedere troppo
Articolo del
26/11/2021 -
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