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Giudah! è un progetto nato della zona di Treviso dall’unione di musicisti con passati post-rock, metal ed hardcore. A cinque anni dall’uscita del disco omonimo, il progetto elettronico trevigiano torna con “Failures” un disco frutto di rivoluzioni interne nella formazione che ha visto ridursi il gruppo da tre a uno. Il secondo disco è un prodotto eterogeneo, fatto di atmosfere molto diversie tra loro, sia per stile compositivo, sia per arrangiamenti e master. Parte dei brani è stata composta, suonata, arrangiata e registrata in collaborazione con Maurizio DeSalvo e Alessio Ruggeri, mentre le restanti sono state tutte prodotte unicamente da Federico Rosada. Il risultato? Ce lo racconta proprio Giudah in questa intervista esclusiva per Extra! Music Magazine.
Ciao Giudah, com'è nata la voglia d'intraprendere la carriera solista? Ciao a tutti, in verità tutto è nato come sfogo. Ho passato due anni a registrare e mixare un disco con la mia band precedente (Mary goes to Vietnam) e ad un certo punto non ne potevo più. Mi sentivo schiacciato dai compromessi con gli altri per i suoni e avevo l'arroganza di sapere esattamente come fare per ottenerli (Ovviamente non era vero, ma ci ho messo anni a capirlo e ad abbassare la cresta). Ma ancora prima... non so, facevamo tipo math rock o post hardcore, giusto per etichettare e mi sentivo stretto, come se mi stessi autocensurando. Come se fossi costretto a certi clichè compositivi e stilistici. Non so perchè, forse perchè la gente si aspettava questo da noi. Davvero non saprei dire. Ma alla fine mi son detto. Ecco. Adesso faccio tabula rasa e inizio da zero, parto a fare qualcosa di nuovo e di cui non conosco nulla, tipo l'elettronica, ma senza vincoli. Faccio ciò che mi piace e provo tutto quello che non ho mai fatto. Roba in levare, canzoni smaccatamente pop, sperimento nuovi strumenti e tolgo ogni paletto che segni dei confini di genere. Tanto, voglio dire, nessuno si aspetta qualcosa da me, io sono un nessuno come milioni di altri e se ci sarà, sarò pronto a deluderlo
Parlaci del tuo ultimo disco, da dove parte l'idea di un sound così spigoloso e diretto in un panorama invece abbastanza plastificato, pop, mercificato? Failures è la conferma di quanto mi disse un noto produttore una decina d'anni fa. “Tu puoi fare reggae, hardcore, metal o techno, ma tanto si sentirà sempre che è tuo.” Ora. Non so se fosse un complimento o una offesa, ma io l'ho sempre vista come una cosa bella. Con i brani di questo disco, sono partito con l'idea di fare un album molto più elettronico, via le chitarre e giù di bassoni scarni. Ci ho lavorato moltissimo, ma più cercavo di contenere le canzoni dentro a questa idea, più perdevano la “botta”. Così li ho lasciati andare, mi sono concentrato meno sul fatto di farli stare dentro un certo genere. Quindi se venivano bene con chitarra e voce, li arrangiavo così! Non so come spiegarlo, diciamo che forse, rispetto al disco precedente, Failures è meno ingenuo, ora conosco un po' meglio gli strumenti e ho fatto esperienza, ma sicuramente più selvatico. I miei trascorsi musicali, poi, come dicevo, stanno in generi rumorosi e violenti quindi, inevitabilmente, gli spigoli saltano fuori nella composizione. In quanto al panorama musicale, in parte concordo con te, c'è la ricerca da parte di molti musicisti di arrivare ad un sound “di livello”, il pop delle grandi produzioni, magari come scorciatoia per arrivare a più persone, per piacere al grande pubblico. Ma tanto, mi pare che la situazione sia così tragica che non vale nemmeno lo sforzo di “piacere” ai più. Dall'altra parte, però, devo dire che ci sono un sacco di band e progetti, e parlo a livello basso, che stanno facendo cose strepitose
Cosa ti aspetti da questo lavoro e dalla tua carriera adesso? Non voglio farmi grosse aspettative, sono contento di essere arrivato a pubblicare un “secondo disco” che per me è sempre stato uno scoglio insormontabile. Però bisogna essere anche realisti. In un periodo come quello che viviamo è molto difficile farlo arrivare a molte persone. Con i concerti fermi è dura vendere dischi e sulle piattaforme digitali è ancora peggio perché hai contro i numeri ed un algoritmo. Quello che spero è di riuscire a portare in concerto questi brani, vorrei che tutta questa apnea dei live finisse e si tornasse a suonare. Non mi importa di vendere dischi, diventare un personaggio o fare soldi. Io adoro condividere la mia musica dal vivo, è il centro nevralgico del perché faccio musica. Se c'è qualcosa in cui spero è proprio questa. Tornare ad andare in giro a suonare. Lasceresti tutto per la musica?
Cosa saresti disposto a fare? Partecipare a Sanremo ad esempio? Ho già fatto e lasciato molte cose per la musica e non me ne sono mai pentito. La musica, quella suonata, fa parte della mia vita fin da quando avevo quattordici anni, quindi ho già fatto e sto facendo un sacco di sacrifici per lo stesso motivo. “Faccio tutto ciò che è degno di un musicista. Chi osa di più, non lo è” (Semicit. :-)) In quanto a Sanremo. Perchè no? Fintanto che sono libero di fare la musica che voglio e di dire ciò che penso, nelle modalità che preferisco, non lo vedo come un tabù. In fin dei conti, nella mia carriera musicale ho suonato anche in posti talmente schifosi che non farei lo schizzinoso a suonare con una orchestra con cui posso arrangiare i miei pezzi
Quali sono i tuoi progetti a breve e medio lungo termine? Urca! Allora. Breve termine: Sistemare le parti visual per le prossime date e creare uno spettacolo con i contromaroni. Medio termine: Sto lavorando ad un disco che racchiuda tutti quei lavori che ho fatto per spot, spettacoli teatrali e altre robette. Ma vorrei lavorare con un sacco di altri musicisti su questi brani, quindi il “medio” termine è un po' dubbio. Lungo Termine: Diciamo che sono già in pentola alcuni brani nuovi che vorrei sperimentare dal vivo per vedere come reagisce il pubblico. Qualcosa di molto più vicino al EDM che non alle cose attuali. E sopratutto. Sopravvivere a questa pandemia e alle prossime
Cambieresti qualcosa del tuo percorso artistico? Se "si", che cosa? Certo, soprattutto alcune scelte del passato. Sono stato un cazzone in quanto a costanza e uno stronzo intransigente nella musica. Ho sempre avuto la sensazione che tutto il mondo (quello del mercato musicale) cercasse sempre di fregarmi. Beh, in alcuni casi era anche vero, ma ho rifiutato etichette, booking, collaborazioni che a pensarci adesso mi dico: “Ma quanto cojone sei stato?!” E lo facevo per principio, per il cazzo di ideale di essere duri e puri. Il DIY estremo del hardcore, avete presente? Nel particolare, però, nel percorso artistico come Giudah!, non cambierei una virgola invece. Ho lavorato e lavoro con persone fantastiche che sopperiscono alla mia cazzoneria, ho fatto concerti stupendi e conosciuto realtà bellissime. E tutto questo solo facendo la musica che mi piace
Articolo del
15/02/2022 -
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