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Alosi
Un disco cult in tutto e per tutto
di
Domenico Capitani
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Libero, poliedrico e di mille colori questo nuovo disco di Alessandro Alosi che in arte si firma solo col suo cognome. Alosi, riferimento conosciuto nella scena indie italiana, scena che ovviamente rimandiamo a quei famosi Pan Del Diavolo e che qui rimescola quelle carte desertiche, arrugginite, ferrose con del sano pop di matrice indie… ma di quello mai scontato e anzi pregno di ricerca e personalità. È un gran bel disco questo “Cult” dentro cui svetta quel modo reggae assieme a Stevie Culture oppure anche un maledetto blues elettrico con Adriano Viterbini… senza privarsi neanche del cantautorato più classico con Massaroni Pianoforti. Collaborazioni preziose per un ascolto che va sottolineato…
La parola “Cult” ci piace sempre. Per te cos’è davvero “cult”? Cult è un brivido, il tempo di una scommessa che non sai ancora come finirà ma la sfida in sé è già tutto. Come in un film pulp “Cult” racconta episodi diversi, tutti singolarmente sono autosufficienti e indipendenti ma insieme raccontano una grande storia.in questo caso la mia vita e le mie emozioni con le canzoni.
Il suono di questo nuovo disco di Alosi, insegue una sua dimensione di Cult o cerca di ripescare dal passato? Certo prende anche dal passato. Ho cercato di tirare fuori molte dimensioni che fanno parte di me. Stilisticamente certe atmosfere sonore che sono in grado di tessere fanno parte del mio bagaglio musicale e mi aiutano a comunicare con le mie canzoni.Radunavo le forze sonore per qualcosa di autentico ed eterogeneo.
Alosi e i Beatles: dichiari che non hai mai lavorato così sfacciatamente ad un brano di impronta beatlesiana come in “Punto di non ritorno”. Dunque cos’è accaduto questa volta? Le persone fanno la differenza.E’ accaduto che in questi anni sono stato vicino a musicisti che non hanno genere, passano dai Beatles a Marley e rendono il tutto naturale ed emotivo .Musicisti che orbitavano intorno allo studio di registrazione dove lavoro.Musicisti il più delle volte sconosciuti ma che quando suonano riesco ad emozionare più di tanti altri. Ho assorbito molto.La contaminazione musicale è una freccia per il mio arco.
E non pensi che certe cose, come i Beatles, in fondo sia davvero in ogni genere? Qualcuno li rivede anche dentro il rock di Hendrix o il Reggae di Marley... tu che dici? Certo c’è un seme di Beatles in tutto il pop rock e affini.C’è anche credo una foto anche di George Harrison con Marley. Penso che l’eredità dei Beatles sia pressoché senza spazio e senza tempo. Imprescindibili per la musica, Torna anche quel suono arido che un poco ci rimanda ai Pan Del Diavolo. O forse è solo una mia suggestione... da quel tempo che cosa ancora ti porti dietro?
E possiamo chiederti se quel tempo tornerà domani? Mi porto dentro tutte le canzoni, quel sound è dentro di me. Devo dire anche merito dell’incontro con Steve Culture e una nuova passione per la musica latina mi sono riavvicinato a certi suoni ma da punti di vista diversi. Non so se tornerà quel tempo, niente torna alla stessa maniera di una volta ma si evolve .
Articolo del
16/02/2023 -
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