Donato Ciao, artista campano che ormai conosciamo con il moniker Disagio, sforna un singolo che vira nello stoner e nel garage più totale, quasi grunge se vogliamo. Anima che contesta se stesso prima di tutto, e quel certo modo che abbiamo tutti di non riuscire ad abbandonarci dentro questa vita quando le occasioni corrono assieme al nostro vigliacco (quanto ingenuo) modo di evitarle, magari per non rischiar di perdere la partita. O comunque è questo che mi piace leggere dentro il nuovo singolo dal titolo “A caval donato”, anche ricco di un bel video disturbate e distopico per la regia di Omar Zulle e Francesco Nunziante. Confini che mancano o che si fanno viscosi, acidi, nebulosi. E tutto questo somiglia terribilmente alla vita che facciamo ogni giorno.
Il punk ma anche il grunge nel sangue di questo nuovo brano. Sbaglio? C’è il punk, c’è il grunge, ci sono io spogliato di ogni velo. C’è un percorso con tanti sbagli. Certamente guardando avanti ma a volte anche indietro, tornando dove si era partiti. C’è l’urgenza di andare al sodo, senza troppi fronzoli. C’è la consapevolezza che ogni errore commesso nella vita è un punto di svolta che apre a scenari inaspettati. C’è il sangue dei sacrifici e il sudore della fatica. In questo brano c’è il mio mondo, disordinato, veloce, pieno di contraddizioni. Nudo, libero da preconcetti e imposizioni sociali. C’è il fascino e l’adrenalina delle strade sbagliate, lunghe e frastagliate, contrapposto alla calma piatta dei percorsi pianificati, sicuri e lineari. C’è il sapore agrodolce dell’incertezza che caratterizza il nostro tempo, che è spiazzante e affascinante allo stesso tempo.
Un inno laico alla vita, alle sue opportunità… un bisogno forse di dire prima a te stesso quanti modi di vivere dovrebbero cambiare? Il cambiamento come concetto è molto complesso. Richiede forza, lavoro e di conseguenza tempo. È la capacità di spostare i propri limiti e per questo può spaventare. Viviamo un'epoca di continui cambiamenti repentini, il mondo intorno a noi cambia velocemente e di conseguenza, in quanto animali sociali, tutto questo ha un impatto molto forte sulla nostra quotidianità. Ogni grande cambiamento, però, può essere affrontato un passo alla volta, con tanti piccoli traguardi, quasi impercettibili, ma che sulla lunga gittata fanno la differenza. Per mia filosofia mi piace accogliere il cambiamento con entusiasmo, ripetendomi che è questo l’unico modo per sopravvivere alla vita che è un cantiere in continua costruzione. Noi siamo solo gli artigiani che plasmano il presente e costruiscono le basi per il futuro. L’unica dimensione su cui siamo impotenti è il passato e questo ci costringe ad accettarlo così come è stato scritto, cogliendo l’opportunità di mettere a frutto gli errori commessi. Tutto questo, a mio parere, è semplicemente straordinario.
E in prima istanza invece il brano nasce per…? A chi lo dedichi? “A caval donato” ha una forte connotazione retrospettiva e lo dedico a chi insegue i propri sogni e le proprie aspirazioni, nonostante tutto. È un brano scritto di getto che inconsapevolmente mi ha permesso di fare chiarezza nella complessa dualità tra Disagio e Donato. Perché si, Disagio a volte prende il sopravvento su Donato ed è in quei momenti che succedono cose inaspettate. Mentre Donato osserva, Disagio elabora e dice ciò che Donato vorrebbe dire. Disagio è il rappresentante sindacale di una generazione che vive in bilico tra ciò che “era una volta” e ciò che potrebbe essere un giorno. È un tizio che non le manda certo a dire, che con lucida sagacia racconta fatti e convenzioni della società contemporanea.
E quanto nasce per l’urgenza che la pandemia e le tante precarietà moderne ci hanno regalato con una violenza quasi da film? La pandemia ci ha permesso di frenare e fissare le priorità nelle nostre vite. Il genere umano ha vissuto con angoscia e impotenza una situazione che nessuno avrebbe mai immaginato. Allo stesso modo però questo periodo per molti è stato un catalizzatore di progetti lasciati in stand-by o in attesa di essere concretizzati. La creatività è stata la medicina per le anime perdute, un potente strumento di evasione dalla realtà, la vera cura per i dolori della vita. Tutti viviamo in equilibrio precario su dei fili molto sottili, come il velo del videoclip. La modernità è come una caramella dagli effetti inebrianti e dal sapore appagante. Ma è sempre la dose a fare la differenza. Vivere la modernità a pieno è possibile solo mentendo le radici ben ancorate nel passato.
Tutto questo sarà l’ossatura del nuovo disco? Nel nuovo disco c’è la complessità mascherata da leggerezza. La pubblicazione è prevista nella prossima primavera e questo per me ha un forte significato simbolico, di rinascita, di avvio di un nuovo ciclo. Le mie canzoni parlano di vita vissuta, di drammi personali, di famiglia, di sogni e sconfitte. C’è una narrativa che sottende una personale critica alle dinamiche contemporanee. L’idea alla base del progetto è molto semplice: il “disagio” è una di quelle sensazioni che tutti abbiamo provato almeno una volta nella vita e che probabilmente non si è mai pronti ad affrontare. L’unica cosa che si può fare è reggere il colpo. Il disagio, però, ha un grande potere generativo: è la miccia che si consuma fino a poco prima dell’esplosione. Può diventare rabbia, disordine e frustrazione oppure forza, tenacia e motivazione.
Articolo del
01/12/2022 -
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