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Si intitola “Coolage N.1” questo nuovo disco firmato da Andrea Ricci alias Alcunelacune. E che dire del suo ricamo sonoro, delle sue tinte che spaziano sin in allegoria che forma. Che bella questa libertà dil lingua, di parola, di epoche che richiamano epoche… “Coolage N.1” è un’opera che non sta ferma, che si muove, che parte dal tempo assurdo di questo presente, dalle sue lacune e poi si evolve e prende spunto per riflettere e lo fa con una gustosissimi intelligenza. Diremmo noi che questo disco sia figlio del genio creativo di un matematico o di un ingegnere. Non ci interessa indagare oltre in tal senso, davvero non importa. In fondo è una sorta di rinnovamento per un artista che dal passato ha davvero tanto da prendere, dai Vallanzaska e non solo… detto questo ci aspettiamo davvero un ascolto altamente ispirato.
Questo disco ha diverse geografie e direzioni ma forse due principali che potrei riassumere nell’America degli anni ’30 e nel gusto latino, argentino, un poco dannato alla Carotone… che mi dici? Onestamente non ho così chiaro da dove io attinga nella mia scrittura. So che la musica degli anni trenta e il tango, la bossanova, il calipso le ritmiche latine in genere me le sento addosso come tante altre musiche di luoghi e tempi diversi.
Il vero significato, tutto tuo potremmo dire, di Coolage…? Coolage significa non poter prescindere dai rapporti, sia di collaborazione che di amicizia, di condivisione. È il tentativo di rendere sempre attuali i “bei tempi” per non doverli archiviare tra le esperienze del passato. Il fatto di non viaggiare in modo lineare, mi slega dal prima e dal dopo, dal davanti e dal dietro. Libera dal tempo. Coolage per me è essere libero insieme.
Che poi in tutto questo mi viene da cercare un filo conduttore con l’immagine di copertina… come possiamo legarla al suono? In realtà ho fatto quel disegno ben prima di pensare al disco ma mi sono reso conto che mi rappresenta bene. So benissimo che nel mio disco ci sono pezzi molto diversi tra loro per genere, per suono, per scrittura. È un collage di elementi che però cerco di tenere insieme nel tentativo e nella speranza di scoprire un disegno più ampio che abbia senso guardato da lontano (nello spazio e nel tempo). I cubi per me rappresentano tutte le persone, le situazioni, i momenti che mi rendono ciò che sono. Per questo il disco si chiama COOLAGE e non collage. In un collage i ritagli sono cose date, che arrivano da un altro spazio, da un altro tempo. Per me invece ogni elemento è sempre vivo, in movimento, in continua trasformazione. Ci sono sempre pezzi che possono aggiungersi o staccarsi. Volare via. E poi io vengo dalla musica in levare, dal two-tone degli scacchi bianchi e neri dell’iconografia ska che nella mi copertina hanno preso il volo avventurandosi in un’altra dimensione.
Inglese o italiano? Perché questo ping pong? Non basta una lingua soltanto? Per me la musicalità viene prima; le parole sono suoni. Devono suonare bene. Spesso questo mi rende molto difficile la scrittura dei testi soprattutto se sono da solo. Per fortuna su vari pezzi del disco ho collaborato con un caro amico, Manfredi Perrone, che invece sa scrivere. Va da se anche il resto della risposta. L’inglese per certe cose suona meglio e, anzi, il fatto che il senso sia meno evidente mi rende la vita più facile. Resta il fatto che Manfredi ha scritto 2 dei testi in inglese. Lui ha vissuto negli Stati Uniti, parla un ottimo inglese. Peccato che alla fine canti io…
E l’ironia che tanti ricercavano anche viste le tue militanze passate… in questo disco che spazio ha trovato secondo te? Devo confessarti che proprio il fatto di stendere su qualunque cosa il velo dell’ironia è stato il motivo per cui ho voluto chiudere la mia fantastica esperienza con i Vallanzaska. Sentivo che era un modo per dire una cosa ma allo stesso tempo prenderne le distanze. Sentivo il bisogno di avere il coraggio di scrivere una canzone d’amore senza paura. Di scrivere una canzone triste per davvero. O uno decide di puntare veramente su quello (vedi Elio e le storie tese), oppure, a meno che tu non sia veramente un poeta, l’ironia rischia di depotenziare tutti i sentimenti: l’amore, l’odio, la rabbia, la tristezza. All’epoca sognavo una band come i Mano Negra. Un gruppo “militante” capace di prendere posizione con chiarezza sulle cose. Così sono nati i Solidamòr, ma lì sono successe altre cose... Poi penso che in età adulta per usare l’ironia si debbano avere prima le idee chiare. Bisogna aver capito bene quello di cui si parla. Io proprio non sono così sicuro di aver capito nulla. E sto cercando di diventare grande. E poi diciamolo, quando avevo vent’anni non mi facevo tutti questi problemi ovviamente e a cuor leggero scrivevo versi tipo “cazzo c’è Orazio pirata dello spazio” o “Vorrei vedere le piramidi di Cheope ma sono miope”. Altri tempi.
Si torna a suonare dal vivo? Che meraviglia. Sia sopra che sotto il palco. Certo il live adesso non è più come quando suonavo con i Vallanzaska o con i Solidamòr. Ormai, almeno per la maggior parte dei musicisti, si deve suonare in posti piccoli, pagati pochissimo, e quindi in formazioni ridotte. Certo meglio di niente. Ma ci sono cose che richiederebbero organici differenti, palchi differenti. Si fa di necessità virtù e suonare è sempre una botta di vita. Ben vengano i bar e le enoteche!
Articolo del
15/06/2022 -
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