Eva Benfenati e Giacomo Giunchedi (aka Sacrobosco), due producer all’opera facendo dell’incontro una scelta di suoni e di forme che significano davvero tanto altro a contorno di questo suono che richiama la vita, richiama la pulsazione, che attraverso tutto questo parla di vita in qualche modo, di unicità e rivoluzione. “Riot as a Game” è il primo disco del progetto sea:side che vede anche la splendida Matilde Davoli nella fase di Mastering. E noi ovviamente indaghiamo… affascinati come sempre dal potere onirico della “non-narrazione”… perché è questo che accade dietro ai suoni nudi, crudi, digitali e non: una “non-narrazione” ha il potere di trascinarci altrove.
Partiamo dal titolo imperioso. La rivolta come un gioco, par significare… cos’è per voi la rivolta e cosa un gioco? Il titolo del disco vuole essere un invito a trasformare la realtà che abbiamo attorno attraverso la produzione di idee e la creazione di qualcosa di unico che possa infrangere il muro di mercificazione che circonda la nostra quotidianità. Rivolta vuol dire creare una differenza, il gioco è alla base di ogni atto creativo.
E poi è inevitabile non chiedersi del moniker: sembra un punto preciso dove approdare o un luogo forse da cui è possibile prendere il largo… Si esattamente. Un confine, il limite tra due elementi ma anche un punto da dove poter scrutare l’orizzonte, un luogo dove poter stendersi. È una parola effettivamente carica di fascino oltre che dotata di una bellissima sonorità quando viene pronunciata.
Parliamo del suono ostinato di cassa, di ritmo, cadenzato, cantilenante… l’uomo in qualche modo entra nella narrazione delle macchine? Siamo anche oltre. La narrazione è in uno spazio e un tempo al di là della nostra capacità di controllare quello che le macchine generano. Non abbiamo controllo delle forme di comunicazione che ci vengono proposte e di cui noi siamo il motore. Il sistema dove ci troviamo ci spinge ad accettare una determinata visione della vita, di cosa sia giusto, cool, conveniente o appropriato. C’è un’intelligenza che spinge per subentrare alla nostra e dalla quale dobbiamo difenderci con altrettanta intelligenza.
Cosa può fare l’elettronica che l’uomo non riesce? Esiste un limite invalicabile per il secondo? Esiste anche per il primo? Finora non abbiamo riscontrato alcun limite nella musica elettronica, anzi, ci sembra il panorama musicale più libero sia a livello di possibilità di performance che a livello compositivo. Del suo potenziale in termini culturali e sociali ne hanno scritto in maniera molto interessante diversi autori, come Mattioli o Fisher. L’elettronica permette di immaginare un futuro laddove il resto della musica sembra ristagnare nella replica di stilemi passati, che diventano standard da consumo di massa. L’essere umano invece ha moltissimi limiti ed è proprio per questo che servono strumenti che suscitino l’immaginazione di panorami nuovi, soluzioni e alternative, nell’ottica di ridimensionare il nostro ruolo rispetto alla natura, ad esempio, e alla sua potenza indomabile.
Matilde Davoli al master. Questo passaggio mi incuriosisce e l’avrei vista molto anche nella direzione artistica conoscendo l’artista… come si è incastrato questo passaggio? Conosciamo Matilde per via di precedenti collaborazioni musicali. È un’artista unica nel panorama italiano oltre che una persona di grande sensibilità. Non abbiamo avuto il minimo dubbio su di lei. Il suo tocco finale ha dato la giusta dinamica ai brani, nel rispetto di una sonorità che riteniamo possente ma anche liquida e che per questo motivo necessitava di un trattamento particolarmente delicato. Siamo molto soddisfatti del suo lavoro.
Articolo del
22/07/2022 -
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