Essere punk oggi in un tempo di totale resa all’estetica sembra quasi una involuzione o un atto di manierismo. Eppure ci sono dischi che non la mandano a dire e lo fanno anche con suoni acidi anche se, come in questo caso, anche un poco accomodanti dentro le linee portanti di una forma pop comunque rintracciabile. C’è tanto dentro il nuovo disco di Johnny DalBasso, anche solo partendo dal titolo “Lo Stato Canaglia”, anche solo mirando per tempo e tempo questa immagine di copertina o perdendosi dentro le allusioni e le allegorie di un video come “Andalusia”. Un certo modo di fare poesia stoner dentro anime punk… la canzone d’autore è anche questo, lontano dai cliché alla moda delle nuove generazioni. E non veniteci a dirci che siamo boomer…
Stato. Omologazione. Condivisione di massa, massa sui social, social che diventano più reali della realtà. Un tema imperante per questa prima parte di disco. Sembra banale chiedertelo ma penso che dopo aver ascoltato questo disco niente sia banale e che dietro ogni cosa ci siano anche ragioni altre… perché questi temi e perché in questo tempo? Credo sia in atto una gentrificazione culturale già da molti anni e purtroppo la pandemia del 2020 ha forse velocizzato questo processo, questo desiderio da parte delle istituzioni di ripulire e rendere innocua la cultura e anche la protesta, che sembra ormai un orpello tra una storia divertente su instagram ed un’altra in cui si sponsorizza la propria attività. Ho notato una crescita esponenziale della violenza verbale sui social, del desiderio del singolo di far elevare il proprio io al di sopra degli altri, in poche parole avverto molto la perdita di una coscienza sociale, sostituita da una coscienza social.
Egocentrismo e narcisismo. I social mettono al centro l’io. Ecco un altro tema portante di questo disco. Domanda spigolosa: la colpa è degli artisti che usano e abusano dei mezzi per mettersi in mostra o dei mezzi stessi che danno agli artisti soltanto queste possibilità? Penso che gli artisti non abbiano colpe a riguardo, ma siano costretti ad usare i social come unica fonte di contatto con il pubblico e per far crescere la loro fanbase. Oggi o partecipi ai talent oppure non esisti, e anche artisti del fu underground si sono trovati costretti ad apparire come ospiti in questi programmi, per non sparire. Non sono contro la musica in tv, sia chiaro, ma non mi piacciono le dinamiche dei “concorsi musicali”, a tutti i livelli. Ciò che mi dispiace è la perdita di mistero nell’arte, nella musica, e il fatto che un artista debba diventare quasi un “amico” del suo pubblico, questa cosa la trovo avvilente e fuorviante.
Oggi il disco è completo. Col senno di poi, con la visione completa, a sensazione tua: che tipo di società ne è venuta fuori dal tuo “racconto”? Realtà o mistificazione? Ora che Lo Stato Canaglia è qui, nel vero senso della parola, dal disco si evince un certo legame con la realtà presente che stiamo vivendo ma ci fa capire che l’umanità ha poca memoria e cade sempre negli stessi errori, come un’onda che si muove tra pace e guerra, progresso e devoluzione, libertà e oppressione. Ne esce fuori ciò che siamo un cumulo di contraddizioni viventi che però non devono mai perdere il senso della vita, qualunque esso sia, e devono cercare la strada migliore per non far finire questo Mondo come è raffigurato dal segnale in copertina.
Che poi la copertina, bella, anarchica, da vinile… a proposito, in vinile? Questo disco aveva bisogno di un simbolo e l’ho trovato in questo segnale che si trova spesso sul retro dei tir e sta per “Pericolo di disastro ambientale”. Mi piace la sua immediatezza e il senso di pericolosità che da subito comunica. Il vinile ci sarà, ovvio, e sarà di colore bianco e in serie limitatissima anche se, in questo periodo, è davvero difficile stampare vinili dato che le maggiori produzioni provengono dall’est Europa che ora ha purtroppo altro a cui pensare.
E restando sul tema, di tutto questo tempo moderno che critichi (e come biasimarti d’altronde) perché la scelta di una forma sonora liquida, digitale, omologata come tutti? In realtà sto cercando di creare quanti più formati possibili per questo disco, dal classico cd, al vinile, magari alla musicassetta, anche per sminuire l’importanza di Spotify e delle altre piattaforme di audio streaming. Il messaggio che vorrei far passare è che va bene tutto, ma la presenza di un disco fisico e il suo ascolto non si batte.
Articolo del
13/10/2022 -
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