Perché ci sono suoni e modi di fare che poco hanno a che fare con il solito pop italiano d’autore e non, per la radio estiva e non… insomma questo esordio che arriva dopo anni di gavetta e formazione, porta con se anche il peso di una maturità di ascolti e di un carattere formato e ben equilibrato. Daniela D’angelo pubblica “Petricore”, con la bellissima produzione di Vito Gatto che tra elettronica e soluzioni a corredo porta la canzone della D’Angelo oltre i confini delle abitudini e della consuetudine. Forse proprio qui inizia una solitudine anche foriera di una qualità intima e personale che troppo spesso manca nelle tantissime repliche dei nuovi cantautori di oggi. Davvero un disco molto molto interessante e come sempre, prontamente ignorato dai grandi contenitori che, a detta loro, valorizzerebbero la nuova canzone d’autore. Forse esiste un concetto di nuovo che a noi non è dato capire…
Un disco decisamente interessante. Prima impressione è l’oriente: non so se è la tua voce o la melodia che scrive… ma sembra di sentire questo retrogusto di oriente, Giappone, Cina… non credi? Prima di tutto, grazie! Oriente o medioriente… Forse sì, c’è un po’ di oriente nell’uso di certe note in ‘Questo cuore’ e nelle melodie di controcanto de ‘Il modo giusto’ (forse in maniera inconsapevole?). Quando stavamo registrando le voci, Guido (Andreani, che ha curato anche il mix), era solito dirmi che me ne stavo a galleggiare sui mezzi toni e che ‘arabeggiavo’ sulle canzoni. Ci sarà una connessione?
Tu distesa tra rovi, spine, foglie. Morte o nascita? Quando ho cominciato a pensare all’art work dell’album, ho chiesto a Clara Daniele (artista visuale del cuneese) di curare la parte fotografica. Al tempo in cui facemmo le foto ero in pieno sconvolgimento esistenziale, stavo vivendo sicuramente la fine di un ciclo e l’inizio di un altro. Clara aveva in casa dei rami di Ziziphus Spina Christi (come tutti, del resto, no? :)...) e abbiamo deciso di usarli per le foto. Ricordo che lei mi disse di abbracciare le spine, come per curarle e accoglierle, e io le abbracciai, perché rappresentavano un po’ la sofferenza di quel periodo e – accogliendola – potevo trasformarla in qualcosa di bello, che preparasse il terreno per un cambiamento, una rinascita. Metaforicamente è stato così, anche se al tempo era difficile accorgersene. Quando, pressappoco sulle stesse tematiche, insieme a Davide Turazza (videomaker che ha fatto riprese e montaggio) e Piera Tedde abbiamo affrontato la scrittura del video de ‘Il modo giusto’, volevamo rendere l’idea della difficoltà nel cambiare e liberarsi dai legami. Abbiamo deciso di fare il grosso delle riprese in un parco, tra gli alberi, in una natura mezza addormentata d’inverno. Abbiamo usato anche i colori nero, rosso e bianco, perché volevamo richiamare l’opera alchemica, che prevede (simbolicamente e molto in sintesi) la morte e la rinascita a una nuova vita, a una nuova consapevolezza dell’individuo. Sono andata un po’ lunga…
E perché la distopia dell’elettronica? Lo richiede il tempo per necessità di dialogo, per una moda o perché da dentro che si cambiano le cose? Oppure non si cambiano, vanno bene così… Non trovo distopica l’elettronica in sé, quanto l’effetto che forse aggiunge alle canzoni, facendo arrivare l’ascoltatore a una atmosfera di distopia. Consideriamo sempre che il disco è stato in parte scritto e realizzato in una situazione mia personale di “fine del mondo” e a cavallo di una pandemia. Forse “Petricore” è stato contaminato anche da questo. MI piaceva l’idea di entrare in contatto con la musica elettronica, un linguaggio sicuramente che non mi apparteneva (e chissà se mi apparterrà in futuro…), attraverso Vito Gatto, con cui avevo già lavorato e che aveva seguito la direzione artistica dell’ultimo disco di Distinto (C’est la vie), e di cui conoscevo già la bravura, il gusto e soprattutto la sensibilità, che si è fusa con quella di tutti coloro che hanno partecipato al disco: Mamo alla batteria, Ivano Rossetti al basso e Guido alle registrazioni e mix. Questo disco è l’unione degli elementi che ci hanno lavorato, è stato un esperimento, non abbiamo seguito una strada prefissata. Per me il centro non era ‘aggiungere musica elettronica alle canzoni’, ma il lavoro insieme a Vito, nello specifico, e con tutti gli altri della squadra che ho scelto. E di tutte le opzioni che hai elencato sopra, scelgo la terza: le cose vanno bene così. La prossima volta mi lascerò scorrere ancora.
Con il pop che rapporto hai? Molti storcono il naso… eppure penso che “Petricore” sia un grande disco di nuovo pop… In passato avevo un rapporto più conflittuale con il pop, perché io volevo fare… rock! Volevo essere dura, sporca e cattiva! ‘Pop’ mi sembrava troppo generico, troppo leggero, troppo pop! … Con il tempo, però, ho imparato che pop è OK :) e che in realtà molti artisti che hanno fatto o fanno un genere definito ‘pop’ mi piacciono e mi ispirano e sono musicisti geniali. Inoltre, io, sempre un po’ allergica alle definizioni e tentennante quando mi chiedevano “che genere fai?”, ora ho una risposta da dare e non devo inventare definizioni fantascientifiche. Sì! Faccio pop, ed è OK!
E restando sul tema, il pop d’autore italiano oggi che derive sta prendendo secondo te? Percepisco purtroppo, in alcuni casi, una tendenza un po’ ad appiattire la scrittura e di conseguenza anche la produzione, per seguire un sound ‘familiare’ alle tendenze del momento. Lo si è sempre fatto nella musica, nulla di nuovo, ma il risultato, purtroppo, è che le canzoni suonino un po’ tutte uguali. Ho sentito artisti che hanno cambiato anche il proprio stile, cercando di avvicinarsi a quello che si ascolta più in radio al momento. Ammetto che è un discorso generico, noioso e da vecchio disco rotto, però appunto, “pop” è qualcosa di talmente variegato che non può e non deve mirare all’uniformità, bisognerebbe forse andare oltre anche alla sua stessa etimologia e definizione.
Il Club Tenco… ormai ci stupisce continuamente… e non in meglio… e questo disco secondo te perché non ha ricevuto attenzioni? Ed è la storia di tutti penso... Non so quali siano le dinamiche, magari sono un’artista troppo “giovane” per ricevere attenzioni, magari devo ancora camminare un altro po’, magari leggeranno questa intervista e…
Articolo del
05/08/2022 -
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